L’auto a idrogeno non se la passa bene, tanto da spingere più di un osservatore a dubitare di una sua affermazione nel corso dei prossimi anni. Una previsione su cui, però, non sembrano concordare in Cina, ove sta prendendo sempre più forma l’alleanza tra il gigante delle telecomunicazioni Huawei e un leader dell’automotive come SAIC. Un matrimonio che si propone un obiettivo ben preciso: lo sviluppo di powertrain a idrogeno di nuova generazione, fondati sulla tecnologia fuel cell.
Huawei e SAIC alleati per l’auto a idrogeno
Huawei sembra ormai decisa ad assumere anche nel settore automotive il ruolo ricoperto nel mercato degli smartphone. E per farlo ha deciso di allearsi con quello che è uno dei principali produttori di autoveicoli del Dragone, SAIC.
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Occorre sottolineare che l’accordo in questione non si limita allo sviluppo tecnico, proponendosi invece di racchiudere l’intero ciclo produttivo, dalla progettazione passando per i metodi di fabbricazione e comprendendo la costruzione di una filiera di fornitori. Un processo al termine del quale il risultato sarà quello di sistemi di propulsione in grado di conseguire livelli ottimali sia in termini di efficienza operativa che di sostenibilità produttiva.
Nell’ambito dell’accordo, i vantaggi saranno reciproci: se SAIC darà l’opportunità a Huawei di fare leva sulle proprie competenze, il gigante degli smartphone darà libero accesso alla controparte al proprio know-how. Confermando in tal modo quella capacità di fare sistema che sta facendo da base all’affermazione dell’industria cinese a livello globale.
Per Huawei non si tratta di una novità
Occorre sottolineare come l’espansione di Huawei nel settore automobilistico non rappresenti una novità assoluta. Il gruppo di Shenzhen, infatti, ha già provveduto nel recente passato a intraprendere collaborazioni analoghe con altre case cinesi. Per effetto delle quali sono sorti due marchi, Luxeed, frutto della collaborazione con Chery, e Avatr, curato di concerto con Changhan. Proprio questa seconda casa ha già fatto notare la sua presenza con il lancio di modelli come l’Avatr 012, che ha avuto una calorosa accoglienza da parte dei consumatori cinesi.
Un iter procedurale che ora SAIC e Huawei hanno adottato e che si differenzia in maniera profonda dal modo di procedere tipico delle case occidentali. Ove al modello cooperativo si preferisce lo sviluppo interno di tecnologie o l’acquisizione di startup che si sono fatte notare per le loro.
Per quanto concerne la nuova alleanza, in un primo momento il piano strategico prevede un focus sul mercato domestico, quello cinese. Con un allargamento successivo del raggio d’azione verso i mercati esterni. In particolare, SAIC e Huawei si propongono il varo di veicoli caratterizzati da un elevato livello tecnologico su cui fare leva per l’affermazione globale. E alla base dei prodotti ci saranno propulsione a idrogeno e soluzioni digitali integrate.
Tutto in linea con HIMA
La visione alla base della nuova alleanza cinese, va ad incastrarsi alla perfezione in un contesto più ampio, quello rappresentato dalla Harmony Intelligent Mobility Alliance (HIMA). Ovvero un’iniziativa di cooperazione industriale all’interno della quale Huawei svolge la funzione di capofila tecnologico per molte case cinesi, a partire da Chery, Seres, BAIC e JAC.
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In questo quadro, la decisione di puntare sulla tecnologia fuel cell è conseguente alla nuova situazione che si va configurando. Se l’industria automobilistica globale è al momento concentrata sull’auto elettrica, sullo sfondo va avanzando un’alternativa che potrebbe rivelarsi vincente, ovvero l’idrogeno. Il quale può confidare su benefici notevoli, a partire da rapidità della ricarica, maggiore autonomia e sganciamento o quasi dalla necessità di approvvigionarsi di materiali critici come il cobalto, con costi elevati e ricadute di carattere etico.
E la Cina sembra intenzionata, dal canto suo, a percorrere la nuova strada con la stessa decisione con cui ha appoggiato l’elettrificazione del suo modello di mobilità. Il governo di Pechino, infatti, ha appoggiato l’ideazione di una crescente rete di stazioni di rifornimento di idrogeno, nell’ottica di creare l’infrastruttura necessaria per rendere realmente praticabile tale tecnologia dal punto di vista commerciale.
Una tecnologia il cui avvento, del resto, sembrerebbe essere favorita dalle recenti scoperte di U.S. Geological Survey. In base alle quali nei giacimenti sotterranei di ogni parte del mondo sarebbero immagazzinati non meno di 5,5 trilioni di tonnellate di idrogeno. Sufficienti per riuscire a soddisfare il fabbisogno energetico del pianeta per secoli.