BYD, Chery, SAIC (MG), Great Wall e tante altre sono molto desiderate dai politici europei e asiatici: i governi fanno una corte spietata alle cinesi per l’apertura di nuove fabbriche. Serve creare occupazione, indotto, far girare l’economia. Per Bloomberg, la Turchia ha colloqui avanzati con BYD e Chery per gli impianti di veicoli elettrici, e trattative in corso anche con SAIC e Great Wall. Sarebbe un bel colpo per le orientali: trampolino di lancio verso Ue e Asia, nuovo mercato, prezzi più bassi, manodopera da valutare. Dietro tutto questo c’è il ministro dell’Industria e della Tecnologia della Turchai, Fatih Kacir, che da Ankara muove i fili. I turchi hanno un accordo di unione doganale con la Cina. Qui, i veicoli elettrici rappresentano il 7,5% di tutte le vendite nel 2023. Sarà del 30,4% nel 2032.
Forti esportazioni di auto dalla Turchia
Lo scorso anno le automobili sono state tra le principali esportazioni della Turchia, con un fatturato di 35,7 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 21,6 miliardi di dollari di dieci anni prima, secondo i dati dell’Associazione dei produttori automobilistici.
BYD si muove
Attivissimo l’amministratore delegato di BYD Europe, Michael Shu: ha dichiarato la scorsa settimana di cercare un secondo stabilimento europeo nel 2025, oltre a quello già in costruzione in Ungheria. Al fine anche di evitare i dazi di importazione Ue. Intanto la turca Togg e la cinese Farasis Energy stanno costruendo un impianto di batterie nel nord-ovest città di Bursa in Turchia nell’ambito di una joint venture.
E l’Italia? Silenzio cinese
Purtroppo è calato il silenzio sull’Italia. Ci sono state trattative, visite, colloqui, ma poi nessun cinese si è deciso ad aprire una fabbrica da noi. Perché? Cosa li spaventa? Non è emerso nessun particolare, mentre Francia, Spagna, Ungheria e Turchia fanno grossi passati avanti. Ci accontenteremo di Stellantis che vende le elettriche cinesi Leapmotor nel nostro Paese.