Dopo sei mesi dall’introduzione delle nuove tasse sulle auto elettriche cinesi, emergono chiaramente i risvolti di questa misura, con effetti più negativi che positivi. La vicenda, come ricorderemo, prende avvio nell’ottobre 2023, quando la Commissione Ue ha avviato un’indagine sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina, sospettando pratiche di concorrenza sleale.
L’indagine, basata su prove concrete, ha evidenziato come l’aumento delle importazioni di veicoli elettrici cinesi a basso costo e sovvenzionati rappresentasse una seria minaccia per l’industria europea. L’obiettivo dell’Ue era verificare se le aziende cinesi beneficiassero di sussidi illegali, penalizzando i produttori europei.
L’esito dell’indagine Ue ha confermato queste pratiche, portando all’introduzione di dazi maggiorati sulle auto cinesi a partire dal 30 ottobre 2024, con una durata prevista di cinque anni. I nuovi dazi aggiungono un 35,3% alle tariffe già esistenti del 10%, raggiungendo una pressione fiscale totale del 45,3%.
I marchi cinesi più colpiti includono SAIC (35,3%), Geely (18,8%) e BYD (17%). Anche marchi occidentali con impianti in Cina, come Tesla, sono soggetti a una tassazione del 7,8%. Tuttavia, le tariffe riguardano solo i veicoli elettrici, escludendo quelli a combustione o ibridi.
Nonostante l’intenzione di proteggere l’industria europea, le conseguenze potrebbero rivelarsi controproducenti, similmente all’effetto boomerang osservato con le sanzioni contro la Russia. In risposta, Pechino aveva infatti minacciato ritorsioni commerciali, come dazi su prodotti europei di punta, tra cui vini e carni. Inoltre, il controllo cinese sulla catena di approvvigionamento delle batterie (litio e gallio) rende l’industria europea dipendente dalla Cina.
A complicare il quadro, l’Ue continua a promuovere politiche ambientali stringenti, come lo standard CAFE, aumentando la pressione sui produttori. La dipendenza dalla tecnologia cinese per l’elettrificazione e le difficoltà nel competere con i prezzi cinesi mettono a rischio la sostenibilità economica del settore automobilistico europeo. Non solo: alcuni produttori cinesi si stanno mostrando interessati ad alcuni stabilimenti europei o a costruirne di nuovi nell’Ue. A pochi mesi dall’ingresso dei dazi, dunque, non c’è da sperare in una buona riuscita della misura, almeno nel corso del 2025.