Extra dazi Ue auto cinesi: come funzionano e perché sono inutili e dannosi

Ippolito Visconti Autore News Auto
Ora è ufficiale: la Commissione europea impone dazi Ue auto cinesi. Se la vettura viene fatta in Cina ed esportata in Europa, allora costa molto di più con la tassa imposta dall’alto.
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Ora è ufficiale: la Commissione europea impone extra dazi Ue auto cinesi. Se la vettura viene fatta in Cina ed esportata in Europa, allora costa molto di più con la tassa imposta dall’alto. Mentre i dazi Usa anti Cina sono identici (ammontano al 100%), quelli Ue variano: aliquote differenti calcolate in base a due criteri. Primo: quanti sussidi la Casa ha avuto da Pechino. Secondo: quanto la Casa ha collaborato con l’Ue durante l’indagine anti dumping iniziata a ottobre 2023. Minimo un extra dazio del 17,4%, massimo un extra dazio del 38,1%. Extra, perché alcuni dazi già ci sono, ma bassi. Già c’era un dazio del 10%, pertanto il totale massimo sarà del 48,1%. Quindi, ricapitolando: se nelle discussioni con la Cina, non sarà individuata una soluzione, i dazi verranno introdotti in forma transitoria a partire dal 4 luglio 2024. I dazi diventeranno definitivi 4 mesi dopo. Per 5 anni.

Se la Casa cinese ha avuto pochi sussidi e ha collaborato tanto con Bruxelles, dazio Ue del 17,4%. Se ha avuto tanti sussidi e collaborato poco, dazio del 38,1%. Sono tasse “ad personam”. Un po’ come le tasse sul reddito: più guadagni, più lo Stato ti tassa. Il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aveva anticipato che Bruxelles stava pianificando un’azione mirata. Non extra dazi identici. Ma extra dazi su misura, personalizzati.

Ecco gli extra dazi Casa per Casa

Per i prodotti BYD, un dazio del 17,4%. Per Geely 20%. Per SAIC 38,1%. Poi ci sono costruttori che hanno collaborato ma non sono stati inclusi nelle ispezioni e nelle richieste di informazioni: 21%. Gli altri produttori di elettriche in Cina 38,1%. I funzionari europei hanno concluso che la catena di produzione di auto elettriche in Cina beneficia di sussidi sleali, quindi sono una minaccia economica per i produttori europei. Alterano la libera concorrenza nel libero mercato.

La Commissione Ue ha contattato Pechino. Target: discuterne i risultati. Poi si valutano le possibili modalità per risolvere i problemi dei regolamenti dell’Organizzazione mondiale del Commercio. Nessun accordo? Allora i dazi compensativi provvisori verrebbero introdotti a partire dal 4 luglio mediante una garanzia: riscossi solo se e quando saranno definitivi. Serve la ratifica dagli Stati membri entro il 2 novembre 2024, ossia entro quattro mesi dalla loro istituzione in via provvisoria. Saranno in vigore per cinque anni.  Sempreché la Germania, che non li vuole, stoppi tutto. 

Mistero: prima l’Ue vuole l’elettrico, poi arriva l’elettrico cinese, infine la stessa Ue alza in modo artificioso il prezzo. Una ritorsione cinese potrebbe essere questo: aumentare il prezzo delle batterie per i clienti europei, come Volkswagen e Stellantis. D’altronde, la Gigafactory italiana di Termoli non c’è, mentre quella britannica è già fallita prima ancora di nascere. I cinesi hanno in mano il cuore, l’anima dell’elettrico: la batteria. Sarà poi un diritto dei cinesi aprire fabbriche di auto in Europa, sfruttando la manodopera a basso costo dei Paesi in fase di sviluppo. Così da aggirare i dazi.

Il caso Tesla che fa auto in Cina e le porta in Europa 

La Commissione menziona Tesla: a seguito di una richiesta motivata, potrà pagare un’aliquota calcolata individualmente nella fase definitiva. Parliamo della Model 3 fatta in Cina e venduta in Ue. Comunque, qualsiasi altra società che produce in Cina non selezionata nel campione finale può chiedere un esame accelerato subito dopo l’istituzione delle misure definitive (ossia 13 mesi dopo l’apertura). Il termine per concludere la revisione è di 9 mesi. Le società incluse nel campione hanno ricevuto individualmente informazioni sui propri calcoli e hanno la possibilità di commentarne la loro accuratezza. Se ci sono contestazioni valide, la Commissione analizza tutto. Magari con dazi più bassi finali. Il governo cinese ha la possibilità di presentare controdeduzioni.  

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Pechino su tutte le furie

Il Partito Comunista Cinese non ci sta: una misura dannosa per gli interessi della stessa Ue, ha detto. Per il ministero degli Esteri, Lin Jian, si tratta di un tipico caso di protezionismo: contrario ai princìpi dell’economia di mercato e alle regole del commercio internazionale. Compromette la cooperazione economica e commerciale tra Cina e Ue. Così come la stabilità della produzione automobilistica globale e delle catene di approvvigionamento. 

La Camera di commercio cinese presso l’Ue dice: saranno più forti gli attriti commerciali tra Pechino e Bruxelles, incidendo negativamente sulle relazioni economiche e commerciali. 

L’avviso ai naviganti del Grande Dragone: il governo di Pechino si riserva di adottare in modo risoluto tutte le misure necessarie a tutela delle aziende cinesi. Gli extra dazi danneggiano i diritti e gli interessi legittimi dell’industria cinese dei veicoli elettrici: sconvolgono e distorcono anche la catena globale dell’industria automobilistica e della catena di fornitura, compresa l’Ue.

L’associazione europea dei costruttori Acea afferma che il commercio libero ed equo è essenziale per creare un’industria automobilistica europea competitiva a livello globale. Insomma, no ai dazi. Serve una sana concorrenza. Sì a parità per tutti i concorrenti. Il settore automobilistico europeo ha bisogno soprattutto per essere competitivo a livello globale è una solida strategia industriale per l’elettromobilità, ha affermato il direttore generale Sigrid de Vries: l’accesso a materiali critici e energia a prezzi accessibili, un quadro normativo coerente, sufficienti infrastrutture di ricarica e rifornimento dell’idrogeno, incentivi di mercato e molto altro ancora. 

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Mercedes negativa

Mercedes, per bocca del suo amministratore delegato Ola Källenius: serve un commercio globale libero e giusto. “Come nazione esportatrice, quello di cui abbiamo bisogno non è un aumento delle barriere. Dobbiamo lavorare per smantellare gli ostacoli al commercio nello spirito del Wto”. Polemico il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che su X ha scritto: “Il nostro obiettivo non è chiudere il mercato europeo ai veicoli elettrici cinesi, ma garantire che la concorrenza sia leale”.

Dazi inutili e dannosi

Dazi così piccoli sono inutili e dannosi. Inutili, perché le Case cinesi hanno margini infiniti: vendono qui con sovrapprezzo del 20%. O si fa come in Usa: 100-200% di dazi. O è solo materia da euro burocrati. La montagna ha partorito il topolino. Prima l’Ue ha spinto per l’elettrico, ora piazza un sovrapprezzo sull’elettrico cinese. Ignota ma terribile la reazione di Pechino: dazi sulle auto, su altri beni. La rovina per le aziende italiane e Ue che esportano in Cina. Davvero l’Ue, con questa puntura di zanzara, crede di far paura a un elefante come la Cina? Il dumping è l’offrire un bene o una prestazione a prezzi inferiori al mercato mettendo in difficoltà il resto degli attori coinvolti, ma con azioni scorrette. Che qui non ci sono. Non ultimo, le Case occidentali non saranno più spinte così tanto ad abbassare i prezzi sulle elettriche.

Anomala la tempistica. La Commissione è uscente. Anche se la futura Commissione fosse identica, comunque una decisione così importante avrebbe dovuto prenderla il nuovo organismo. Perché proprio ora, dopo le elezioni e prima della nuova Ue?

Facciamo due conti per il consumatore italiano. L’auto cinese elettrica detta low cost ha un prezzo di 20.000 euro. Col dazio massimo, domani costerà 28.000 euro.

Più chiari i dazi Usa anti Cina: sulle auto elettriche cinesi, sulle batterie per auto elettriche sempre del Dragone, sui pannelli solari prodotti a Pechino e dintorni.

Il precedente dei pannelli

Fra i vari problemi, i dazi “ad personam” stonano con una celeberrima massima giuridica: “La legge è uguale per tutti”. Inoltre, se l’elettrico cinese costa di più, le vendite di elettriche in Ue calerà. Si va indietro, rispetto all’obiettivo di transizione elettrica dichiarato. Occhio al precedente: il settore dei pannelli solari è un test di politiche protezionistiche. L’Europa dava incentivi a chi installasse impianti fotovoltaici con pannelli Made in Europa. Ma la Cina ha comunque divorato il mercato. L’Ue ha devastato una tradizione secolare (il motore termico) in favore di qualcosa di ideologico: l’elettrico. Ma questo non ha domanda. Quindi si è sostenuta la bolla dei prezzi imponendo dazi ai cinesi e alzando l’inflazione nel settore.

I rischi secondo l’Ue senza dazi

In assenza di un intervento, l’indagine della Commissione europea ha messo in evidenza un rischio per 2,5 milioni posti di lavoro diretti e per 10,3 milioni indiretti, come conseguenza della concorrenza ai produttori interni. Ma le joint venture fra cinesi ed europei, e fra cinesi e americani, sono cinesi? Sono soggetti a dazio? E le auto prodotte da cinesi in Ue? E i dazi colpiscono i semilavorati come le DR? I kit di assemblaggio, i pezzi di ricambio e le forniture auto in generale? BYD o CATL fanno il pacco batteria per auto europee: qui c’è il dazio?

Cosa dicono Germania e Italia

“I dazi punitivi della Commissione europea si ripercuotono sulle imprese tedesche e i loro prodotti di punta”. Lo dice su X il ministro tedesco dei Trasporti Volker Wissing, commentando i dazi europei che colpiscono le auto elettriche dalla Cina. “I veicoli devono diventare più economici attraverso una maggiore concorrenza, mercati aperti e condizioni di localizzazione significativamente migliori nell’Ue, non attraverso guerre commerciali e preclusioni di mercato”. 

Invece ecco cosa pensa il ministro delle Imprese, Adolfo Urso: “Saluto con soddisfazione l’annuncio che la Commissione Ue ha fatto oggi dei dazi sull’ingresso delle auto elettriche cinesi in Europa per tutelare la produzione europea nella piena consapevolezza che abbiamo anche noi: la possibilità di riaffermare in Italia l’industria automobilistica italiana, uno dei settori trainanti dello sviluppo industriale del nostro Paese a cui non vogliamo assolutamente rinunciare”.

Stellantis: no ai dazi

“In quanto azienda globale, Stellantis crede nella concorrenza libera e leale, in un ambiente commerciale mondiale. E non sostiene misure che contribuiscono alla frammentazione del mondo – lo afferma l’azienda -. Stellantis è agile nell’adattarsi e nel trarre vantaggio da qualsiasi scenario. L’annuncio di oggi delle tariffe non scoraggerà la nostra strategia complessiva nei confronti di Leapmotor in Europa, poiché abbiamo tenuto conto di questo potenziale sviluppo”.

Domanda: Leapmotor, che fa auto in Cina e venderà con la rete Stellantis in Europa, sarà soggetta a extra dazi Ue? La Commissione dovrà chiarire mille aspetti.

Quali soluzioni per i cinesi

Come aggirare i dazi? Uno: aprire fabbriche in Europa, dove però tutto è costosissimo e ci sono mille vincoli burocratici. Due: far passare le merci per via traverse, aprendo fabbriche più o meno fittizie in Africa, Medio Oriente e Turchia. O altre nazioni extra Ue.

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