Cos’è l’effetto Osborne così temuto dai produttori di auto elettriche?

Dario Marchetti Autore
Cos’è l’effetto Osborne così temuto dai produttori di auto elettriche e perché va a incidere sul mercato
Una Fiat 500 elettrica

Tra i tanti temi di interesse relativi al mercato delle auto elettriche, c’è anche quello relativo alla perdita di valore cui le stesse sono sottoposte in tempi abbastanza brevi. Un dato che potrebbe essere alla base, in concorso con altri naturalmente, della crisi di vendite con cui si stanno scontrando molte case nel corso degli ultimi mesi.

Proprio nella discussione sollevatasi, ogni tanto ricorre una sorta di formuletta, il cosiddetto effetto Osborne. Così definito in quanto trae il suo nome dalla figura di Adam Osborne, uno dei pionieri nella produzione di personal computer. Proprio lui, negli anni ’80 del secolo passato, subì in prima persona le conseguenze di questo processo, del resto da lui innestato. Ma andiamo a vedere più da vicino di cosa si tratti.

Il ciclo di vita di una vettura deve essere tenuto in conto dalle case produttrici

Ad oggi, il ciclo di vita delle automobili stabilito dai costruttori varia dai 5 agli 8 anni. Un arco temporale il quale va a dipendere in particolare da due fattori: le vendite di un determinato modello e il comportamento del mercato.

Dacia Spring

Indipendentemente da quanto tale ciclo possa durare, le stesse case sono solite procedere ad un aggiornamento o ad un restyling alla sua metà. Un modo come un altro per ravvivare l’interesse dei consumatori e spingerli ad acquistare il veicolo interessato. Un momento il quale viene solitamente utilizzato per dare nuova linfa con nuovi dettagli dell’auto, per aggiornare motori e attrezzature e persino per introdurre nuove tecnologie.

Occorre peraltro sottolineare come tali modifiche sono sempre effettuate con la massima segretezza. Anzi, i produttori non vogliono nemmeno sentir parlare di rinnovamento delle loro auto nel periodo in cui è ancora in vendita l’attuale generazione di un veicolo. Il motivo di questo atteggiamento è da ricercare proprio nella paura dell’effetto Osborne.

L’effetto Osborne è figlio di un clamoroso errore

Nel 1983, Adam Osborne commise un errore gravissimo. Lanciando il suo modello 1 di personal computer, infatti, si lasciò travolgere dall’entusiasmo. Parlò cioè delle nuove generazioni dei suoi prodotti, pensando magari di poter affascinare coloro che assistevano all’evento. Sul momento pochi se ne accorsero, ma a distanza di anni tale errore fu considerato un fattore fondamentale per la bancarotta cui la sua azienda andò incontro.

Il motivo è in fondo molto semplice: perché acquistare un prodotto, quando colui che lo propone ti dice che ben presto ce ne sarà uno molto più adeguato e in grado di assicurare prestazioni molto più elevate? Osborne non lo sapeva, ancora, ma prefigurando una situazione di questo genere stava minando il suo stesso lavoro. Induceva cioè gli interessati ad attendere una nuova proposta più performante di quella al momento sul mercato.

Proprio questo è il motivo per il quale le aziende di auto preferiscono non fare annunci troppo futuristici. Ove affermassero che stanno lavorando ad un veicolo molto migliore di quelli in vendita, spingerebbero i consumatori ad un comportamento di attesa. Ovvero, proprio il contrario di quel sano consumismo su cui i mercati fondano le proprie fortune.

L’effetto Osborne sulle auto elettriche

Il mondo delle auto elettriche è stato duramente colpito da questo fenomeno. Troppi produttori, infatti, invece di concentrare i propri sforzi sui modelli che stanno vendendo parlano di quelli che stanno approntando. Con toni superlativi che ripropongono l’effetto Osborne. Molti acquirenti, in tal modo, sono indotti a pensare di non aver acquistato un veicolo all’altezza dei tempi. E spinti a pensare che ben presto il loro sarà praticamente espulso dal mercato.

Una BMW elettrica

A creare questa sorta di psicosi sono in particolare le tante notizie che fuoriescono dai laboratori. Basta in effetti dare uno sguardo alle news per notare il vero e proprio profluvio di notizie che anticipano le grandi modifiche in atto nel settore.

In tale novero non rientrano naturalmente gli aggiornamenti software, i quali interessano per fortuna tutte le auto elettriche che sono già state vendute, a meno che non siano già molto vecchie. I produttori li utilizzano per mantenere aggiornato il funzionamento dei modelli già esistenti e non rappresentano di certo una rivoluzione.

Il discorso, però, muta quando si entra nel campo delle batterie elettriche. In questo caso, infatti, i produttori non hanno eccessive remore nell’evocare costantemente i miglioramenti in termini di autonomia e la riduzione dei tempi di ricarica. Ovvero dei due fattori principali di apprezzamento da parte dagli acquirenti di auto elettriche. Ad esempio, se al momento predominano le batterie al ferro-litio-fosfato (FLP) e al nichel-manganese-cobalto (NMC), già si parla molto di quelle allo stato solido e al litio-aria.

I progressi sono la norma, ma sarebbe meglio non parlarne troppo

i progressi sono un portato dei lavori condotti nei laboratori delle case automobilistiche. Basta in effetti dare uno sguardo al recente passato per capirlo al meglio. Nel 2020, ad esempio, Audi ha lanciato la sua spettacolare e-tron. Il suo SUV di lusso costava all’epoca 85mila euro e omologava 437 chilometri di autonomia. Oggi la seconda si è andata ad attestare a 600 chilometri e i tempi di ricarica si sono ridotti praticamente alla metà.

L’attuale Q6 e-tron, in pratica il modello equivalente, costa circa la stessa cifra, andando però a garantire prestazioni di miglior livello. Il tutto mentre i produttori non smettono di evocare la grande speranza collegata alle batterie allo stato solido. Questi alimentatori, infatti, promettono di riservare agli acquirenti dei veicoli che li adotteranno una autonomia molto più elevata e tempi di ricarica praticamente dimezzati.

Una Renault Zoe

Proprio le speranze suscitate, però, potrebbero tradursi in un pericoloso effetto Osborne. Spingendo coloro che sono interessati all’acquisto di auto elettriche a ritardare la loro mossa. Potrebbero cioè pensare che il momento delle batterie allo stato solido sia ormai dietro l’angolo e che sia meglio attendere qualche mese, pur di avere un prodotto migliore.

Per le case è difficile lottare contro un atteggiamento di attendismo e diffidenza

Un atteggiamento il quale si traduce non solo nel ritardo degli acquisti, ma anche nella diffidenza verso i veicoli già esistenti. Considerato come le auto green costino molto, perché investire in prodotti che dopo pochi mesi già si sono svalutati in maniera significativa e potrebbero non reggere il passo dal punto di vista tecnologico?

L’attendismo che coglie non pochi consumatori, causato dal credere nell’imminente lancio di nuovi modelli più performanti, l’effetto Osborne per l’appunto, è un fattore contro cui è difficile lottare. Ecco perché non poche volte, nel corso degli saloni dell’automobile, a precisa domanda sull’autonomia di un veicolo, i dirigenti dei marchi preferiscono non rilasciare commenti.

Un atteggiamento che sembra destinato a diventare prassi, in un mercato, quello delle auto ecologiche, che sta diventando sempre più complicato.

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