Pazzesco: prima l’Ue dà soldi alle Gigafactory asiatiche, poi queste inquinano in Europa. Lo urla Transport & Environment (lobby pro elettrico). Che ha commissionato uno studio a Carbone 4 e altri esperti: fabbriche di batterie senza vincoli. La Commissione europea non ha imposto il rispetto di alcuna condizionalità ambientale o sociale né alla Gigafactory della cinese CATL in Ungheria né a quella di LG Energy Solution (Corea del Sud) in Polonia.
Soldi a palate dai contribuenti, anche italiani
I due siti si sono pappati 900 milioni di euro di sovvenzioni pubbliche dai governi di quei Paesi. Poi bisogna vedere i quattrini da dove arrivano: da un fondo alimentato dall’Ue? Sono soldi dei contribuenti di Bruxelles? Sì. Quindi anche quattrini degli italiani. Le risorse economiche per finanziare le Gigafactory in Ungheria e Polonia provengono per lo più dal Fondo europeo per la ripresa post-Covid. Tuttavia, in entrambi gli impianti sono state riscontrate violazioni della Direttiva Ue sulle Emissioni Industriali: superamento dei limiti previsti in atmosfera per il NMP, una sostanza chimica tossica utilizzata nella produzione di catodi. Negli stabilimenti ungheresi, preoccupazioni per i piani di gestione delle acque. Non solo: aumentano i consumi di gas nel Paese, per soddisfare il fabbisogno energetico delle nuove Gigafactory, a fronte di un apporto limitato dalle fonti rinnovabili. Infine, poche tutele salariali e insufficiente garanzia dei diritti dei lavoratori.
Seconda stangata
Nelle partnership sino-europee sulle batterie (Volkswagen con Gotion in Germania; CATL con Stellantis in Spagna), zero trasferimento di competenze dalle aziende cinesi a quelle europee. In entrambi i casi, la cooperazione commerciale sembra essere orientata esclusivamente a soddisfare la domanda a breve termine di batterie. Il Dragone fa quattrini e scappa: un vincente che fa razzia nella terra dei perdenti. La tecnologia è sua e tale resta: una supremazia che non spartisce.
Tecnologia segreta: tesoro immenso
Qui, dove Volkswagen è il maggior azionista, con il 26.47% delle quote a fronte di un investimento di 1,1 miliardi di euro, è emerso un ruolo marginale del gruppo tedesco nella produzione di batterie. La partnership si ridurrebbe a un mero accordo di fornitura di batterie LFP (litio-ferro-fosfato), senza comportare ulteriore vantaggio tecnologico e industriale per i teutonici. Nessun trasferimento a lungo termine di tecnologia e competenze neppure in Spagna, dove la joint venture tra Stellantis e il colosso cinese CATL per la produzione di batterie LFP ha beneficiato di 300 milioni di euro di aiuti pubblici.
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Zero regole Ue: sempre lenta e indietro
Il problema? In Europa, non esiste un quadro normativo coerente per affrontare la competizione delle aziende cinesi. Né il quadro sugli aiuti di Stato né altri fondi o regolamenti né le normative a livello nazionale prevedono condizioni di natura sociale, industriale o di altro tipo. Al contrario, in Cina e Usa le imprese domestiche detengono spesso quote di maggioranza nelle joint venture: regole precise su proprietà intellettuale, trasferimento tecnologico, assunzione di personale locale e ricerca e sviluppo. “Con oltre 650 GWh di capacità di batterie fornite da player sud coreani e cinesi, non si deve permettere alcuna corsa al ribasso all’interno dell’Unione”, attacca Esther Marchetti, Clean Transport Manager di T&E Italia.
Europa delle batterie per auto elettriche: siamo ai confini dell’impero
Oggi, il 90% delle batterie per auto elettriche e dei sistemi di accumulo, in Europa, è fabbricato da produttori asiatici. Il 40% dei progetti di Gigafactory annunciati qui è cinese o sudcoreano. L’Europa potrebbe finire per diventare un mero polo di assemblaggio. Alla fine, dopo la critica aspra di Draghi, quella di T&E: Unione europea davvero al centro di polemiche fortissime, ancor più dopo che Usa e Russia l’hanno isolata. Adesso, la politica di sinistra Ue attende con paura le elezioni in Germania del 23 febbraio 2025, che potrebbe dare una spallata micidiale ulteriore alla già pericolante maggioranza. Un disastro in salsa Green. La leggenda dell’auto elettrica pulita e delle Gigafactory ecologiche che avrebbero spazzato via l’auto termica crolla innanzi ai veleni per aria e acqua di cui la lobby verde T&E parla: neppure Pirandello avrebbe partorito una siffatta novella.