Jim Farley, amministratore delegato della Ford, ha già ammesso qualche tempo fa di essere un ammiratore delle auto elettriche cinesi. Lo ha fatto di ritorno da un viaggio lungo il territorio del gigante asiatico, quando ha affermato senza mezzi termini che BYD e le sue sorelle hanno un largo vantaggio tecnologico sulla concorrenza, occidentale o meno. Aggiungendo per sovrapprezzo che rappresentano un pericolo esistenziale per tutti gli altri, minacciando di farli chiudere con prodotti nettamente migliori.
Se qualcuno pensava che Farley fosse impazzito, ora arriva una nuova dichiarazione del manager statunitense, destinata a far discutere l’opinione pubblica. Il numero uno dell’Ovale Blu, infatti, ha ammesso di essersi innamorato della sua Xiaomi SU7. In modo talmente forte da non riuscire praticamente a farne a meno. Anche perché guidandola riesce a rendersi conto della sempre più evidente superiorità tecnologica delle auto elettriche prodotte in Cina. Chissà che dalle parti della Casa Bianca non inizino a fischiare le orecchie a qualcuno.
Jim Farley è innamorato della sua Xiaomi SU7 e non riesce a staccarsene
Non si può certo dire che a Jim Farley manchi coraggio. In un momento in cui le auto cinesi vengono additate dalla politica a stelle e strisce, e anche da quella dell’Unione Europea, alla stregua di un prodotto del demonio o quasi, il numero uno di Ford non esita a magnificarne i livelli tecnologici. Facendo intendere che impedirne il godimento ai normali consumatori del suo Paese non sia una mossa molto azzeccata, nell’ottica di un’economia di mercato.
Per rendere pubblico il suo punto di vista, Farley ha scelto l’Everything Electric Show, cui ha concesso un’intervista. Queste le parole espresse al proposito: “Ho fatto due viaggi in Cina negli ultimi due anni che sono stati letteralmente delle rivelazioni. L’ultimo riguardava il prodotto Xiaomi”. A questo punto ha ricordato come nel gigante orientale le aziende di telefonia siano integrate nella produzione automobilistica, a differenza di quanto accade in Occidente.
E Xiaomi sta avendo un grande successo in questa inconsueta veste. La sua SU7, lanciata a fine 2023, è infatti stata salutata da un enorme riscontro di mercato. Testimoniato dall’esaurimento dell’intera produzione 2024 in un arco temporale pari ad appena 24 ore. Al momento, inoltre, si ritrova con una lista d’attesa di sei mesi. Per capire meglio, basterà ricordare come le case occidentali non sappiano come fare per iniziare a svuotare piazzali di vendita sempre più intasati.
“Sto guidando una Xiaomi SU7 da sei mesi e non ho alcuna intenzione di restituirla”: parole e musica di Jim Farley
Jim Farley ha quindi ammesso: “Guido una Xiaomi. Ne abbiamo fatto volare una da Shanghai a Chicago e la sto guidando da sei mesi, e non voglio restituirla”. Chissà cosa ne penseranno i politici statunitensi di queste parole, considerato trattarsi dei rappresentanti del Paese che pretende il libero commercio, ma vieta proprio a queste auto tecnologicamente evolutissime di essere godute dai consumatori statunitensi, applicando dazi salatissimi. Che nelle parole di Donald Trump potrebbero essere addirittura quintuplicati.
Proprio la questione dei dazi, infatti, è entrata in maniera turbolenta nella discussione che sta caratterizzando la corsa alla Casa Bianca. Se l’amministrazione Biden ha elevato tariffe pari al 100% nei confronti dei veicoli elettrici provenienti da Pechino e dintorni, il candidato repubblicano promette addirittura di portarli al 500%. Minacciando peraltro il Messico di applicare dazi per i veicoli prodotti sul suo territorio, in barba al trattato di libero scambio del Nord America.
Per Farley non è stato invece complicato mettere in rilievo la superiorità di questi veicoli, dal punto di vista tecnologico. Cui andrebbe aggiunto quello garantito da una catena omnicomprensiva in cui rientrano anche le batterie e le materie prime necessarie per la loro produzione.
Vetture che i consumatori statunitensi non possono avere proprio a causa di dazi elevati a protezione dei prodotti locali, meno validi sotto tutti gli aspetti. Con un risultato però paradossale: a rimetterci potrebbero essere le stesse aziende statunitensi, come Lincoln, che produce il suo Aviator, il veicolo di maggior presa sul mercato domestico, proprio in Cina.