Dazi auto: la Cina denuncia l’Ue in nome della libera concorrenza

Ippolito Visconti Autore News Auto
Suona paradossale, ma la Cina accusa l’Europa di concorrenza sleale.
WTO

Sarà anche paradossale sentirlo dire, ma la realtà supera la fantasia: la Cina denuncia l’Ue per concorrenza sleale, e dà una lezione di libero mercato. Pechino ha presentato una causa contro l’Unione europea presso l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) per i dazi auto elettriche che il blocco ha imposto sui veicoli elettrici del Dragone. Bruxelles sostiene che i costruttori orientali abbiano beneficiato di sussidi eccessivi per la vendita al dettaglio a prezzi artificialmente bassi nei mercati globali. I dazi, che vanno dal 7,8% al 35,3% a seconda del marchio, si aggiungono all’attuale imposta del 10% e sono stati riscossi a partire da oggi. Le misure commerciali, concepite dalla Commissione europea per compensare gli aiuti finanziari di Pechino e impedire alle aziende Ue di essere estromesse dal settore dei veicoli elettrici, rimarranno in vigore per cinque anni.

Concorrenza sleale

Sentiamo il ministero del Commercio del Regno di Mezzo: “La Cina ha ripetutamente sottolineato che ci sono molti aspetti irragionevoli e non conformi nell’indagine anti-sovvenzioni Ue sui veicoli elettrici cinesi. Si tratta di una pratica protezionistica di concorrenza sleale in nome della concorrenza leale”. Insomma, l’Europa calpesta il libero mercato, principio sacrosanto per cui vince il più forte, nella selezione darwiniana economica: la lezione di liberismo del Partito Comunista Cinese ai tecnocrati Ue. Da non credere. Neppure Pirandello avrebbe ideato un racconto del genere. L’esecutivo Ue difende la sua indagine come basata sui fatti, diligente e compatibile con le regole. 

La Cina non è d’accordo e ha intentato una causa ai sensi del meccanismo di risoluzione delle controversie: continuerà ad adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare con risolutezza i legittimi diritti e interessi delle aziende cinesi. 

wto

Bastone e carota

La Camera di commercio cinese presso l’Ue ha denunciato le tariffe come arbitrarie, ingiustificate e politicamente motivate. Dopo il bastone, la carota. Non parla di dazi come ritorsione su industrie lattiero-casearie, del brandy e della carne suina Ue. Né di tasse sulle auto premium tedesche in Cina. Invece, il ministero ha sottolineato la sua volontà di continuare i negoziati con la Commissione per raggiungere una soluzione il prima possibile che potrebbe invertire le tariffe: la carota. I colloqui si concentrano sulla possibilità di stabilire prezzi minimi per i veicoli elettrici cinesi: magari 30.000 euro. Ma i funzionari Ue avvertono che i prezzi minimi per un prodotto sofisticato e diversificato come i veicoli elettrici potrebbero rivelarsi impossibili da far rispettare dai funzionari doganali.

Per l’Ue e la Germania e i loro movimenti di sinistra ultra green, considerando anche lo tsunami disoccupazione che sta travolgendo Berlino, è uno dei momenti più delicati della loro storia. D’altronde, un dogma basato sul nulla come “l’auto elettrica che non inquina” poteva avere solo un esito economico, storico, sociale e culturale: la catastrofe. Siamo all’inizio della valanga, che si vede di lassù arrivare.

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