Dopo Tavares: quattro possibili novità nei rapporti fra governo e Stellantis

Ippolito Visconti Autore News Auto
Contatti in corso per provare a ricucire i rapporti con l’esecutivo Meloni.
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Dopo lo scontro asperrimo fra Tavares e governo Meloni, ora le cose cambiano. Dopo l’addio del manager lusitano, contatti in corso per provare a ricucire i rapporti fra Stellantis ed esecutivo: urge trovare una linea comune. Per il bene di tutti: società, maggioranza, consumatori, Paese, indotto. Ecco quattro indiscrezioni.

Uno, diverso approccio in Europa

C’è stata una telefonata fra Adolfo Urso (ministro delle Imprese) e John Elkann. L’erede dell’Avvocato e primo azionista del colosso dell’auto avrebbe parlato di un indirizzo differente: nuovo diverso approccio in Europa sull’abbandono dei veicoli elettrici. Infatti, il governo punta a limitare le multe Ue 2025 alle Case troppo inquinanti. Tavares diceva che il Gruppo era invece pronto e le regole non andavano cambiate: “È troppo tardi”, ripeteva. Vedremo se Stellantis appoggerà l’esecutivo italiano nella sua battaglia contro la Ue. 

Due, i costi

Tavares aveva un focus preciso: ottimizzazione dei costi, rimodulazione delle produzioni, riduzione eventuale del personale per raggiungere l’obiettivo. Strategia aziendale in base ai livelli di remuneratività. Per questo, servono ecobonus dei Paesi europei contro la Cina, troppo forte con le elettriche. Sebbene ora il Comitato esecutivo ad interim non modifichi il piano industriale, è plausibile che cerchi soluzioni credibili per il mercato e gli azionisti. Dando più anima ai modelli. Magari meno automotive da ragioniere grigio, e più cuore.

Tre, cautela con tagli alla produzione in Usa

La sforbiciata di Tavares alla produzione negli States ha innervosito le concessionarie, che avevano in mano Jeep più care da vendere. Anche qui, possibile che si riveda la strategia, almeno in parte. Si potrebbe tentare il ritorno al brand che puntava su qualità alta e prezzo accettabile.

Quattro, i rapporti col Parlamento

Quando Tavares s’è presentato in Parlamento, il risultato sotto il profilo mediatico è stato deludente. Il 17 dicembre 2024, Elkann non parteciperà al tavolo già convocato al ministero delle Imprese. Ma il presidente di Stellantis invierà in “missione” Jean-Philippe Imparato, responsabile dell’Europa: pare che inoltre si faccia garante nelle trattative tra governo e Stellantis. 

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Cosa farà il governo: cinque mosse

Uno: possibile che dica basta con l’obiettivo di produrre un milione di auto in Italia ogni anno. Non ce la farà né con Stellantis né coi cinesi, che ci girano alla larga in quanto abbiamo detto sì ai dazi Ue anti Cina.

Due: sì invece alla Gigafactory a Termoli dove Stellantis è uno dei partner di Mercedes e Total. Tavares non portò avanti la cosa in quanto le elettriche erano ko a livello di vendite.

Tre: installazione di una piattaforma per citycar in Italia, nello stabilimento di Pomigliano.

Quattro: tutela dei lavoratori. La Germania va a fuoco con la crisi VW. L’Italia non vuole fare quella fine. “Faremo del nostro meglio per difendere l’occupazione e l’indotto. Abbiamo un tavolo con Stellantis convocato a metà dicembre, speriamo possa essere quello risolutivo”. Lo afferma il premier Giorgia Meloni

Cinque: in cambio, possibile finanziamento della cassa integrazione per tutto il 2025 a favore di 20 mila addetti. E contratti di sviluppo per i singoli impianti da centinaia di milioni di euro. No agli ecobonus, ossia agli incentivi alla domanda, ma sì agli incentivi all’offerta, pro azienda.

Ma c’è l’attacco di Salvini

In questo clima di relativa nuova armonia, arriva però la bomba del vicepremier Matteo Salvini: quello che sta accadendo con Stellantis è semplicemente disgustoso, dice. “Un tracollo economico, peraltro preannunciato grazie alle politiche demenziali pseudo green imposte da Bruxelles, con una persona che rischia di chiudere fabbriche e licenziare migliaia di dipendenti e va via con un bottino di decine di milioni di euro e con degli azionisti che non riesco a commentare. Da italiano sono offeso dalla gestione degli Elkann”. Il riferimento è ai circa 25 milioni euro annui di stipendio di Tavares; e alla buonuscita di 100 milioni di euro. In realtà, qui il manager non ha colpe: ha firmato quanto gli è stato proposto. Ora incassa, è un suo diritto. Di tutte le sue azioni, doveva dare conto al cda, agli azionisti, non alla politica.

Seconda legnata poi di Salvini: desidera chiedere a Tavares “come hanno usato le decine di miliardi di euro di denaro pubblico che hanno incassato nei decenni passati. Voglio pensare che sia uno scherzo l’ipotesi di buonuscita di 100 milioni di euro. Mia figlia di 11 anni avrebbe fatto meglio. Sono scappati all’estero, hanno trasferito tutto quello che potevano all’estero. C’è un crollo di vendite, c’è il crollo del titolo, ci sono giustamente migliaia di operai, di tecnici e di ingegneri preoccupati che questi si scambiano decine di milioni come fossero figurine. Forse cambieranno guida nei prossimi mesi e intanto continuano sulla stessa strada”.

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