Ford, il paradosso delle auto elettriche: 66 mila euro di perdite per ogni unità venduta

M Magarini
Ricarica auto elettrica

La corsa verso la mobilità elettrica di Ford e compagnia è già bella che cominciata. In ogni angolo del Pianeta sono state messe in pratiche delle manovre volte a favorire il boom delle bev. L’Europa ha disposto il bando delle endotermiche a partire dal 2035, ammettendo come unica eccezione gli e-Fuel, a grande richiesta da parte del cancellierato tedesco di Olaf Scholz. Negli Stati Uniti hanno risposto attraverso l’Inflation Reduction Act, disposto dall’Amministrazione di Joe Biden, che promette di rendere gli States competitivi nel settore. Ma ancor più di tutto l’accelerata è giunta dalla Cina, la quale ha accumulato negli scorsi anni un tale vantaggio competitivo da apparire irraggiungibile. Le vetture a batteria vengono definite la chiave per la riduzioni delle emissioni di sostanze nocive nell’ambiente. Le stime fornite dagli analisti sono senz’altro interessanti, da tener presente nella definizione delle future manovre politiche. Tuttavia, la realtà ci ha riportato coi piedi per terra, con gli studi effettuati dagli esperti.

Dapprima, un report pubblicato in California ha tolto un po’ dell’aurea magica attorno alle bev. Adesso ci pensa un ulteriore lavoro, proveniente anch’esso dagli States, a porre in evidenza le criticità del sistema. Secondo la tesi di Robert Bryce – si legge sul portale di Nicola Porro – rimangono tuttora a largo appannaggio del ceto benestante. Il giornalista americano è giunto a tale conclusione dopo aver analizzato i numeri totalizzati dalla Ford, la realtà per antonomasia d’oltreoceano, in termini sia di appeal commerciale sia di storia. Perché se il fenomeno della Tesla è figlio dell’epoca attuale, la Casa dell’Ovale ha una lunga tradizione da difendere. Ebbene, le rilevazioni effettuate dal reporter attestano che la società perde oltre 30 mila dollari per ciascuna vettura alla spina consegnata.

Ford: 2,1 miliardi di dollari persi per le EV nel 2022

Ricarica auto elettrica

Nel corso del mese di marzo – riferisce Bryce – Ford Motor Company ha reso noto di aver incamerato una perdita pari a 2,1 miliardi di dollari nel comparto delle EV lo scorso anno. Si tratta del doppio di quanto subito nel 2021, sempre a causa delle auto elettriche. In una clip condivisa su Tik Tok il 23 marzo, ha spiegato che Ford ha costruito un totale di 61.575 bev nel 2022. Calcolatrice alla mano, i valori equivalgono a una perdita di circa 34 mila dollari su ogni esemplare. Inoltre, gli ipotetici passi in avanti compiuti a livello di tecnologie non ha permesso di contenere le spese di produzione caduno. Anzi, le spese da sostenere relative agli accumulatori hanno registrato un incremento del 7 per cento.

Il grave tracollo avuto da Ford è frutto di diverse criticità patite dal Costruttore. Per quanto suoni strano, il peggio dovrebbe ancora venire. Lungo il primo trimestre del 2023, Ford ha sofferto una perdita di 722 milioni di dollari nella specifica area di business. Premesso che il numero di registrazioni ha ammontato a 10.866 unità, il valore della perdita singola è di 66.466 dollari. Giusto per rendere l’idea del buco, ha incassato una perdita equivalente alla nuova berlina Mercedes-Benz Classe E su ciascuna macchina. In aggiunta, ammonta grossomodo al prezzo medio di una bev nel 2022. Stando alla tesi portata avanti dai portavoce ufficiali, ad aver inciso in misura massiccia ci sono state le chiusure degli impianti a Deaborn e in Messico. Invece, con i proiettori puntati sul presente è paventata una tiratura di 210 mila bev entro la fine dell’anno.

A questo punto, Bryce ha ridotto lo zoom, andando a toccare il settore complessivo delle proposte a trazione 100 per cento elettrica. Premesso che hanno preso un netto slancio, complici le manovre favorevoli delle istituzioni, rischia di aver luogo un circolo vizioso, chiamato “terapia di mercato” da Tom Petrie. Il tasto dolente delle auto elettriche sarebbe da ricercarsi nel prezzo eccessivo. Lo ha notato in prima persona l’opinionista, che evidenzia di aver notato una scarsa diffusione nei quartieri a basso reddito.

Ne ha avvistate di più nelle zone ricche di Austin (perlopiù Tesla) di quelle viste nel corso di due settimane in Giappone. Le colonnine rimangono puntualmente vuote sia nelle città sia lungo le autostrade. Preso, peraltro, in esame uno studio in materia svolto da JD Power, i conducenti che si sono astenuti fin qui a comprare le bev paiono irremovibili sulle rispettive posizioni. Manco a dirlo, la speranza era di assistere all’esatto effetto contrario e, invece, la situazione differisce di parecchio. La radicata riluttanza della potenziale clientela è da attribuire a molteplici cause. La carenza delle infrastrutture di ricarica e i prezzi elevati giustificano giusto in via parziale l’incapacità di attecchire. A essi vanno sommate le preoccupazioni circa l’autonomia, i lunghi tempi di rifornimento e le interruzioni di corrente.

La discriminazione di prezzo

Auto elettriche alla colonnina di ricarica

Fatto sta che la criticità maggiore rimane tuttora il prezzo parecchio elevato. Non a caso, l’acquirente medio ha un reddito annuo di 150 mila dollari. Detto altrimenti, le bev costituiscono tuttora un lusso destinato alla classe agiata della popolazione. Le famiglie appartenenti alla fascia media o bassa prediligono delle soluzioni alternative, meno impattanti sul bilancio. Lo notiamo pure lungo la nostra penisola, in cui le ibride hanno guadagnato parecchio terreno, mentre le vetture a trazione 100 per cento elettrica sono confinate a una nicchia. Nemmeno l’ecobonus 2023 è bastato a dare slancio, a differenza dei modelli endotermici, reclamati a gran voce dal popolo di compratori. Ad avviso di J.D. Power i trend imperanti traggono fondamento da presupposti errati.

Le autorità territoriali hanno fissato dei paletti parecchio stringenti e finisce per tagliar fuori una fetta rilevante dei compratori. Su direttive dell’IRS e del Dipartimento del Tesoro, gli incentivi vengono corrisposti esclusivamente a condizioni rigide. Per figurare tra i veicoli oggetto delle agevolazioni occorre che i componenti e gli accumulatori arrivino dagli States o da Paesi insieme ai quali è stato sottoscritto un accordo di libero scambio. Profilare gli scenari futuri mette in difficoltà pure gli specialisti di J.D. Power, che hanno, tuttavia, come la netta impressione di un’eccessiva confusione. I prezzi elevati delle bev avranno un impatto sui conducenti, tenendoli lontani. L’esempio eloquente è dato dalla Ford, la quale se la sta passando tutto fuorché bene sul versante in questione.

Le bev sono un modello di business sostenibile?

La montagna di denaro scialacquata è un invito alla riflessione, specialmente perché le indagini a campione denotano un calo di interesse per le bev. A ciò è doveroso integrare la crisi economica affrontata dalla società, bersagliata dal fenomeno dell’inflazione. Le spese da porre in preventivo per l’approvvigionamento delle batterie impediscono ai player di applicare politiche troppo favorevoli. Sennò le casse sarebbero destinate a dissanguarsi e dalla padella si passerebbe alla brace. Nelle osservazioni fornite dalla Ford, pare, comunque, non trasparire del notevole allarmismo.

Alla pari di una start-up, le bev sono fonte di perdite, ma un domani le circostanze miglioreranno. Nel mentre, ha di che sorridere relativamente ai veicoli convenzionali, valsi un enorme profitto di 4 miliardi di dollari nel periodo che va da gennaio a marzo 2023. Gli introiti servirebbero a colmare gli scompensi. Stando all’opinione di Bryce un paradigma non redditizio ha i giorni contati. Nel lontano 1908 il Washington Post sottolineava come la svolta elettrica sarebbe sopraggiunta dopo che gli operatori sarebbero riusciti a contenere i costi. Oggi, a oltre un secolo di distanza, vigono i medesimi problemi e chissà ancora per quanto.

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