Mentre l’elettrificazione balbetta, è lecito tornare con la mente all’eccellenza del termico proposto dalle aziende automotive in passato: vediamo i cinque migliori motori a quattro cilindri che i marchi giapponesi abbiano realizzato nella storia, come riporta autobild. La base di partenza è che le “eliche” rappresentano opere d’arte: i motori tetracilindrici sono, senza dubbio, i motori più utilizzati al mondo. Ciò è dovuto alla versatilità, che consente di modellare qualsiasi cosa, dai blocchi affidabili indistruttibili ai propulsori ad alte prestazioni. La loro comprovata affidabilità ha fatto sì che molti siano stati prodotti per decenni, rimanendo quasi invariati o, al massimo, ricevendo modifiche che ne hanno solo migliorato la formula.
Honda K20/K24
Famiglia di motori composta da blocchi quattro cilindri di varie cilindrate (2 e 2,4 litri) che all’inizio degli anni 2000 erano presenti in numerosissimi modelli del marchio giapponese: le Honda Civic nella sua variante Type R, la Honda CR-V o la Honda Accord, in particolare. Propulsori aspirati che, nonostante l’assenza di turbo, riuscivano ad offrire prestazioni elevate, superando anche i 220 CV. Con un po ‘di sano “doping”, sanno schizzare a 300 CV con disinvoltura. Sanno resistere ottimamente al potere corrosivo sia del tempo (inteso come il trascorrere degli anni) sia delle percorrenze chilometriche. Le versioni di cilindrata maggiore viaggiano più di 300.000 chilometri senza problemi prima che i proprietari le abbandonino o scelgano di ricostruire il motore.
Mitsubishi 4G63T
Al debutto nel 1987, prodotto per 30 anni, ha alimentato una lista enorme di modelli, tra cui nove generazioni della Evo. Cosa spingeva la Mitsubishi Lancer Evo VI dal 1992 al 2007? Il motore 4G63T. Linfa vite anche per altri modelli illustri come l’Eclipse (90-99) o la Galant. Un quattro cilindri in linea turbo che è uno dei preferiti dai preparatori per tutto quello che può dare. La sua base era molto solida, il che significava che poteva sopportare molte modifiche che ne portavano le prestazioni a limiti insospettabili. Un tuningi gustoso per gli addetti ai lavori. Dalla fabbrica, a seconda della versione, usciva con una potenza compresa tra 195 e 345 CV, anche se dopo un’iniezione di energia si volava. Sopportava pure il pompaggio a 11.000 giri al minuto. Inoltre, Lancer consentì al costruttore giapponese di entrare nel Campionato Mondiale Rally (WRC), dando il via al programma Evolution.
Nissan SR20DET
Questo quattro cilindri in linea 2.0 era l’anima della Z, della Skyline/GT-R, e soprattutto della Silvia. Un blocco turbo che sviluppava 205 CV di serie ma veniva vitaminizzato a dovere all’insegna della tuning mania. Ci si innalzava a 300 CV e perfino talvolta a 450 CV. Le modifiche di questo motore si distinguono per i colori del coperchio valvole: rosso, argento o nero.
Subaru Impreza 22B STI
Era per la leggendaria Impreza 22B, di cui furono prodotte solo 424 unità. Nessun’altra vettura lo ha mai montato, rendendolo uno dei motori giapponesi più rari. Un boxer monoblocco turbo che in realtà venne proposto in più versioni, chiamato EJ20 in alcune Impreza meno speciali, ma nel caso della 22B aveva una cilindrata di 2.212 cc e sviluppava 275 CV di potenza. In partenza, per poi lievitare verso l’infinito grazie a mani sapienti di super elaboratori. Macchina incollata alla strada: connubio di potenza e tenuta di strada da paura.
Honda F20C
Per un unico modello, l’iconica Honda S2000, che per molti anni ebbe sotto il cofano quello che fu il motore con più potenza per litro di tutti il mondo. Si tratta di un 2.0 quattro cilindri monoblocco aspirato in grado di sviluppare una potenza di 240 CV a 8.600 giri e una coppia massima di 200 Nm a 7.500 giri. Ma nella versione giapponese le sue prestazioni erano ancora maggiori, raggiungendo i 247 CV. Nel corso della sua vita ha ricevuto un aggiornamento che ha lasciato intatta la potenza, ma ha aumentato la cilindrata a 2,2 litri e ha anche migliorato la coppia a 210 Nm.