Dazi: UE continua a tirarsi calci nelle palle, ecco la prima risposta cinese

Dario Marchetti Autore
Dazi UE sulle auto elettriche cinesi

L’ipotesi che terrorizza le grandi case automobilistiche tedesche sembra ormai sul punto di tramutarsi in realtà. La Cina sta infatti valutando l’aumento delle tariffe sui veicoli di grossa cilindrata. Una prima mossa cui si aggiunge quella relativa alla riscossione di dazi sul brandy proveniente dall’Europa, inasprendo di conseguenza una disputa commerciale originata dalla decisione dell’Unione Europea di imporre tariffe sui veicoli elettrici cinesi.

Come era facile prevedere, il governo di Pechino non è assolutamente intenzionato a mostrare buon viso a cattivo gioco. E fa semplicemente sorridere l’ostentazione di muscoli da parte di Valdis Dombrovskis, il commissario lettone responsabile del commercio, che ha intimato alla superpotenza asiatica di sospendere le proprie indagini, credendo forse che sia ancora l’epoca del colonialismo nei confronti della debole Cina di inizio ‘900.

La Cina alla riscossa: purtroppo per l’UE non è un film sulle arti marziali

“La Cina sta studiando misure tra cui l’aumento delle tariffe sulle auto a benzina importate con motori di grande cilindrata”: questa la dichiarazione rilasciata dal Ministero del Commercio del gigante asiatico da poche ore. Con un’aggiunta di non poco conto: il governo di Pechino è assolutamente intenzionato a salvaguardare i diritti delle proprie aziende.

In una dichiarazione separata, il ministero ha poi affermato che gli importatori di brandy dall’UE dovranno versare un deposito pari al 39 percento del valore del brandy a partire dall’11 ottobre. Quanto si paventava nella parte più responsabile della politica europea, diventata purtroppo un’eccezione, si sta rapidamente verificando. La speranza per le imprese coinvolte è che si tratti solo di un avvertimento.

L’azione contro gli esportatori europei di automobili e brandy è stata intrapresa dopo che la scorsa settimana l’UE ha deciso di imporre tariffe fino al 45% sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi. Un provvedimento che nel caso diventasse esecutivo, durerebbe per cinque anni.

La speranza è che si tratti di un semplice avvertimento

Dopo il voto dell’Unione Europea, che ha sancito una vera e propria spaccatura, i colloqui tra le due parti stanno comunque proseguendo. Tanto da spingere molti osservatori ad indicare gli annunci cinesi alla stregua di un tentativo da parte di Pechino di fare pressione su Bruxelles affinché individui un’alternativa ai dazi.

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Intanto, però, le azioni delle case automobilistiche e delle aziende produttrici di brandy europee sono crollate. Le azioni BMW sono scese del 3 percento, quattro decimali in più di Mercedes-Benz. Molto peggio è andata a Remy Cointreau, che ha dovuto rassegnarsi a lasciare sul campo più dell’8%.

Entro la fine di questo mese la Commissione Europea dovrà pubblicare i risultati definitivi della sua indagine sui sussidi cinesi ai veicoli elettrici. L’ultimo adempimento prima dell’entrata in vigore dei dazi aggiuntivi. E della risposta di pechino, ormai da considerare sicura.

I dazi cinesi sembrano una risposta mirata contro la Francia

I media statali cinesi avevano già fatto capire come Pechino avrebbe potuto aumentare i dazi sulle importazioni di automobili in risposta alle mosse dell’UE, e questa conferma ufficiale da parte del ministero non suona certo come sorprendente.

Così come non va considerata tale la risposta relativa al brandy. In questo caso, infatti, la maggior parte delle importazioni cinesi proviene dalla Francia, che ha votato a favore delle tariffe sulle auto cinesi. Tanto che la dichiarazione del ministero ha menzionato in maniera specifica i produttori di alcolici europei controllati da Remy Cointreau e Pernod Ricard, tra gli altri.

In precedenza, il Ministero del Commercio cinese aveva affermato il risultato delle sue indagini. Dalle quali risulta che i distillatori europei avevano venduto brandy nel suo mercato di consumatori da 1,4 miliardi di persone con un margine di dumping compreso tra il 30,6% e il 39%, danneggiando in tal modo l’industria nazionale.

La Cina aveva annunciato l’apertura un’indagine anti-dumping sul brandy europeo a gennaio di quest’anno, in risposta a quella UE sui suoi sussidi per i veicoli elettrici. Già nel passato mese di agosto le autorità locali avevano dichiarato il reperimento delle prove di dumping da parte dei produttori europei di alcolici in un’indagine preliminare. Non ne erano però sortite tariffe di alcun genere.

Le incredibili proteste dell’UE

La cosa divertente, se non ci fossero di mezzo interessi concreti di Paesi e lavoratori, è ora da ravvisare nell’indignazione dell’UE. Ad accollarsi il compito è stato l’ormai criticatissimo responsabile del commercio europeo, il lettone Valdis Dombrovskis, il quale è riuscito a criticare le indagini cinesi su brandy e altri beni restando serio.

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Tanto da dichiarare al ministro del commercio cinese Wang Wentao che tali indagini erano “ingiustificate, basate su accuse discutibili e prive di prove sufficienti”. Per poi intimare alla Cina di porre fine a queste indagini, aggiungendo come sovrapprezzo la minaccia che l’Europa avrebbe “fatto tutto il possibile per difendere gli interessi delle sue industrie”.

Si possono immaginare a questo punto i tremori che avranno iniziato a scuotere coloro che rappresentano il mercato più grande del mondo, con una nuova classe media desiderosa di status symbol nettamente contrastante con l’impoverimento di quella europea conseguente alle tante scelte disgraziate di una classe politica inetta come quella di Bruxelles.

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