Primo: una stretta sull’export. Secondo: regole più flessibili sugli aiuti di Stato per le aziende. Terzo: un piano da quasi 50 miliardi di euro per spingere la produzione di chip in Europa dal 10% al 20% entro il 2030. Questa la strategia di una Unione Europea scatenata. Quei semiconduttori importanti per le auto, specie le elettriche.
Tutto è nel disegno di legge sui microchip (Chips Act) che la Commissione UE presenterà martedì. Target: l’autonomia strategica nel settore limitando la dipendenza dai Paesi terzi con la creazione di maxi-centri in Ue. Le nuove norme consentiranno anche di imporre controlli all’export sulla scia di quanto fatto per i vaccini.
Chips Act per rinascere
Una bella marcia indietro rispetto alla localizzazione eccessiva verso Taiwan. Produttore di chip che predilige i big dell’elettronica.
Nel maxi-piano sono previsti 12 miliardi di euro di fondi pubblici (sei dal bilancio comune e sei dai governi nazionali) per la ricerca. Servono semiconduttori sicuri ed efficienti dal punto di vista energetico.
A questi si aggiungono oltre 30 miliardi di euro di investimenti pubblici già previsti dai governi, sostenuti dal Recovery Fund, dal programma Horizon Europe e dai bilanci degli Stati.
Allo studio un fondo da 5 miliardi di euro dedicato alle start-up. In fatto di finanziamenti, alcune novità arriveranno anche dalle regole sugli aiuti di Stato, adeguate per essere più flessibili a sostegno delle imprese europee e della creazione di grandi impianti di produzione di chip (Mega Fab).
Obiettivo UE sui semiconduttori
L’obiettivo dell’Europa sarà quello di stabilire un approccio cooperativo con i rivali principali come Taiwan, Singapore, Giappone, Corea del sud e Stati Uniti, per affrontare la sua sicurezza dell’approvvigionamento. Così dice il documento.
L’UE dovrebbe essere preparata a un possibile fallimento di questo tipo di approccio, a un cambiamento improvviso della situazione politica o a crisi impreviste, che potrebbero minacciare la sicurezza europea. Tra le contromisure previste rientra la possibilità di sorvegliare le esportazioni dei microchip e dei componenti necessari alla loro produzione, bloccando l’export in determinate circostanze. Un meccanismo simile a quello che la Commissione ha già introdotto per i vaccini.
Poi una raccomandazione, un invito: Bruxelles chiede anche agli Stati membri di avere il potere di negoziare a loro nome l’acquisto di prodotti rilevanti come i chip in situazioni di crisi. Le grandi aziende UE adesso sono davvero pronte? Avranno capito la lezione?