I colloqui tra la dirigenza Volkswagen e i sindacati sembrano iniziare ad incanalarsi su un binario più costruttivo del muro contro muro che si prospettava sino a qualche giorno fa. A definirli in tal senso sono entrambe le parti, anche se, all’atto pratico, non sono da registrare passi in avanti sostanziali. La cosa importante è che, comunque, si inizi a lavorare nell’ottica di quel compromesso richiamato da Daniela Cavallo, la combattiva sindacalista di origini italiane che rappresenta i lavoratori all’interno del consiglio aziendale del gruppo di Wolsburg.
La soluzione è ancora lontana, per la crisi Volkswagen
È stato il rappresentante dei lavoratori Thorsten Groeger a indicare la nuova fase della trattativa. Proprio lui ha affermato che è la prima volta che i colloqui si svolgono in un “clima costruttivo” e che i sindacati sono pronti a tornare al tavolo delle trattative il 16 dicembre.
Il principale negoziatore del gruppo tedesco, Arne Meiswinkel, ha però tenuto a sottolineare come, al momento non ci siano da registrare passi in avanti verso la soluzione del rebus. Lo ha fatto pronunciando queste parole: “Dopo il round di oggi è chiaro che siamo ancora lontani da una soluzione”. In pratica, ognuno è rimasto sulle proprie posizioni: i sindacati fermi nel rifiuto di accettare chiusure di stabilimenti, la casa automobilistica nell’affermare che ciò non può essere escluso.
In precedenza, lo stesso Groeger aveva affermato che, a meno che i colloqui di lunedì non avessero assunto un tono conciliatorio, i sindacati, non avendo di fronte ulteriori margini di negoziazione quest’anno avrebbero intensificato gli scioperi a un livello senza precedenti nel 2025.
La situazione è ancora molto tesa
Nella giornata di ieri, i dipendenti Volkswagen hanno abbandonato i lavori in nove degli stabilimenti tedeschi minacciati, con migliaia di loro che hanno marciato verso la piazza di Wolfsburg, dove ha sede la casa automobilistica, per ascoltare i leader sindacali. A Wolfsburg sono stati circa 68mila i lavoratori che hanno deciso di incrociare le braccia per quattro ore, solo nei turni mattutini e intermedi. Mentre non è ancora chiaro come sia andata nei turni serali e notturni.
Gli scioperi sono già più estesi dell’ultimo ciclo di grandi azioni sindacali alla VW, risalenti al 2018, quando più di 50mila lavoratori parteciparono ai cosiddetti scioperi di avvertimento per questioni salariali in sei sedi. IG Metall ha affermato, dal canto suo, che non si sono mai verificati veri e propri scioperi della durata di 24 ore o più, oltre ai cosiddetti “scioperi di avvertimento“, i quali sono segnalati in anticipo e hanno una durata limitata.
Volkswagen, cosa potrebbe accadere ora
Resta ora da capire quale sarà l’evoluzione delle proteste. I lavoratori, che hanno respinto ogni ipotesi di taglio salariale o chiusura di stabilimenti, possono aumentare la pressione organizzando scioperi di 24 ore e anche a tempo indeterminato. Un precedente in tal senso risale agli anni ’70, quando proprio la sera precedente all’inizio degli scioperi, fu raggiunto un accordo dell’ultimo minuto per risolvere le controversie salariali.
Tra le novità delle ultime ore c’è però quella riguardante il cancelliere Olaf Scholz, dato in largo svantaggio nei sondaggi per le prossime elezioni politiche. Per cercare di recuperare il consenso dei lavoratori, il primo ministro della SPD non ha esitato a mettere in guardia la dirigenza del gruppo sugli effetti che potrebbero far seguito alla chiusura delle fabbriche.
La dirigenza VW, però, sembra non sentirci, da questo orecchio. Lo stesso Meiswinkel, prima dei colloqui svoltisi alla Volkswagen Arena, dove gioca il Wolfsburg, club di calcio della Bundesliga, ha infatti affermato: “Continuiamo ad avere bisogno di ridurre i costi e di ridurre la sovracapacità”.
Groeger ha esortato dal canto suo la VW ad adottare la posizione del sindacato, avvertendo lunedì mattina che le trattative avevano distrutto la fiducia dei lavoratori nell’azienda. Ha poi aggiunto: “Il marchio VW è a rischio di essere danneggiato dal comportamento del consiglio e il prezzo delle azioni è stato gettato in fondo alla cantina. Questa è responsabilità del consiglio”. A confermare le sue parole l’andamento dei titoli azionari, calati nell’ordine del 25% nel corso dell’anno.