I dazi di Trump faranno impennare i prezzi delle auto in tutto il mondo?

Dario Marchetti Autore
Il nuovo protezionismo rischia di far aumentare i prezzi dei veicoli in ogni parte del globo?
Donald Trump

Donald Trump ha giurato in qualità di nuovo Presidente degli Stati Uniti. Si tratta del suo secondo mandato, anche se inframmezzato da quello di Joe Biden e anche l’industria automobilistica ha dovuto iniziare a fare i conti con quello che potrebbe significare il secondo quadriennio del tycoon per i suoi interessi.

Le questioni che pone il suo avvento, in effetti, sono di grande portata. A partire dal disconoscimento delle politiche tese a favorire la mobilità sostenibile e dal nuovo protezionismo che Trump sembra intenzionato a imporre per proteggere il lavoro statunitense. Il riferimento è naturalmente ai dazi nei confronti di chiunque intenda importare nell’Unione prodotti non lavorati in loco. E proprio su questo aspetto, arriva ora un allarme da parte di General Motors.

I dazi di Trump faranno male anche agli Stati Uniti, secondo GM

La nuova era Trump potrebbe mettere a dura prova l’industria automobilistica. Soprattutto se il nuovo inquilino della Casa Bianca deciderà di andare avanti negli annunciati dazi su due dei più stretti partner commerciali dell’America, ovvero Canada e Messico.

Donald Trump

Dopo il trionfalismo che ha caratterizzato la cerimonia di insediamento, ora in molti iniziano a fare i conti con la semplice realtà. Che rischia di essere molto diversa dai tanti proclami trionfali che sono soliti caratterizzare tali eventi.

E, da questo punto di vista, è da sottolineare l’allarme che arriva dalla divisione canadese di General Motors, Kristian Aquilina. Secondo lui, infatti, se Trump porterà avanti il ​​suo piano sui dazi, decenni di progressi potrebbero essere vanificati all’interno della delicata filiera dell’industria automobilistica nordamericana. Con una conseguenza di non poco conto per gli stessi consumatori statunitensi, ovvero un’impennata dei prezzi dei veicoli.

Le barriere commerciali non convengono neanche agli Stati Uniti

Queste le parole consegnate da Aquilina a Bloomberg, nel corso di una articolata intervista: “Si tratta di un’interruzione che non è nell’interesse di nessuno, soprattutto negli Stati Uniti”. A giustificare le parole del numero uno di GM Canada sono del resto le minacce emanate dai funzionari canadesi, ovvero analoghe tariffe da parte del Canada sui prodotti provenienti dagli Stati Uniti.

Occorre sottolineare che non si tratta di minacce a vuoto. Ogni veicolo assemblato negli Stati Uniti e diretto al Canada, si tratti di auto o camion, verrebbe a costare anch’esso molto di più. Preparando un salasso per i consumatori, cui molti potrebbero decidere di sottrarsi, in un modo o nell’altro.

E a testimoniare ulteriormente tale dato di fatto, è una semplice constatazione: il 50% dei veicoli venduti lungo il territorio canadese nel corso del 2023, è infatti stato prodotto all’interno degli Stati Uniti. Mentre si attendono i dati definitivi dell’anno appena concluso, si può capire la grande preoccupazione che inizia a serpeggiare anche nell’industria automobilistica degli Stati Uniti.

Cosa ha detto Trump al proposito, nel discorso inaugurale?

Durante il suo discorso inaugurale, Donald Trump ha affermato che gli Stati Uniti sono intenzionati a raccogliere “ingenti quantità” di entrate specificamente dal commercio estero. Per farlo daranno vita ad una nuova agenzia, il cui nome dovrebbe essere “External Revenue Service”. In parole povere, il governo federale intende rastrellare tasse imponendo tariffe sui beni sia in entrata che in uscita dagli Stati Uniti.

Donald Trump

Se il governo raccoglierà, però, qualcuno questi soldi dovrà pur metterli. E a farlo saranno appunto le case automobilistiche, che di conseguenza dovranno a loro volta andarli a chiedere ai consumatori. Alla fine, quindi, tutti potrebbero pagare a caro prezzo il nuovo protezionismo di Trump. I consumatori pagando di più per le auto, le case con minori vendite derivanti dalla crescita dei prezzi e il governo con i minori introiti che potrebbero scaturirne.

Senza contare la comprensibile reazione degli altri Paesi, come abbiamo già visto nel caso del Canada. Ora, quindi, non resta che attendere l’evolversi della situazione. Per ora, infatti, nessuna riforma tariffaria è stata firmata tramite ordine esecutivo nel primo giorno di mandato di Trump. Stando a quanto riportato da Reuters e altre agenzie di stampa, però, nel prossimo mese di febbraio il presidente incaricherà le agenzie federali di valutare le relazioni commerciali con Canada, Messico e Cina.

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