Il 2025 sarà un’ecatombe per le auto termiche: a sostenerlo è ANFIA

Dario Marchetti Autore
Ne dovranno essere vendute tre milioni in meno per evitare le salate multe previste in sede UE per chi sfora i limiti sulle emissioni
Stop auto termiche

Il 2025 rischia di rivelarsi una vera e propria ecatombe per le auto termiche. A prospettare il pericolo sono i nuovi limiti alle emissioni che entreranno in vigore il primo giorno del prossimo anno, nell’ambito del regolamento europeo CAFE.

Ad affermarlo era già stata ACEA, la lobby dei costruttori europei, che aveva indicato in non meno di 2,5 milioni i veicoli a combustione interna che dovrebbero non essere messi in vendita dai costruttori al fine di rispettare i requisiti imposti dall’Unione Europea ed evitare le salate multe previste per lo sforamento dei limiti. In pratica, non riuscendo a vendere le proprie auto elettriche, le case sono obbligate a non vendere neanche auto termiche.

Un dato il quale, però, potrebbe addirittura più elevato e arrivare a tre milioni. Ad alzare ulteriormente l’asticella è stato François Provost, Chief Procurement, Partnerships and Public Affairs Officer del gruppo Renault. Ma andiamo a vedere meglio la questione, per capirne meglio la sostanza.

Auto termiche: per evitare multe ben tre milioni di esse non potranno essere vendute dalle case

Le parole di François Provost sono arrivate nel corso di una tavola rotonda organizzata nell’ambito dell’assemblea pubblica dell’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica). Rispondendo ad una domanda postagli dal moderatore, il direttore di Quattroruote Gian Luca Pellegrini, sulle conseguenze produttive dei nuovi limiti ha infatti affermato: “Per l’anno prossimo rischiamo qualcosa come 3 milioni di auto a combustione interna in meno a causa del regolamento CAFE”.

Auto termica

Un quantitativo tale da mettere in pericolo non meno di dieci siti produttivi. Se si pensava che sarebbero stati i cinesi con le loro auto elettriche, a distruggere posti di lavoro, in realtà potrebbe essere il furore ideologico dell’UE e il modo in cui è stato impostato il Green Deal a favorire questo epilogo.

A spingere Provost nel suo vaticinio, stando alle sue parole, sarebbe la semplice matematica. E alle aziende, secondo il dirigente di Renault, non resta che cercare di adeguarsi. Ecco quanto da lui affermato, al riguardo: “Il programma per il primo trimestre del 2025 è già quasi deciso e con il regolamento CAFE non c’è altra scelta che iniziare a implementare delle misure specifiche per essere pronti a non pagare troppe multe”.

Occorre ridurre i volumi produttivi per le auto termiche

Tra le misure in questione, rientra proprio una riduzione dei volumi. Naturalmente quelli relativi alle auto termiche considerata l’assenza di domanda per gli EV. Senza contare che la loro redditività è praticamente uguale a zero. In questo quadro, secondo Provost l’unico espediente per cercare di attutire l’impatto delle politiche UE consiste in una sforbiciata alla produzione di auto termiche.

Naturalmente, a fronte di una situazione abnorme, lo stesso dirigente della Losanga chiede all’Europa di attivarsi affinché le case non siano penalizzate in maniera eccessiva. E un modo per andare in questa direzione è stato indicato da Matthias Zink, presidente di CLEPA, l’associazione che riunisce i fornitori del settore, ovvero la revisione e la ricalibratura delle normative.

Auto termica

E, per inciso, in tale ambito andrebbe a rientrare la possibilità di una proroga dei limiti e, di conseguenza, delle multe al 2027. Ipotesi definita alla stregua di un’assoluta necessità dal presidente di ANFIA, Roberto Vavassori. Mentre Marco Stella, presidente Gruppo Componenti ANFIA e vicepresidente di CLEPA, provvede a ribadire l’invito del settore a perseguire la strada del realismo e dare vita ad una roadmap in grado di disegnare una decarbonizzazione flessibile per l’industria automobilistica.

Esigenza che è del resto da catalogare come il classico minimo sindacale, alla luce dei dati forniti da Dario Duse di AlixPartners a proposito dell’impatto occupazionale dell’attuale stagnazione dei volumi e del calo della produzione italiana. La filiera della componentistica, infatti, vede in discussione trai 35 e i 40mila occupati già nel corso del 2025. Che potrebbero salire attestandosi in una forbice da 45 a 50mila nel 2030. Si tratterebbe peraltro di un netto peggioramento rispetto ai 38 mila indicati dalle stime di aprile. Il peggioramento della situazione è quindi evidente, tale da spingere tutti i partecipanti alla tavola rotonda a chiedere immediati provvedimenti all’UE, per evitare il disastro che incombe.

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