Incidente stradale per recarsi al lavoro: quando spetta il risarcimento

M Magarini
Incidente d'auto

L’uso della macchina ci semplifica notevolmente la vita quotidiana. Per qualsiasi tipo di esigenza può risultare preziosa, in quanto ci dà una maggiore libertà di movimento. Vale anche per i lavoratori, che hanno bisogno di un mezzo di trasporto, pubblico o privato, per andare in ufficio o in fabbrica. A tal proposito, l’incidente stradale per recarsi al lavoro può dare diritto al risarcimento dell’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro). Ma in certe condizioni, puntualizzate dalla Corte di Cassazione attraverso alcune sentenze.

Di seguito, andremo a trattare l’argomento in modo esaustivo, cercando di spiegare, con parole piuttosto semplici, la normativa attualmente in vigore. La legislazione della quale parliamo è in vigore nella nostra Italia, secondo le disposizioni emanate dall’ente centrale, e non dalle autorità territoriali, tipo i Comuni o le Regioni. I pronunciamenti degli ermellini consentono di avere un’idea sufficientemente chiara dietro le politiche messe in atto, che vedremo a loro volta.

Incidente stradale per recarsi al lavoro: le casistiche individuate

Maserati Grecale Incidente

L’incidente stradale per recarsi al lavoro può avvenire in differenti tipologie di tragitto:

  • da casa a lavoro e viceversa: si tratta del tipico itinerario che ogni giorni affrontano milioni di persone;
  • tra una sede di lavoro a un’altra: ciò vale sia nel caso in cui siano della stessa società oppure di due compagnie per le quali si presta servizio;
  • dal luogo di lavoro a quello di ristorazione: se non è presente nessuna mensa aziendale interna.

Mentre dell’ indennizzo per lesioni riportate a bordo di bus, metro e tram è assodato, qualche dubbio permane circa l’incidente stradale per recarsi al lavoro in auto. Le linee guida osservate dall’Inail sono, tuttavia, precise e lasciano poco spazio a interpretazioni.

I requisiti

Innanzitutto, è necessaria una “causa violenta”, ovvero provocante:

  • l’inabilità temporanea superiore a tre giorni;
  • l’inabilità permanente;
  • il decesso.

Il secondo fattore imprescindibile è che sia legato a una “occasione di lavoro”. Non sono coperti da assicurazione i sinistri accaduti al di fuori dell’esercizio della professione o aggravati dal dolo. Al contrario, ottengono risarcimento coloro che hanno determinato l’evento purché nello svolgimento del servizio.

Mentre per i mezzi di trasporto pubblico l’indennizzo viene riconosciuto all’istante, la questione cambia laddove sia accaduto con la propria auto. Difatti, prima dell’erogazione della somma l’Inail accerta la presenza di principi fondamentali, la cui assenza comporta la mancata copertura. In particolare, verifica l’impossibilità di effettuare il medesimo tragitto sul pullman, sul tram o su qualsiasi altro servizio di linea. È lo stesso se gli orari o le tempistiche non sono ragionevoli.

Incidente stradale per recarsi al lavoro: il “normale percorso”

Il “normale percorso” – riporta La Legge per Tutti – consiste nell’itinerario più breve o razionale in rapporto alle personali condizioni. Modifiche o deviazioni sono contemplate laddove subentrino:

  • cause di forza maggiore (ad esempio, un guasto improvviso della vettura);
  • esigenze essenziali e improrogabili: bisogni legati all’espletamento delle funzioni familiari (ad esempio, portare i figli dal dottore).

Ovviamente, una condotta inappropriata fa decadere qualsiasi diritto, cioè per le lesioni scaturite:

  • scaturite dall’abuso di sostanze alcoliche, psicofarmaci o sostanze stupefacenti (salvo che non siano state prescritte dal medico curante per fine terapeutico);
  • da soggetti non provvisti di regolare licenza di guida (patente).

Stando a un pronunciamento della Suprema Corte, un incidente stradale per recarsi sul lavoro riportato con automezzo privato prevede l’indisponibilità di uno pubblico. Gli ermellini definiscono veicoli di trasporto normale quelli adibiti al trasporto delle persone, comportanti il minor grado di esposizione al rischio stradale. Nel portare avanti le rispettive ragioni, non giustificano un intervento solidale gli utilizzi dettati dalla semplice maggiore comodità o al minor disagio. Malgrado siano motivazioni legittime – si legge nella sentenza n. 22670/18 – mancano di sufficiente rilievo sociale.

Di per sé, l’utilizzo del mezzo privato non dà diritto all’indennizzo dell’Inail. Per accedervi il presentante domanda deve dimostrare, tramite prove documentali, che i mezzi di trasporto pubblico provocavano un eccessivo disagio o addirittura mancavano. Ad esempio, è necessario attestare che i tempi di percorrenza prefigurati erano talmente lunghi da arrecare problemi.

Si pensi, a titolo esemplificativo, alla fermata dell’autobus più vicina, lontana km dal luogo di prestazione dell’attività. Il punto cruciale sul quale la Suprema Corte si è focalizzata consiste nel carattere di “necessità”, dietro all’impiego dell’automezzo privato. Non si tratta di una questione di semplice comodità. Se così fosse l’Inail non corrisponderebbe alcunché per l’infortunio in itinere. Le soluzioni di mobilità pubblica rappresentano lo “strumento normale” per la mobilità delle persone e comporta la minima esposizione al rischio stradale.

Gli obblighi per ottenere l’indennizzo

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Chi dovesse, malauguratamente, incorrere in un incidente stradale per recarsi sul lavoro ha alcuni obblighi da rispettare per ottenere l’indennizzo. In primo luogo, è chiamato a dare tempestiva comunicazione al datore di lavoro (anche tramite interposta persona, se non ne ha occasione), affinché egli provveda a contattare l’Inail stessa. Questo passaggio è fondamentale poiché l’inosservanza fa decadere il diritto di percepire la somma spettante. A seconda della gravità delle lesioni rimediate, l’infortunato ha facoltà di rivolgersi a:

  • il suo medico curante;
  • una struttura ospedaliera o un centro di pronto soccorso;
  • il medico dell’azienda presso cui esercita la sua attività.

Qualunque sia il professionista contattato ,egli avrà l’onere di spiegare dove e in che modo ha subito le lesioni.

Una copia del certificato medico rilasciato va inoltrata al datore di lavoro. Che avrà, quindi, il compito di spedirlo all’Inail entro i successivi due giorni dalla ricezione, pena la decadenza del diritto. Gli sarà sufficiente procedere all’invio in modalità telematica attraverso i canali indicati dall’Inail sui propri canali ufficiali. Se, per qualsiasi ragione, il datore non vi adempia, l’infortunato non sarà esentato dall’obbligo.

Difatti, avrà il compito di recarsi presso la sede Inail del territorio, al fine di lasciare copia del certificato. Insomma, sebbene abbia l’onere di interfacciarsi dapprima con il suo datore, l’inottemperanza di quest’ultimo non lo solleva dagli oneri. A tal riguardo, conviene tener monitorata la situazione. Perché il mancato invio di una copia del certificato rilasciato dal medico curante (o chi per lui) da parte del titolare non sarà una scusa valida. Il mancato o tardivo inoltro della documentazione farà decadere il diritto. Ergo, sarebbe sempre il caso di rimanere vigili, casomai qualcosa non andasse secondo i piani.

Un aspetto altrettanto da porre in luce è quello della “necessità” dell’utilizzo dell’auto. Lo abbiamo già detto in precedenza e, ormai giunti alla conclusione di questo pezzo di approfondimento, troviamo corretto ribadire. Lo “strumento normale” per gli spostamenti sono i mezzi di mobilità pubblica. Che sia il treno, il tram, il pullman o la metro non fa differenza. Il ricorso all’auto privata non è contemplato, a meno che non sia possibile fare altrimenti.

Ad esempio, se la stazione ferroviaria è lontana dal luogo di svolgimento della canonica attività lavorativa. Non si accettano motivazioni riguardanti la “semplice” comodità, ciò poiché i servizi di mobilità pubblica vengono ritenuti più sicuri. E una delle responsabilità del danneggiato è di aver fatto tutto quanto fosse in suo potere per scongiurare simili sventure.

Per lo stesso motivo è negato l’indennizzo a colui che abbia subito un danno in maniera dolosa. Il risarcimento è, invece, ottenibile qualora abbia sì commesso azioni di negligenza, imperizia o imprudenza, purché il comportamento rispondesse a una finalità lavorativa. Non si ravvisano differenze circa il medico da contattarti per il rilascio del certificato. Egli può operare sia per conto dell’azienda, rappresentare un medico di base oppure svolgere servizio presso una struttura ospedaliera o un centro di pronto soccorso.

 

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