Ci siamo: l’Ue deve votare sui dazi auto elettriche cinesi. Ossia sulle tasse alle macchine made in China ed esportate in Europa. L’Ue pianifica di votare il 26 settembre per stabilire se imporre le tariffe. Barriere fino a quasi il 50 percento. Il commissario per il commercio Valdis Dombrovskis e il ministro del commercio cinese, Wang Wentao, si sono incontrati a Bruxelles. Hanno concordato di intensificare i colloqui. Il Vecchio Continente ha chiarito a Pechino che continuerà la sua indagine formale sui sussidi ingiusti per i veicoli elettrici, ma le due parti hanno concordato di riesaminare gli impegni sui prezzi. Si cerca una soluzione reciprocamente accettabile. Il ministero ha aggiunto che avrebbe risposto a qualsiasi dazio con misure necessarie. Quindi, sì, tanti sorrisi e strette di mano, però al momento giusto il Dragone può divenire sputafuoco e farci del male.
Europa masochista
I dazi Ue a chi faranno male? Sono all’Ue stessa. Abbiamo Gruppi auto europei (BMW e VV soprattutto con Mini elettrica a Cupra elettrica) che fanno le macchine in Cina per poi esportarle in Europa. Sono società già alle prese con guai. La tassa è una mazzata. Invece, per i cinesi, la barriera è un fastidio, che fa tardare il vero profitto. Nell’immediato, l’utile è basso, ma poi con grandi numeri e politiche aggressive l’ex Celeste Impero riuscirà a sfondare. Il destino è segnato, per la superiorità tecnologica degli orientali, il dominio su componenti e batterie.
Prezzo minimo rifiutato: assurdo
In precedenza, la Cina aveva offerto al blocco un impegno per impegni sui prezzi. Un minimo per l’Ue, per non dare fastidio ed abbassare la propria aggressività. Niente controdazi cinesi, zero tasse sulle premium tedesche. Un affare per tutti. E invece no, l’Ue non vuole. S’incaglierà sugli scogli in alto mare. Wang è impegnato in un tour vorticoso in Europa, cercando di convincere abbastanza nazioni a votare contro i dazi. Sotto scacco ci sono Germania e Spagna, che hanno zero interessi alla guerra commerciale. Gli iberici poi chiedono ai cinesi di aprire fabbriche da loro.
Obiettivi sulle emissioni: suicidio Ue
L’indagine sui (presunti) sussidi cinesi fu annunciata da Ursula von der Leyen nel discorso del 14 settembre 2023, e avviata il 4 ottobre con un termine di 13 mesi per concluderla. Extra dazi provvisori in vigore dal 5 luglio 2024, con aliquote ritoccate. Per decidere serve una maggioranza qualificata: 15 Stati membri su 27, rappresentanti almeno il 65% della popolazione. Nel voto non vincolante di luglio 2024 contrari erano 4 fra cui l’Ungheria. I favorevoli 12 tra cui Italia e Spagna. Astenuti 11 fra cui Germania e Olanda, che vanno sempre a braccetto. Occhio: adesso Germania e Spagna dicono no. Anche la Cina fa indagini sui (presunti) sussidi europei. La partita è uno a uno. Non c’è un arbitro.
I marchi europei che costruiscono in Cina pesano il 60% delle elettriche immatricolate in Europa nel 2023 (il 22% delle elettriche europee). Vorremmo anche chiedere all’Ue: ha imposto target emissivi nel 2025; se togli le elettriche europee fatte in Cina, come si raggiunge quella soglia? Ci sono minacce di tariffe orientali sui latticini, brandy e altri prodotti. Durante i suoi colloqui in Italia, Wang ha affermato che la Commissione europea non ha mostrato nessuna volontà politica di risolvere la controversia.