Il quotidiano economico Handelsblatt è chiaro e diretto: il consiglio di amministrazione di Wolfsburg ha predisposto un piano di risparmio da circa 4 miliardi di euro. Tra le misure previste, una riduzione del 10% sugli stipendi e una sospensione degli aumenti salariali per il 2025 e 2026. Il ceo Oliver Blume dice che queste scelte servono per i costi elevati legati al marchio Volkswagen: si trova a fronteggiare una domanda in calo in Europa e una forte concorrenza da parte dei cinesi. Specie di BYD, produttore globale di auto elettriche e termiche ibride plug-in. I sindacati accusano il management, che scaricherebbe sui lavoratori le conseguenze di scelte discutibili: una transizione verso l’elettrico gestita male e politiche di prezzo poco incisive. “La dirigenza non ha ancora presentato un piano chiaro per il futuro di Volkswagen”, attacca Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica.
A fine di settembre 2024, VW ha emesso il secondo profit warning in appena tre mesi. Proprio il brand VW, nella galassia di aziende, è quello che sta soffrendo più di tutti. Anche i marchi premium del Gruppo, come Audi e Porsche sono in difficoltà. Vedi Audi Bruxelles, il sito che chiude perché le elettriche non se le fila nessuno. Porsche valuta tagli ai costi e una revisione della gamma di modelli, in seguito a un crollo della domanda in Cina.
Almeno tre fabbriche su undici verranno chiuse? È la transizione elettrica
Rapporti tesissimi tra Volkswagen e forza lavoro per le misure di ristrutturazione approvate dal consiglio di gestione: il sindacato dei metalmeccanici IG Metall per un’ora paralizzerà undici impianti produttivi presenti sul territorio tedesco. Perché a quanto pare sono almeno tre i siti in odore di chiusura definitiva. Ossia Emden, Zwickau, Dresda e Osnabrück. Questa sarebbe la transizione elettrica che genera lavoro e nuove opportunità. Bisognerebbe guardare negli occhi, adesso, chi ha detto e ripetuto nei social queste stupidaggini. Wolfsburg cosa dice? Non commenta le indiscrezioni. Ripete che la situazione è seria e che occorre salvaguardare il futuro dell’azienda.
Morale: Volkswagen avrebbe in programma di chiudere almeno tre fabbriche in Germania, licenziare decine di migliaia di dipendenti (30.000 su 300.000?) e ridurre i restanti stabilimenti nella più grande economia europea. E pianificherebbe una revisione più profonda del previsto. “La dirigenza è assolutamente seria su tutto questo. Non si tratta di un tintinnio di sciabole nella contrattazione collettiva”, ha affermato Daniela Cavallo a diverse centinaia di dipendenti del più grande stabilimento della società, a Wolfsburg.
Scholz nel panico completo
Il cancelliere Olaf Scholz è nel panico. Ma quale auto elettrica con le sue possibilità di nuovi lavori: la favoletta verde ripetuta dai fanboy influencer green nei social manca di rispetto a chi è o si troverà disoccupato. Serve un minimo di onestà intellettuale e di pulizia morale. Scholz è indietro nei sondaggi con le elezioni federali previste per l’anno prossimo: ahi, niente potere, niente poltrone. La posizione del governo: le possibili decisioni gestionali sbagliate del passato non devono andare a discapito dei dipendenti.
“La situazione è seria e la responsabilità dei partner negoziali è enorme. Senza misure complete per riacquistare competitività, non saremo in grado di permetterci investimenti essenziali in futuro”, ha affermato Gunnar Kilian, membro del consiglio di amministrazione del gruppo Volkswagen. Gli fa eco Thomas Schaefer, a capo della divisione del marchio Volkswagen: le fabbriche tedesche non erano abbastanza produttive e superavano del 25-50% i costi target, il che significa che alcuni siti erano due volte più costosi rispetto alla concorrenza.
Inferno guerra commerciale Ue-Cina
Se l’Ue confermerà i dazi anti auto cinesi, Pechino piazzerà tasse fortissime sulle auto premium tedesche vendute nel Paese del Dragone: mazzata terribile per VW, ma anche per BMW e Mercedes. Tasse sulle elettriche orientali che nascono dall’epopea green dell’ultra sinistra tedesca a Bruxelles. Che politici imbranati. Che incompetenti.
Rivolta in Germania
Tagli del 10% agli stipendi Volkswagen, con sforbiciate per 4 miliardi di euro. I lavoratori del Gruppo in Germania si fermano oggi per un’ora, bloccando la produzione, anche perché “manca un piano chiaro”. Intanto, la Berlino verde, coi suoi politici sinistroidi green che hanno voluto l’elettrico in Ue, trema. Avanzano estrema destra ed estrema sinistra, come sempre accade quando la nazione tedesca va in crisi. Temono di perdere consenso, seggi in terra teutonica, poltrone d’oro a Bruxelles. La lobby oltranzista che si basa su dogmi e ideologie elettriche, dimenticando che le batterie e l’elettricità devastano Madre Terra, vede anche raffreddarsi gli influencer nei social: le multinazionali che sovvenzionano i fanboy a corrente pagano meno o non lo fanno più.
Blocco totale
I lavoratori VW in Germania si fermano oggi per un’ora, bloccando la produzione in segno di protesta contro il piano dell’azienda che punta a chiudere alcuni stabilimenti nel Paese: questa è una mossa senza precedenti per il colosso automobilistico tedesco. Chiare le responsabilità dei ceo, silenziosi innanzi alla catastrofe elettrica portata avanti senza ritegno in Ue. I sindacati hanno organizzato assemblee in undici stabilimenti, dove aggiorneranno i dipendenti sui progressi delle trattative con l’azienda. Arriveranno a metà settimana i risultati del terzo trimestre 2024: politica terrorizzata da numeri tragici su vendite, profitti, occupazione. Altro che transizione e decarbonizzazione: è un suicidio economico senza precedenti.