FIOM durissima con Stellantis: “Ha devastato Mirafiori”

Dario Marchetti Autore
FIOM la durissima accusa a Stellantis: ha letteralmente devastato lo storico stabilimento di Mirafiori
Stabilimento FIAT di Mirafiori

La situazione dell’automotive in Italia può essere considerata drammatica. Basta il dato relativo alla produzione di auto nello stabilimento Stellantis di Mirafiori, per capire l’assunto. È infatti crollata nell’ordine dell’83% rispetto ai primi otto mesi del 2023.

Una situazione tale da spingere la Fiom-Cgil ad affermare che il gruppo formatosi a seguito della fusione tra FIAT e Peugeot ha praticamente devastato quello che una volta era il simbolo del settore automobilistico tricolore, oltre che la massima espressione in Italia del modello di industrializzazione fondato sugli stabilimenti di grandi dimensioni.

Stellantis, la denuncia della FIOM evidenzia la crisi in atto a Mirafiori

Il disastro in atto, purtroppo, non è destinato a riversarsi solo su una politica che non sa che pesci prendere. È lo stesso sindacato di sinistra ad avvisare che è in arrivo nuova cassa integrazione. Un avviso giustificato dai volumi che sono attesi nel corso delle prossime settimane per i modelli assegnati alla storica fabbrica torinese.

Stabilimento di Mirafiori

Senza contare le conseguenze che il vero e proprio vortice che sta sconvolgendo il sito del gruppo automobilistico è destinato a riflettere sull’indotto. Conseguenze le quali fanno talmente paura da spingere gli industriali torinesi a scendere a loro volta sul piede di guerra. Tanto da aprire un fronte di guerra con Stellantis, ventilando l’arrivo di un secondo produttore in Italia.

Basta sciorinare i numeri, per capire quello che sta accadendo. A farlo è Edi Lazzi, il numero uno dei metalmeccanici CGIL di Torino, il quale afferma: “Fino a settembre nello stabilimento Stellantis di Mirafiori sono state prodotte 18.500 auto contro le 52mila dello stesso periodo 2023, con un calo dell’83%. Siamo di fronte a una situazione produttiva devastata e, se il trend proseguirà così, il 2024 si chiuderà con 20mila unità prodotte”.

Nuova cassa integrazione in arrivo

Un decimo dei volumi che sarebbero necessari a Mirafiori per riuscire a togliersi dal pantano: questo rappresenta il possibile dato di fine 2024, sempre a detta dei sindacati. È ancora Lazzi a ricordare cosa ciò possa significare: ” È in arrivo nuova cassa integrazione. C’è sempre più malessere tra i lavoratori, che si riflette anche sull’indotto”.

Non senza aggiungere che le previsioni generali vanno in direzione di un ulteriore peggioramento delle condizioni della forza lavoro ancora presente in fabbrica. Già da qualche giorno 3mila dipendenti partecipano al contratto di solidarietà, il quale durerà sino al prossimo 31 dicembre.

Senza contare che a far paura ai metalmeccanici è la previsione dell’apertura di una nuova finestra riservata alle uscite incentivate. Gianni Mannori, responsabile di FIOM per lo storico stabilimento di Mirafiori ha ricordato come Stellantis abbia già provveduto a comunicare che la linea dedicata alla Maserati produrrà soltanto sino al prossimo lunedì, per poi tornare in funzione il 16 settembre.

Per la 500 elettrica si parla di soli tre giorni in più, mentre già 760 operai della carrozzeria sono stati prestati ad altri siti. Un numero che potrebbe presto aumentare, alla luce del recente invito di Stellantis ricordato dal Corriere della Sera: andare in Polonia a Tichy, per avere la sicurezza del posto di lavoro. Per il momento si tratterebbe solo di una decina di operai carrellisti. Basta però fare il raffronto con lo scorso anno, quando i volumi erano talmente alti da rendere necessario l’arrivo di lavoratori slovacchi, per capire la profondità della crisi.

Le difficoltà di Stellantis si irradiano sull’indotto

La crisi di Stellantis, com’è del resto logico, si riflette anche sull’indotto. A spiegarlo è Valter Vergnano, il segretario piemontese FIOM: “Le difficoltà del mercato dell’auto pesano anche sull’ indotto, non a caso oltre a Torino, la città più cassaintegrata d’Italia, gli effetti si fanno sentire anche in altre province piemontesi”.

Stabilimento FIAT di Mirafiori

È ancora il sindacato a evidenziare come nel corso dei primi sette mesi del 2024 le richieste di ore di cassa integrazione abbiano subito un incremento del 100% a Novara, del 72% a Torino, del 54% a Vercelli e nel cuneese, del 30% ad Asti e del 140% a Biella. In controtendenza il Verbano-Cusio-Ossola che si ferma al -8% e Alessandria, il cui dato risulta praticamente in linea con quello dell’anno precedente.

Un vero e proprio grido di dolore si eleva da un gran numero di aziende che lavorano nella componentistica dell’auto, non soltanto piemontese, che ruota attorno alla produzione di Stellantis. Basti pensare in tal senso a quanto affermato dal numero uno di Unindustria Cassino, Francesco Borgomeo, secondo il quale o si cambia registro, oppure si chiude. Queste le durissime parole da lui pronunciate, per l’occasione: “Faremo una manifestazione pubblica, forte, degli imprenditori che diranno: o condividiamo nuove regole o queste sono le chiavi delle imprese, ve le portiamo perché tanto qui non c’è più prospettiva”.

La difficilissima situazione del Piemonte

L’allarme proveniente da Cassino è importante, ma a trovarsi in mezzo alla tempesta è in questo momento soprattutto il Piemonte. Se non altro in considerazione del fatto che la casa madre è pur sempre di Torino, da dove si irradia un indotto ancora di grande rilievo.

Alla situazione di Mirafiori, infatti, se ne vanno a sommare molte altre. A partire da quella della Lear di Grugliasco, ove sono 300 i lavoratori a rischio. A provocare allarme è il vero e proprio tracollo della produzione di sedili. Mentre alla Denso di Poirino, ove sono prodotti i sistemi di condizionamento, i numeri sempre più esigui della 500bev si sono tramutati in cassa integrazione.

I volumi delle commesse da Iveco e New Holland, però, non vanno nella direzione desiderata e oltre alla cassa integrazione in breve potrebbero arrivare i licenziamenti. Almeno questo è il timore esternato dai sindacati, costretti ad occuparsi anche di un’altra situazione critica, quella in cui versa la Novares di Riva di Chieri. In questo sito produttivo, dove si sfornano particolari in plastica per la 500 e la Panda, sono già 150 gli operai in cassa integrazione, mentre è stato soppresso il terzo turno.

L’ipotesi dell’arrivo di Dongfeng è avversata da Stellantis

Quella degli ammortizzatori sociali potrebbe trasformarsi in una vera e propria inondazione, nel corso delle prossime settimane. Un trend che non può essere accettato da un territorio ove le eccellenze produttive sono ancora moltissime.

Protesta dei metalmeccanici

A ricordarlo, a suon di monito, è Marco Gay, il presidente dell’Unione Industriali di Torino. Queste le sue parole, al proposito: “Questo territorio ha un indotto nel settore della mobilità, anche a livello internazionale, che gli permette di essere attrattivo, per chi vuole utilizzare tutta questa competenza. Ogni opportunità non è da scartare, ma da valutare e da approfondire”.

Parole da mettere in rapporto con l’ipotesi che si va facendo sempre più strada, quella dell’arrivo di Dongfeng e altri gruppi cinesi. Diversificazione, però, è un termine che non fa parte del vocabolario di Carlos Tavares, il CEO di Stellantis. Il tagliatore di teste portoghese non ha alcun timore nell’evocare la guerra aperta verso chi si spinge in questo territorio. Tanto da pronunciare nel passato aprile le seguenti parole: “Se qualcuno vuol far venire in Italia competitor cinesi sarà responsabile di decisioni impopolari. Ci saranno vittime”.

Minacce che perdono però di significato di fronte all’arretramento di Stellantis e delle aziende entrate nella fusione con Peugeot. In tal senso sono ancora i dati rilasciati dalla FIOM a fare testo: dal 2014 ad oggi hanno abbandonato gli stabilimenti italiani 11.500 lavoratori. A loro se ne aggiungeranno da qui alla fine dell’anno altri 3.800, con le uscite incentivate. Mentre sono più di 3mila i lavoratori in somministrazione che risultano licenziati al giugno 2024. Tanto da spingere lo stesso sindacato ad affermare l’esistenza di una chiara strategia di disinvestimento.

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