La Cina punta sul Messico per poter entrare sul mercato delle auto elettriche USA

Dario Marchetti Autore
La Cina cerca di aggirare i problemi di entrata sul mercato delle auto elettriche USA facendo leva sul Messico
Auto elettriche cinesi alla conquista del Messico

Di fronte ad una politica dei dazi sempre più aggressiva da parte di Stati Uniti e Canada, i produttori cinesi di auto elettriche sono ora costretti a mettere in campo nuove strategie per riuscire a vendere i propri prodotti. In particolare, BYD e consorelle stanno cercando alternative valide per riuscire a vendere le loro auto ad alta tecnologia.

In questa ottica, molti sguardi interessati sono caduti sul Messico. Aprendo un fronte talmente caldo da spingere i funzionari di Washington a temere che il vicino meridionale possa assumere una funzione considerata pericolosa, quella di vera e propria porta sul retro per poter comunque riversare i propri veicoli sul mercato USA.

Cina e Messico, un rapporto che si va rinsaldando sul fronte delle auto elettriche

L’anno scorso, la Cina ha rappresentato il principale fornitore di automobili del Messico. Le sue esportazioni totali di veicoli nel Paese hanno raggiunto i 4,6 miliardi di dollari. A ricordare il dato è stato il Ministero dell’Economia messicano. Anche molti clienti solitamente diffidenti nei confronti dei veicoli elettrici hanno abbassato le proprie difese in tal senso di fronte ai prezzi estremamente accessibili delle case del Dragone. 

Auto elettriche cinesi alla conquista del Messico

Basta in effetti fare un raffronto con Tesla, la maggiore concorrente di BYD, che vende la sua Dolphin Mini in Messico a circa 398.800 pesos, ovvero circa 21.300 dollari. Si tratta di poco più della metà del prezzo della Tesla più economica

A sottolineare l’aggressività evidenziata dalle politiche commerciali dei marchi di Pechino e dintorni è stato Juan Carlos Baker, ex viceministro messicano per il commercio internazionale: “Le case automobilistiche cinesi sono arrivate nel paese in modo molto aggressivo. Hanno delle promozioni molto buone. È un buon prodotto che si vende a un prezzo molto ragionevole”. 

Non solo i prezzi convenienti

Le aziende cinesi, però, non si limitano a politiche commerciali estremamente concorrenziali. Ad esse, infatti, vanno ad aggiungere quelle tese a stringere legami sempre più forti sul piano istituzionale. Alcuni produttori cinesi di EV, tra cui BYD, in particolare, hanno cercato di radicarsi ulteriormente nel Nord America esplorando siti ove poter impiantare fabbriche.

Il loro sguardo, in particolare, si è appuntato sugli Stati di Durango, Jalisco e Nuevo Leon. L’investimento che possono portare, rappresenterebbe una spinta economica non trascurabile, per il Messico. BYD, ad esempio, ha affermato che uno stabilimento in loco potrebbe comportare la creazione di circa 10mila posti di lavoro.  

Posti di lavoro che, per inciso, possono essere spesi con grande profitto sul piano politico dai partiti al governo. Un dato su cui avranno riflettuto gli stessi produttori cinesi, per aumentare le probabilità di essere accettati dal fronte istituzionale messicano.

I timori statunitensi: il Messico potrebbe rappresentare una porta d’entrata secondaria per le auto elettriche cinesi

Una politica, quindi, molto accorta, quella condotta dalle aziende automobilistiche cinesi. Come tale riconosciuta anche dai funzionari statunitensi, i quali temono che questa possa far parte di una strategia più ampia. Il cui fine ultimo è abbastanza chiaro: aggirare le restrizioni commerciali ed entrare nel mercato americano.  

A sottolineare questo aspetto è stato Scott Paul, presidente della Alliance for American Manifacturing. È stato proprio lui a dichiarare: “Il Messico è una piattaforma di produzione attraente, non solo per le aziende cinesi, ma anche per altre aziende, in parte per via del libero accesso commerciale che ha al mercato americano. E può fare qualcosa che in termini commerciali è chiamata elusione”. 

Wuling Binguo

Il riferimento è all’accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada (USMCA), una versione rivista dell’accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA) che ha rimosso le tariffe su molti beni scambiati tra i paesi nordamericani a partire dal 2018. In base a tale accordo, nel caso in cui un’azienda automobilistica straniera produce in Canada o in Messico e può dimostrare che i materiali da costruzione sono di provenienza locale, può esportare i beni possono essere esportati negli Stati Uniti praticamente esenti da dazi.  

Lo stesso Paul ha poi affermato: “Abbiamo visto la Cina fare lo stesso anche in altri tipi di produzione, dagli elettrodomestici ai pezzi di ricambio per auto all’acciaio. Per più di un decennio, Cina e Stati Uniti hanno giocato a un gioco ad alto rischio di whack-a-mole quando si tratta di tariffe di politica commerciale”.

I timori sempre crescenti delle case automobilistiche statunitensi

Soddisfare i requisiti dell’USMCA è abbastanza complicato. Nonostante ciò, lo scenario prospettato dall’accordo sta sollevando grandi timori. Non solo in ambito istituzionale, ma anche all’interno delle case automobilistiche statunitensi.

È stato Michael Dunne, CEO di Dunne Insights, a porre l’accento su questo particolare aspetto: “Se i produttori cinesi di veicoli elettrici riuscissero a stabilirsi in Messico, rappresenterebbero sicuramente una minaccia imminente per le case automobilistiche americane, se non altro perché i loro costi sarebbero più bassi”.  

Per cercare di fronteggiare la minaccia, nel passato mese di maggio Joe Biden ha pensato bene di annunciare un dazio pari al 100% sui veicoli elettrici cinesi. Il problema è che una mossa di questo genere apre il varco ad una guerra sui dazi, in cui gli esiti sono spesso incerti.

L’industria automobilistica statunitense, però, sembra contenta di questa mossa. Lo ha chiarito in maniera plastica Paul, affermando: “Noi stiamo appena iniziando a espandere la nostra industria dei veicoli elettrici, quindi è quella che chiamo una industria infantile. E come ogni neonato, si trova in un momento molto delicato in termini di sviluppo e deve essere massicciamente protetta”. Parole che, nel Paese del libero mercato potrebbero sembrare un’eresia.

La difficile posizione del Messico

Conseguente a questa visione, il governo degli Stati Uniti non esita a far pressioni su quello messicano. Ne consegue un problema di non poco conto: il Messico deve infatti cercare di conservare una relazione considerata cruciale, quella con il potente vicino settentrionale. Al tempo stesso non vuole perdere la possibilità di ingenti investimenti da parte della Cina.

BYD_dolphin

Basta del resto vedere i piani di BYD, per capire meglio le difficoltà del governo messicano. L’azienda, infatti, diventata il primo produttore globale di auto elettriche (ibride plug-in comprese), evidenziando una crescita esponenziale, ha deciso di pigiare sempre più forte sul pedale dell’export. Gettate le basi per poter guadagnare quote di mercato lungo il continente europeo, dichiarando il proposito di primeggiare entro il 2030, ha quindi rivolto lo sguardo al grande stagno rappresentato dal mercato nordamericano.

Una strategia che ha però due ostacoli da superare. Non solo i dazi, ma anche l’Inflation Reduction Act (IRA), la legge votata dal Congresso Usa nell’agosto 2022. Un provvedimento che ha destinato centinaia di miliardi di dollari alla transizione ecologica.

Per poter avere diritto agli incentivi offerti in loco, sino a 7.500 dollari per esemplare, è necessario assicurare la provenienza nordamericana di una fetta sostanziale dei componenti. Iniziando dai minerali necessari per la produzione delle batterie.

Ecco perché Build Your Dreams, che vede tra i suoi azionisti anche l’Oracolo di Omaha, Warren Buffet, sta pianificando la creazione di un nuovo sito produttivo in Messico. La notizia lanciata mesi fa dal quotidiano economico giapponese Nikkei Shinbun, ha trovato conferma proprio nei giorni passati. Una politica tale da richiamare da vicino quella attuata in Ungheria, e da porre le basi per la creazione di un polo di esportazione diretto verso gli Stati Uniti.

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