Dopo un vertice dei leader Ue, il cancelliere tedesco Olaf Scholz si schiera con Italia e Repubblica Ceca: chiedono all’Unione europea di sospendere le sanzioni finanziarie per le Case automobilistiche che non rispettano gli obiettivi sulle emissioni Ue a partire dal 2025. Le multe sarebbero un ostacolo agli investimenti nei veicoli elettrici, riferisce Reuters. I consumatori non dovrebbero essere costretti ad acquistarli. Anche la Francia si è unita all’appello anti ammende, proponendo di mantenere gli obiettivi di CO2 e di trovare una soluzione per evitare le sanzioni l’anno prossimo. Il ministro francese per il clima, Agnès Pannier-Runacher, in un incontro dei ministri dell’UE, ha affermato: “La realtà che stiamo affrontando ora non è quella per cui ci eravamo preparati all’inizio”. Gli obiettivi per il 2025 impongono un limite di CO2 che i produttori di automobili devono raggiungere in media nelle loro flotte vendute entro l’anno. Un calo delle vendite di veicoli elettrici potrebbe comportare emissioni medie più elevate per la flotta, con conseguente mancato raggiungimento degli obiettivi di CO2.
Svezia: sì alle multe
Mentre Austria, Bulgaria, Romania e Slovacchia hanno chiesto a Bruxelles di riconsiderare le sue politiche di riduzione della CO2 per le auto, solo alcuni paesi, come la Svezia, che ospita Volvo, supportano l’applicazione delle multe.
Dialogo strutturato
Scholz ha aggiunto: “Penso che sia giusto non imporre multe e cercare di capire come farlo. Non è semplice, ma ho avuto discussioni così approfondite e penso che si troverà un modo”.
Sostiene l’iniziativa del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di avviare un dialogo strutturato con il settore automobilistico, i cui risultati saranno discussi al vertice Ue di marzo 2025. I leader di Italia e Repubblica Ceca hanno pianificato di appellarsi a von der Leyen per eliminare le multe per il mancato raggiungimento degli obiettivi di CO2. L’industria automobilistica potrebbe dover affrontare sanzioni pari a 15 miliardi di euro per il mancato raggiungimento degli obiettivi, con Volkswagen potenzialmente la più colpita. Preoccupazione per possibili chiusure di stabilimenti e perdite di posti di lavoro dovute a varie sfide, tra cui bassa domanda, concorrenza dalla Cina e vendite di veicoli elettrici lente.
Dialogo strategico
Il 27 novembre, in un discorso al Parlamento europeo, Ursula von der Leyen ha formalmente annunciato un dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica. Quindi, abbiamo il dialogo strutturato della Germania e il dialogo strategico dell’Ue. Ma che differenza c’è con un dialogo normale, senza aggettivi? Mistero. Un dialogo è fatto per trovare un accordo: è strategico e strutturato per natura. O ci si parla per trovare una soluzione, o non ci si parla. Comunque, questo dialogo inizierà il 1° gennaio 2025. Da segnalare il linguaggio da tecnocrazia e la lentezza esasperante di ogni micro mossa politica. Per esempio, gli Usa hanno piazzato i dazi auto elettriche cinesi in un quarto d’ora, noi in mesi, e ancora c’è trattativa con la Cina.
Riunione gigantesca
Bruxelles riunirà tutte le realtà legate all’industria dell’auto: costruttori, fornitori, sindacati, associazioni imprenditoriali. Dopo il dialogo, ci saranno incontri tematici, presieduti dai membri della Commissione responsabili della materia oggetto dell’incontro. Seguirà una strategia comunitaria olistica. Cosa vuol dire? Il termine “olistico” deriva dalla parola greca “olos”: totalità e interezza. Insomma, si valuteranno tutte le soluzioni. Anche per adattare, se necessario, le normative vigenti. Coi summit, si verificheranno i progressi compiuti dai tavoli tematici. Così da fornire gli impulsi politici necessari per ulteriori lavori. Consiglio e Parlamento europei saranno coinvolti nel processo e informati e consultati.
Elefante macchinoso
Una burocrazia davvero macchinosa. In realtà, con la Cina che ci divora vivi nel settore auto, qui non c’è tempo da perdere. Lo riconosce la stessa Ue: bisogna proporre e attuare rapidamente le misure di cui il settore ha urgente bisogno. Pertanto, c’è una contraddizione: da una parte si va di fretta, dall’altra si va a uno all’ora. Dopodiché, altri target annunciati con enfasi, dove rientrano Intelligenza Artificiale, guida autonoma, occupazione, quadro normativo da semplificare, stimolo alla domanda rafforzando al contempo le risorse finanziarie del settore in un contesto internazionale sempre più competitivo. “Dobbiamo sostenere l’industria auto nella profonda e dirompente transizione che ci attende. E garantire che il futuro delle vetture rimanga saldamente radicato in Europa”, chiosa il presidente in modo aulico.
Vaso di coccio in frantumi: pezzi da incollare
La verità è che l’industria auto Ue è in crisi nerissima, un treno in corsa contro un muro. Con regole assurde, senza proteggere l’auto elettrica con un ecosistema adeguato, siamo in presenza di un vaso di coccio andato in frantumi. Ora, la politica Ue cerca di incollarne i pezzi: quella stessa politica che ha combinato un pasticcio. Impresa ardua per davvero, specie perché la sinistra green tedesca pare orientata a stoppare quello che essa ha imposto in Ue. È un caos senza precedenti, peraltro basato sul pregiudizio ideologico: l’auto elettrica Ue come salvezza del mondo, dimenticandosi delle batterie e di quanto altri colossi mondiali inquinano.