Ore di panico e incubo per l’industria europea. Prima, l’Unione europea ha bloccato le auto termiche col bando 2035; poi ha piazzato extra dazi alle vetture elettriche cinesi; adesso, si teme la reazione tremenda del Dragone. La bozza Ue sulle barriere per i veicoli elettrici proveniente dalla nazione della Grande Muraglia comporta “enormi rischi”, dice la CAAM, China Association of Automobile Manufacturers. Già questo fa venire il batticuore a investitori, finanza, manager. C’è da mettersi le mani nei capelli per questo disastro Green dell’auto elettrica condito dagli extra dazi che vanno a stuzzicare il gigante orientale. Il quale, come tutti i colossi, attende, si mostra all’inizio paziente, e poi però scatena la sua furia incontenibile.
A pagare, anche i consumatori. Non possono comprare auto elettriche cinesi che costano poco: ci sono i dazi che fanno schizzare all’insù i prezzi. Situazione paradossale, visto che la stessa Bruxelles aveva a cuore la diffusione delle macchine a corrente.
Cinesi molto perentori
Per la CAAM, gli alti dazi hanno “danneggiato la fiducia delle imprese cinesi che operano e investono in Europa”. Ci sarà ferma opposizione alla bozza rivista dell’Unione europea sui dazi punitivi per i veicoli elettrici di fabbricazione cinese, ha riferito l’emittente statale cinese CCTV. La decisione sui dazi comporta “gigantesche incertezze” per le operazioni e gli investimenti della Cina in Ue”. Ci sarà un “grave impatto negativo sullo sviluppo dell’industria automobilistica dell’Ue, aumentando le opportunità di occupazione locale e raggiungendo uno sviluppo verde e sostenibile”.
Il 20 agosto, la Commissione europea ha pubblicato la bozza dei risultati della sua indagine di alto profilo sui presunti sussidi per le importazioni di veicoli elettrici di fabbricazione cinese, che includevano alcune revisioni dei dazi punitivi proposti. Si ritiene ancora che la produzione cinese di macchine a corrente abbia beneficiato di ampi sussidi. Di qui, dazi proposti fino al 36,3% sulle aziende automobilistiche. A luglio un dazio iniziale massimo pianificato del 37,6%.
Con buona pace del governo Meloni
Chissà cosa ne pensa in questo momento il governo Meloni. Per toccare 1,3 milioni di veicoli prodotti in Italia entro il 2030, si puntava a un milione di Stellantis più 300 mila da altri: chi? I cinesi. Come Dongfeng. Ma i dazi creano una tensione tremenda. Peccato: occasioni perse per creare lavoro in una nazione come la nostra dove c’è fame di occupazione.
E chissà cosa ne pensano i tedeschi: BMW, Mercedes e Volkswagen. Su di loro, in arrivo maxi tasse per le auto potenti vendute in Cina. Una rovina totale. Anche perché quel mercato è in enorme espansione, c’è desiderio di crescere, al contrario di quanto avviene nel Vecchio Continente.
Esiste poi la questione drammatica della guerra commerciale totale e globale fra Ue e Cina. Il Dragone mette nel mirino di tutto: prodotti caseari, carne di maiale, liquori. Quello che arriva dall’Europa viene tassato. Si chiama rivalsa, o ritorsione. Oppure Pechino può sempre dire che ci sono sovvenzioni illegali da parte dei governi Ue a favore di quelle industrie europee: la cosa è emersa nel corso di una precisa e attenta indagine.
In generale, il sospetto è che Bruxelles, nella foga del verde a tutto spiano in ogni settore, spinta da chissà quali forze, abbia sottovalutato le tragiche ripercussioni per Case e indotto dell’auto in Occidente. Per poi prendere sotto gamba pure la Cina. Ma il Dragone, immenso e a prima vista pacioso, non perdona.