È difficile che il piano europeo per l’auto funzioni: sei ostacoli

Ippolito Visconti Autore News Auto
Il presidente della Commissione Ue von der Leyen ha presentato la bussola per la competitività, documento che servirà da stella polare per il futuro economico dell’Europa.
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Col settore auto in crisi, accentuatasi dal 2019 col Green Deal e il bando termico 2035 a favore dell’auto elettrica, adesso la Commissione europea tenta di rilanciare la competitività attraverso l’innovazione. Per realizzare la decarbonizzazione, anche con l’auto elettrica, mantenendo la competitività. E per ridurre le dipendenze e aumentare la sicurezza. Si lancerà una strategia per start-up e scale-up, così da aiutare le aziende innovative a crescere. Arriverà un nuovo quadro normativo per semplificare le regole. Via a investimenti in ricerca pari al 3% del Pil. Si spinge a favore dell’Intelligenza Artificiale e del quantum computing. Si pensa a nuovi incentivi auto paneuropei per l’efficienza energetica, diversificando le catene di approvvigionamento.

Il primo di cinque ostacoli: non c’è l’abitudine a vincere

Per l’Ue, i 50 mila disoccupati dell’auto (inizio dello tsunami) e le situazioni preoccupanti come VW sono una sconfitta. Sino al 2018, col termico, l’Europa vinceva. Adesso, la Cina ci sconfigge. È fattuale: la decarbonizzazione distrugge l’economia, come ha rovinato il settore automotive e l’indotto. Ci si doveva pensare prima e amare per davvero un gioiello come l’auto elettrica: colonnine ovunque, prezzo dell’elettricità basso, bonus per domanda e offerta, protezione degli addetti, tutela anti Pechino.

Due: chi mette i soldi

Qui non c’è un euro, visto che i fondi previsti in pandemia si stanno esaurendo. Allora, i soldi dove si prendono? Serve la creazione di un nuovo Fondo Europeo per la Competitività: con quale denaro? Sono improbabili un coinvolgimento della BEI Banque européenne d’investissement: gli istituti di credito scommettono su settori dove c’è la possibilità concreta di fare profitto. L’auto elettrica, dominata dalla Cina, non lo è. Servirebbe Unione del risparmio e degli investimenti per mobilitare capitali: già, ma chi mai piazzerebbe un gettone sulla roulette dell’elettrico Ue?

Tre, il burocrate che semplifica la burocrazia: paradossale

È la tecnocrazia Ue a fare da freno. Adesso, questa stessa burocrazia dovrebbe fare regole per far calare la burocrazia. Da parte della Commissione bis per certi versi analoghi alla Commissione uno. Urge coordinare le politiche tra Ue e Stati membri, i quali però sono tutto fuorché uniti. Il governo Meloni è contro le multe Ue alle Case, mentre i governi di Germania e Francia (che comandano in Ue) non hanno mosso un dito.

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Quattro: Cina e Usa avanti di 20 anni

Il piano Ue arriva con un ritardo di 20 anni: lo hanno già fatto a metà anni 1990 Cina e Usa. Nel mentre che mettiamo giù un progetto, Pechino e Washington si saranno portati avanti ancor più Non è – siccome ora noi facciamo il piano – gli altri ci aspettano. In fatto di Intelligenza Artificiale, viaggiamo arrivando molto dopo gli altri. Occhio alle due regole Ue: DSA (Digital Services Act, Normativa sui servizi digitali, approvato come Regolamento UE 2022/2065) e AI Act, quadro giuridico che affronta i rischi dell’Intelligenza Artificiale. Il risultato? Bloccare, anziché sviluppare.

Cinque: gli altri sbranano il carbone

L’Europa desidera essere l’unico continente dell’intero pianeta a emissioni zero. Il resto del mondo aumenta le richieste e il consumo di carbone e di petrolio. Quindi di produzione di C02. Specie la Cina, che poi vende a noi i crediti green. Ci guadagna due volte: il Dragone fa pooling con le Case auto europee che così non pagano multe per 16 miliardi. Ma questo ha un prezzo: soldi che vanno ai costruttori cinesi. Che si sviluppano alla velocità della luce, incassano quattrini freschi, ci sono superiori.

Sei: ignorare Trump, errore gravissimo

L’Ue prosegue come se il numero uno in Usa fosse Sleepy Joe, il verde. Ma c’è Trump: investimenti velocissimi seguendo la direzione opposta dell’Ue. Che su mette contro Usa, Russia e Cina contemporaneamente.

Il denaro per l’auto e i quattrini per l’Ucraina che gli Usa non aiutano più

Esiste, ma questo è un punto a parte, anche il problema dei soldi da dare all’Ucraina. Già sono da trovare quelli per l’auto. Il Dipartimento di Stato e il Pentagono hanno garantito che continuerà l’aiuto militare all’Ucraina: sì, e i programmi civili indispensabili allo sforzo bellico di Kiev? Il sostegno agli stipendi pubblici, ossia alla burocrazia statale ucraina? Ecco il buco nero:  “Il governo statunitense non è un ente benefico”. Parole del nuovo Segretario di Stato Marco Rubio. Quindi, l’Ue dovrà scucire molti più quattrini di prima: sino a ieri, c’era anche Biden a foraggiare gli ucraini. Ma things change. Le cose cambiano, e in peggio. Nel 2023 l’Agenzia federale per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha scucito oltre 36,5 miliardi di dollari a progetti umanitari nel mondo, di cui quasi 16,5 miliardi a Kiev. Adesso, o se ne occupa Bruxelles, o Kiev resta a bocca asciutta, contentandosi di quanto dà l’Ue. “Stiamo eliminando gli sprechi – dice un comunicato del Dipartimento di Stato – e bloccando i programmi ‘woke’. Così da smascherare le attività contrarie ai nostri interessi nazionali”. 

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