Inversione a U della Spagna sui dazi auto elettriche cinesi: ora il Paese iberico dice no. Fino a ieri, Madrid era per il sì: “Dobbiamo riconsiderare la nostra posizione nei confronti di questo provvedimento. Non solo gli Stati membri, ma anche la Commissione”, ha detto il premier Pedro Sanchez dopo una visita in Cina e l’incontro con Xi Jinping. “Non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale. Penso che dobbiamo costruire ponti tra l’Unione europea e la Cina. E dalla Spagna quello che faremo è essere costruttivi e cercare di trovare una soluzione, un compromesso, tra la Cina e la Commissione europea”.
Data fatale
A novembre 2024 l’Ue dovrà decidere. O si suicida andando alla guerra commerciale contro il Dragone con un sì ai dazi. O sopravvive con un no. In caso affermativo, i controdazi di Pechino ucciderebbero la nostra economia: nel mirino, supercar italiane e tedesche, latte, brandy, carne di suino, mille prodotti fatti in Europa ed esportati in Oriente. In zone dove i soldi girano. La riunione del Consiglio ratificherà o cancellerà il provvedimento annunciato dalla Commissione europea. I dazi si stoppano col voto contrario di 15 Paesi in rappresentanza del 65% della popolazione dell’Unione.
Pro, contro, neutrali come fossero contro
Vediamo i sondaggi condotti da Bruxelles.
Chi diceva sì ai dazi ieri. Italia, Francia, Spagna.
Chi dice sì ai dazi ora. Italia e Francia.
Chi dice no ai dazi ora. Spagna.
Chi si astiene. Germania. Che è come se dicesse no. Per vincere, servono i sì. Berlino sotto schiaffo della Cina: berline potenti a benzina vendute oltre la Grande Muraglia, che possono essere soggette ai dazi.
Cosa dicono i Paesi dell’Europa centrorientale e nordica. Fanno spesso e volentieri quello che la Germania impone. Nell’Ue, Berlino stra comanda. Se questa si astiene, allora anche le altre nazioni non votano, probabilmente. Una sorta di no collettivo sotto forma di astensione. Una formula politica: “solidarietà critica con i vertici europei”. Cosa vuol dire? Bisogna chiederlo ai burocrati. In fondo, se l’Ue è conciata così male da avere paura della Cina, è anche per colpa della burocrazia.
Ci sono questioni di principio? No: solo soldi, come sempre
Uno. La Spagna è il secondo Paese produttore di auto dell’Unione: nello Stato iberico, le Case tedesche investono. Specie VW.
Due. Madrid ha convinto la cinese Chery a investire a Barcellona.
Tre. Gli spagnoli esportano carne suina in Cina, di cui gli orientali sono golosissimi. Se passa il sì, i dazi cinesi distruggono i prosciutti tedeschi.
I rischi del governo Meloni
L’Italia è in pericolo. Può restare sola col suo sì ai dazi. Di converso, verrebbe vista malissimo dai cinesi. Già oggi non trova nessuna casa del Dragone che investa da noi (BYD in Ungheria, Chery e SAIC in Spagna, altri costruttori in varie nazioni). Se diviene paladina delle super tasse alle auto elettriche cinesi, la sua situazione rischia seriamente di peggiorare. Il sogno di un milione di veicoli prodotti in Italia da chiunque ogni anno per il 2030 (Stellantis, cinesi o altri), gonfiatosi stranamente a 1,4 milioni nelle scorse settimane, andrebbe in pezzi. Andrebbe capito che una sana cooperazione è la chiave per il progresso e benessere. Soprattutto quando quell’altro è un mostro di bravura che divora miniere sul pianeta per fare le batterie delle auto elettriche. La partita si gioca alla pari, su campo neutro, senza barriere che alterano la competizione.