Il Cavallo di Troia dell’auto elettrica cinese per espugnare i dazi Ue della von der Leyen

Ippolito Visconti Autore News Auto
Un conto è esultare per i voti, per la poltrona, per gli accordi più o meno espliciti che hanno portato alla rielezione della von der Leyen, e un conto è analizzare la situazione auto elettrica.
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Un conto è esultare per i voti, per la poltrona, per gli accordi più o meno espliciti che hanno portato alla rielezione della von der Leyen, e un conto è analizzare con obiettività, distacco e pacatezza la questione auto elettrica in Ue. Il Green Deal prende spunto in Europa nel 2021 puntando dritto al bando termico nel 2035. Nel 2023, il sì finale e definitivo. Perché gli obiettivi al 2035, dice la politica di professione tedesca, creano “prevedibilità per gli investitori e l’industria del settore”, a favore dell’ambiente: sarà, ma intanto, ecco i dazi anti auto elettriche cinesi provvisori. A cosa servono le barriere anti Dragone? A zero. Anzi, si fa solo inquietare il gigante orientale. Che ora si scatenerà con margini di profitto giganteschi e col suo Cavallo di Troia: le fabbriche cinesi di auto elettriche cinesi fatte in Europa.

BYD in Ungheria, l’esempio per tutti

L’esempio numero uno è BYD in Ungheria. Con soldi in quantità mostruosa, ha “illustrato” agli amici cinesi quale sia il Cavallo di Troia per espugnare i dazi Ue della von der Leyen. La fabbrica di Szeged è il primo “nemico” del Paese della Grande Muraglia che mette il naso nel Vecchio Continente. A seguire un sacco di Case con dobloni d’oro da impiegare da queste parti: i governi locali fanno a gara ad accaparrarsi la fabbrica, che crea occupazione, indotto, sviluppo. Soldo chiama soldo. In un periodo storico in cui in Ue si sente odore di muffa e stantio, per gli esecutivi nazionali la Cina è la manna dal cielo che elimina mille problemi. E che fa guadagnare consenso elettorale. Pertanto, i dazi anti Cina a livello centrale di Bruxelles, contro la calamita fatta da promesse di vario genere (tasse, agevolazioni) delle politiche locali pro Cina. Un caos del genere non s’era mai visto. Parliamo di un settore automobilistico europeo che vale 145 miliardi di Pil e 1,5 milioni di posti di lavoro.

Quand’anche l’ue ci ripensasse (ha già iniziato con un parziale sì all’e-fuel), dando il via libera alle ibride plug-in, la Cina è prontissima a reagire: ogni mossa Ue avrà una contromossa di Pechino.

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Stellantis e Leapmotor dove si collocano?

Poi c’è da capire come collocare in questo disordine l’annuncio di Stellantis del 14 maggio: operativo l’accordo per distribuire e vendere auto della cinese Leapmotor in nove Paesi europei, fra cui l’Italia. Inizialmente verranno venduti due modelli, il C10, un suv elettrico e ibrido plug-in, e la full electric T03, una compact, a 20.000 euro. Se Leapmotor fa in Cina e vende in Ue tramite Stellantis, paga dazio. Se Leapmotor fa in Ue grazie a Stellantis, non paga nessun dazio. Un piccolo Cavallino di Troia.

Di base, gli annunci di principio tanto criticati da de Gaulle negli anni 1960: sconfiggere le divisioni interne all’Ue, lavorare uniti per difendere le economie, collaborare con i nostri alleati, per affrontare i rapidi cambiamenti globali. Sì, ma se non ci sono lavoro e soldi, la Cina è la soluzione.

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