Cortociruito Stellantis dal 2021: stridono incassi e tagli

La strategia di Tavares s’è rivelata per anni molto redditizia a beneficio dei soci. 
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L’ex capo Stellantis Tavares ha fatto incassare tanti soldi ai soci, mantenendo la produzione degli stabilimenti al minimo, e sfruttando qualche picco di domanda di auto per elevare i listini di partenza. Il Gruppo è stato per anni una macchina da guerra che faceva quattrini. 

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Chi ci ha guadagnato

Nato nel 2021 dalla fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot, la multinazionale ha distribuito agli azionisti 23 miliardi di euro, divisi fra dividendi e riacquisti di azioni proprie. In quanto alla famiglia Agnelli-Elkann, primo socio al 14,9% tramite la cassaforte Exor, ha incamerati cedole per 3 miliardi di euro. Il conteggio comprende le azioni dell’azienda di componentistica Faurecia.

I tagli

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Nel frattempo, i dipendenti in Italia sono crollati da 53 mila quando Stellantis vide la luce, nel gennaio 2021, a 40 mila del 5 dicembre 2024: sforbiciata del 25%. Meno costi, più profitti. 

In ballo 3.000 esodi incentivati, più 1.500 del 2023 e 3.000 del 2022. Chi è uscito ha incassato – secondo i casi – da 30 mila a 130 mila euro. Importo che dipende da variabili quali stipendio, ruolo, anzianità di servizio, accordi. Pertanto, la società ha pagato mezzo miliardo di euro per la sforbiciata.

Poi c’è la cassa integrazione: qui ci perde lo Stato. Dal 2014 al 2020, FCA ha ricevuto dalla nazione 183 milioni di euro, da girare ai dipendenti in stand by. Dal 2021 a maggio 2024, sono 703 i milioni di addebito per l’Italia. Nel 2025 la cassa scadrà per 12 mila dipendenti Stellantis e per 12 mila dell’indotto: o proroga o perdita del lavoro. Il fatto, per l’indotto, è che ha solo quell’azienda a dare commesse, o quasi. Altro guaio.

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Va ricordato che la produttività negli stabilimenti italiani è più bassa del 38% rispetto a quelli spagnoli. Da noi, un’auto viene fatta in 100 ore. In Spagna in 62 ore.

Quanti quattrini sono usciti con gli investimenti

L’accusa a Tavares era: tanti tagli, pochi investimenti. Vediamoli. Nell’ultimo triennio, il Gruppo ha sborsato in ricerca e sviluppo 19 miliardi di euro, il 3,8% dei suoi ricavi annui. Un paragone: nel 2023 Volkswagen ha speso 21,8 miliardi, l’8,1% del fatturato. 

Il portoghese si difendeva: spendeva sì, investiva, ma con estrema efficienza. Infatti, VW – col suo software che è stato un mezzo flop – lo dimostrerebbe. 

Stellantis in piena regola

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L’elemento chiave: tutto quello che Stellantis ha fatto rispetta in pieno qualsiasi legge. È un suo diritto incassare tanti soldi, tagliare. Per anni, l’ex governo e i sindacati non si sono lamentati più di tanto. Ora, l’attuale esecutivo e i sindacati sono sul piede di guerra. Il Gruppo che colpe ha? Nessuna. È una società per macinare utili, non per fare beneficenza.

Se l’amministratore delegato guadagna quanto migliaia di operai, questo è un diritto di Stellantis. Arci noto da anni sia ai governi sia ai sindacati.

Nel caso in cui la società è più disegnata sulla parte finanziaria che sul prodotto (opinione), questo è un secondo diritto dell’azienda, come ben saputo dalle istituzioni e dai rappresentanti dei lavoratori.

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Qualora le sedi vengano spostate all’estero per questioni fiscali, tutto legittimo. Anche qui, politica consapevole da sempre.

Nel momento in cui vengono a mancare passione e amore (parolacce, bestemmie) per i marchi italiani storici, per le icone del nostro Paese, anche questo è tutto nella norma. Si doveva capire molto prima, nel 2020, un punto chiave: Maserati, Alfa Romeo e Lancia (per certi versi pure Fiat) hanno sfornato modelli da leggenda che in Francia neppure sanno immaginare adesso.

Non ultimo, al momento della fusione fra FCA e PSA, l’allora governo non alzò un ditino per dire che magari poteva esserci qualche problema ai danni dei dipendenti italiani, e dell’indotto italiano. A discapito di quello francese. Marchionne anni prima ebbe a dire: “Mai coi francesi”. Non ricordo molte proteste dei sindacati.

Profit warning: la favola finisce

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Poi però nel 2024, due mesi fa, il terribile profit warning. Jeep in Usa non è più la gallina dalla uova d’oro che sistema tutto e copriva ogni problemuccio. Qui la carrozza diviene zucca, la favola finisce, l’incantesimo svanisce. Gli azionisti non gradiscono più Tavares. E il suo stile di leadership verticistico. E i suoi pessimi rapporti con governo, sindacati, fornitori, concessionarie. E il disamoramento del pubblico verso marchi iconici. Insomma, in prossimità del divorzio, emergono i difetti del coniuge. Si teme pure un secondo profit warning. D’improvviso, i prezzi sono troppo alti, le gamme si sovrappongono, non c’è chiara strategia. La palla passa al successore, che parte da una situazione delicatissima, indecifrabile.

Sic transit gloria mundi 

Così passa la gloria del mondo: come sono effimere le cose del mondo: la celebre locuzione in lingua latina è perfetta per Tavares. Ieri stava bene ai soci Stellantis, oggi no: manager coi difetti. Insuccessi seguiti a grandi trionfi. Intanto, il lusitano ha incassato attorno a 25 milioni di euro annui, più 100 milioni di euro di buonuscita. Una vittoria economica (ma avrebbe guadagnato molto di più restando in sella a un Gruppo che vendeva), una sconfitta per quanto riguarda il resto.

Occhio al valore

Il valore del 14% della holding Exor nel Gruppo Stellantis è ora di 5 miliardi di euro contro i 5,5 miliardi del pacchetto del 28% nella vecchia Fiat Chrysler. Attenzione: il valore di Ferrari in Exor è stato stimato a giugno 2024 in 16,9 miliardi. Ecco un altro elemento chiave per capire le dimissioni di Tavares.

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Due incontri decisivi

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Il 12 dicembre 2024, ci sarà un primo incontro a Torino fra i sindacati metalmeccanici e il responsabile Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato. 

Si attende il Tavolo al ministero delle Imprese con Stellantis il 17 dicembre 2024. I Tavoli precedenti sono stati tutti inutili, se non dannosi: dopo gli incontri, le relazioni peggioravano. Adesso, le cose dovrebbero cambiare. Di certo, il governo è deluso. Aveva messo sul piatto un miliardo di incentivi per avere un milione di auto l’anno fatte da Stellantis in Italia: si ritrova a mezzo milione di vetture, record storico negativo. Puntava alla gigafactory di Termoli, che resta nei sogni: se l’elettrico non si vende, una fabbrica di batterie è inutile. Non trova Gruppi cinesi che investano in Italia, la quale ha votato sì ai dazi Ue anti elettriche cinesi: Pechino non perdona. 

Pertanto, l’esecutivo ha eliminato i 4,6 miliardi del Fondo per l’auto previsto nella manovra. Restano 200 milioni del 2025 saranno integrati fino a 750 milioni o forse un miliardo: obiettivo, sostenere l’offerta, non la domanda. Troppa amarezza per gli ecobonus pro consumatori che non hanno portato a nulla di valido. 

Cosa potrebbe fare il nuovo ceo

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Se Stellantis desse priorità ai dirigenti interni, allora sarebbero scelti dirigenti che sono stati capaci di far notare a Tavares come avesse preso la strada sbagliata. 

Il futuro ceo potrebbe abbassare prezzi di tutti i modelli e in particolare quelli della Fiat se vuole una ripresa delle quote di mercato in Italia e in Europa.

Da rivedere urgentemente la situazione dello stabilimento di Mirafiori per la produzione dei marchi italiani.

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Da valutare la situazione di Pomigliano, Atessa, Cassino, Modena.

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Nessun paragone con Volkswagen

Fra le situazioni di Stellantis e VW non può esserci nessun confronto. Il primo – per spendere meno in Italia – o abbassa gli stipendi dei dipendenti o paga meno tasse. Ogni imprenditore andrà a produrre dove gli conviene. Nel caso, Marocco, Polonia, Serbia: è un suo diritto. Il governo italiano è fuori dai giochi: non è mai entrato nell’azionariato di FCA. Ha sborsato i quattrini della cassa, ma è un altro discorso. Poi qui da noi non ci sono elezioni politiche centrali in arrivo.

Invece, il governo tedesco è in parte azionista presso VW: la Bassa Sassonia è il Land azionista di riferimento di VW. E ci sono debiti con banche anche in mano a istituzioni pubbliche. Nelle vesti di capo del governo quanto di leader della Spd, il partito che guida la Bassa Sassonia, il cancelliere dice no ai licenziamenti. Elezioni imminenti per il rinnovo del Bundestag, e maggioranza terrorizzata dal voto. Il panico è tale che Olaf Scholz ha telefonato a Vladimir Putin, dopo averlo “severamente” punito non comprando più il gas di Mosca. Adesso, col costo dell’energia che distrugge Berlino, squilla il telefono nell’ex Urss: i teutonici chiamano. A questi livelli, il governo italiano non è arrivato, sebbene il problema Stellantis sia scottante.

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