Un 2024 davvero brutto per BMW: utile netto in calo del 36,9% a 7,68 miliardi di euro, riporta la Reuters. Ma ora il 2025 fa forse ancora più paura, con un margine di utile automobilistico previsto al 5-7%, in quanto la Casa automobilistica è nel mirino della crescente guerra commerciale tra Stati Uniti e UE. Le stime tengono conto dei dazi imposti entro il 12 marzo. Tutto al di sotto delle aspettative degli analisti. Secondo guaio: “È una guida realistica alla luce dell’attuale contesto, ma potrebbe comunque deludere gli investitori che cercano un margine dell’8% nella fascia alta”, hanno affermato gli analisti di J.P. Morgan.
Cina, che sconfitta
BMW paga le deboli vendite in Cina e Germania e i ritardi nelle consegne, dovuti a problemi con un freno. Il problema nasce nel Paese del Dragone, dove i tedeschi (tutte le marche) vengono surclassati dalla tecnologia delle Case orientali. Gli utili del quarto trimestre sono scesi del 41%, in linea con gli avvertimenti della casa automobilistica di gennaio secondo cui i maggiori costi fissi derivanti dallo scioglimento dell’inventario avrebbero colpito i suoi guadagni negli ultimi tre mesi del 2024. Le sue azioni sono scese del 4% nelle prime contrattazioni, il calo più grande dell’indice DAX tedesco.
Guaio dazi
Gli Stati Uniti hanno aumentato le tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio statunitensi e imposto un dazio del 25% su alcuni veicoli dal Messico, tra cui la BMW. Trump minaccia dazi sulle importazioni di auto dall’Europa dal 2 aprile e l’Europa promette rappresaglie, chiedendo anche il dialogo.
Circa il 56% dei veicoli che BMW produce in Germania viene esportato al di fuori dell’Unione Europea e dal suo stabilimento statunitense nella Carolina del Sud escono verso l’estero auto per un valore di oltre 10 miliardi di dollari, rendendo l’azienda il più grande esportatore automobilistico statunitense in termini di valore, secondo il CEO Oliver Zipse. “Traiamo vantaggio da un’economia globale integrata. Ecco perché continuiamo a sostenere mercati aperti e libero scambio”. La società ha ridotto le sue previsioni di margine per il 2024 al 6-7% dall’8-10% a settembre a causa del crollo delle vendite in Cina e dei problemi con un freno fornito da Continental, che ha interessato 1,5 milioni di auto.

Dividendi, che si fa
Il gruppo ha proposto un rapporto di distribuzione aumentato del 36,7%, tra i più alti della sua storia, consistente in un dividendo di 4,32 euro per azione privilegiata per il 2024, ancora in calo rispetto ai 6,02 euro pagati l’anno precedente.
Batosta da un miliardo di euro
I bavaresi prevedono che i dazi costino al Gruppo un miliardo di euro nel 2025: tariffe UE sui suoi veicoli elettrici fabbricati in Cina; più barriere delle nuove tariffe statunitensi imposte che stanno sconvolgendo il commercio globale. Zipse ha affermato che l’accantonamento di quella cifra negli utili è “prudenziale”, con possibili ulteriori tariffe in arrivo dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. I dirigenti non si aspettavano che tutti i dazi in vigore finora, inclusi quelli del 25% su acciaio e alluminio e sulle importazioni di veicoli BMW negli Stati Uniti dal Messico, rimanessero in vigore per tutto l’anno. “Se la situazione cambia, cambiano anche le nostre prospettive”, ha aggiunto il CFO Walter Mertl. Le azioni sono scese del 2,3%, con gli investitori delusi dal margine inferiore alle aspettative per il segmento automobilistico.
Mantenere la rotta
Per Zipse, “ciò che ha sempre contraddistinto il Gruppo Bmw è la nostra capacità di mantenere la rotta, anche in condizioni difficili. Restiamo chiaramente concentrati su due cose: la nostra performance a breve termine e la nostra prospettiva a lungo termine. Con la Neue Klasse, stiamo implementando il più grande progetto incentrato sul futuro nella storia della nostra azienda, ottenendo allo stesso tempo un solido free cash flow”. Ieri la strategia era: vendo tanto in Cina, produco in USA e UE e vinco. Oggi i tedeschi vendono poco nel Celeste Impero mentre i dazi sull’export e sulle auto rappresentano una batosta. È caos totale, nato col Green Deal 2019 e le sue auto elettriche, volute proprio dalla Germania. Molte aziende auto europee pensano a elettriche con un’architettura a 800 volt nel 2027: il fatto è che oggi i cinesi sono già a quel livello. Fra due anni, magari è tardi. Insomma, il treno full electric europeo viaggia in affanno innanzi allo strapotere del Regno di Mezzo.
Strategia in base alla domanda di mercato
Dice il boss della Casa dell’Elica: “Il nostro approccio aperto alla tecnologia è orientato al mercato. Ci consente di sfruttare appieno il potenziale disponibile in tutti i mercati e le regioni. Non facciamo distinzioni tra motori a combustione, ibridi plug-in, veicoli completamente elettrici o, dal 2028, auto alimentate a idrogeno”. Eppoi alcune parole particolari, per affermare l’unicità dell’azienda: “Nessuno padroneggia questa diversità tecnologica meglio di noi. Lo confermano numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Il nostro approccio sta ottenendo sempre più riconoscimento anche negli ambienti politici. Pure i nostri concorrenti stanno virando verso la nostra strategia. Abbiamo dimostrato che apertura tecnologica, crescita e riduzione della CO2 sono compatibili”.
Dopo il Green Deal 2019 e gli annunci sul tutto elettrico, adesso si mira alla concretezza: neutralità tecnologica.
I modelli del futuro
La Neue Klasse debutterà col lancio tra il 2025 e il 2026 di due modelli: berlina i3 e SUV iX3 prodotta a Debrecen. Fino al 2027, più di 40 modelli nuovi o aggiornati: elettrici, ibridi plug-in, con motori a combustione.
Occhio allo status symbol
Al di là dei gelidi numeri, per BMW e le altre tedesche, serve ragionare attorno al fascino del marchio. Molti comprano un’auto se questa è status symbol: oggi, i brand cinesi – con la loro batteria super efficiente e le tecnologie proiettate nel futuro – sono un pericolo per i costruttori tradizionali anche sotto il profilo dell’immagine: il consumatore medioalto sia in Cina sia in UE sia negli USA potrebbe abbandonare le aziende teutoniche per tuffarsi nel magico mondo del Dragone. Che sforna oggetti meravigliosi su ruote senza soluzione di continuità, per poi essere copiato a distanza di cinque anni dagli europei.
Copertura dazi a proprie spese: servono soldi
BMW sta dicendo ai concessionari che i loro clienti non dovranno pagare prezzi gonfiati causati dai dazi dell’amministrazione Trump sulle sue auto costruite in Messico, almeno non prima del 1° maggio. I consumatori non vedranno alcun aumento dei costi, poiché l’azienda prevede di “proteggere i prezzi” dei suoi modelli importati. “Tuttavia, se la situazione dei dazi rimane com’è attualmente, potremmo dover rivalutare dopo quel periodo”, ha detto un portavoce della società al Wall Street Journal. Attualmente, la Casa importa la berlina Serie 3, la coupé Serie 2 e la M2 dal suo stabilimento di San Luis Potosi, in Messico. I modelli rappresentano circa il 12 percento delle vendite negli Stati Uniti. Tutti e tre i veicoli sono soggetti alle nuove imposte perché non rispettano le regole dell’accordo USA-Messico-Canada, che richiede loro di procurarsi la maggior parte dei loro pezzi di ricambio dalla regione.