Comprare di nuovo il gas dalla Russia per dare ossigeno all’auto europea

Ippolito Visconti Autore News Auto
Il gas – paradosso – che dà ossigeno a tutta l’industria e all’auto: l’idea si fa largo nell’Ue come soluzione per abbassare il costo dell’energia alle stelle che danneggia le Case auto e i consumatori.
gazprom gas

Problema numero uno delle Case auto in Europa, assieme alle multe Ue: il costo dell’energia. Allora, nell’Unione europea si fa largo l’idea di tornare a comprare il gas dalla Russia, dice il Financial Times. Il livello degli stoccaggi e lo stop al transito del gas russo in Ucraina hanno spinto al rialzo il prezzo del gas sui mercati. Nelle prime settimane di gennaio, intorno ai 50 euro al megawattora. Non si arresta la corsa del prezzo del gas: al TTF di Amsterdam, i future volano oltre quota 53 euro euro al megawattora, con un rialzo del 3,41%. Per capirne di più, vediamo cosa sta accadendo all’oro blu.

Stop al gas russo

Appena Putin invade l’Ucraina (febbraio 2022), l’Ue mette in atto misure per punire in modo severo e definitivo il leader russo: zero acquisti del gas, che si compra altrove. Risultato: prezzo del gas e dell’elettricità che si impenna in Europa, costo dell’energia mostruoso, industrie energivore nei guai. Anche le Case auto, che divorano energia. Così, se i costruttori spendono di più, le vetture hanno un prezzo superiore. Alla fine, il povero consumatore europeo ne esce con le ossa rotte. Già alle prese con vetture elettriche carissime e con rialzi generalizzati. Un massacro, perché ci sono anche i dazi Ue anti elettriche cinesi. In parallelo i Ceo fanno i conti: “In Italia il costo dell’energia è molto elevato, per esempio, è doppio rispetto a quello della Spagna, e questo è uno svantaggio notevole. Non so perché succeda, ma è un fattore che dobbiamo considerare“, dice l’allora ad Stellantis Tavares in Parlamento.

gazprom

Retromarcia

Con 50 mila posti di lavoro bruciati nel settore auto, con le incognite VW, la Germania auto in fiamme, e le vendite Stellantis in discesa, adesso qualcuno in Europa vuole fare retromarcia. Alcuni Paesi membri dell’Ue hanno proposto di aggiungere la ripresa delle forniture di gas russo all’Europa appena la guerra fra Russia e Ucraina sarà finita. Anche per merito di Trump. Il FT riferisce che tre funzionari informati sui colloqui hanno affermato come l’idea sia stata approvata da vari funzionari tedeschi e ungheresi, con il sostegno di altri Stati: sì alla riduzione dei costi energetici europei. Il gas – paradosso – che dà ossigeno a tutta l’industria e all’auto. Oltretutto, questo sarebbe un incentivo per Putin a chiudere il conflitto in fretta. Anche se va detto che il leader russo ha trovato mille soluzioni, fra cui un aumento delle vendite del gas alla Cina.

Europa orientale imbestialita

Ma, secondo il FT, la proposta di riprendere le importazioni di gas dalla Russia “ha fatto imbestialire i funzionari di Bruxelles dei Paesi dell’Europa orientale”. Motivo: hanno trascorso gli ultimi tre anni a lavorare per ridurre la quantità di energia russa importata in Europa. Inoltre, sollevare l’idea di riaprire i flussi di gas russo ha scatenato una reazione tra i più stretti alleati dell’Ucraina. Che quel dannato rubinetto del gas resti chiuso, questa la tesi.

gas gazprom

Confusione Ue

“Dobbiamo diventare indipendenti dal gas russo. Non possiamo fidarci di un fornitore che ci minaccia esplicitamente”, spiega il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando RePower Eu, il piano dell’Europa per sganciarsi progressivamente dai combustibili fossili di Mosca. Nel 2021, le importazioni di gas via tubo provenienti da Mosca rappresentavano il 40% del totale europeo. Nel 2023, l’8%. Ma è schizzata insù la quantità di gas naturale liquefatto che i Paesi Ue hanno acquistato dalla Russia. Un trend che sembra continuare ancora oggi. Con rigassificazione costosa e pericolosa per l’ambiente. Che caos. Se davvero l’Ue tornasse al gas russo, questo passerebbe per il gasdotto TurkStream che va dalla Russia alla Turchia attraverso il Mar Nero, con una capacità di 31,5 miliardi di metri cubi.

Qui si perde e qui si vince

L’Europa ha aumentato l’importazione da altri Paesi (per esempio dalla Norvegia e dall’Algeria) comprando più gas naturale liquefatto. Tra i fornitori di quest’ultimo c’è proprio la Russia. Gazprom (colosso statale russo dell’energia) ha chiuso il 2023 con un bilancio in rosso di 6,8 miliardi di dollari. Tuttavia, sale il Gnl da Mosca. Che qui guadagna.

Doppio dramma del gas

Oggi, Berlino continua a ricevere gas da Mosca: da Dunkerque, nel Nord della Francia. Il Financial Times dice che la compagnia energetica nazionale tedesca Sefe ha comprato 58 carichi di Gnl russo partiti dal terminal di Yamal, in Siberia, e giunti a Dunkerque, nel 2024, a fronte dei 10 acquistati nel 2023. Angelos Koutsis, responsabile della politica energetica presso il think-tank belga Bond Beter Leefmilieu: “La Germania ha proibito l’importazione di Gnl russo nei suoi porti. Ma le importazioni ufficialmente provenienti da Francia e Belgio sono in realtà composte in parte da gas russo”. Così, la terra teutonica “riceve ancora tra il 3 e il 9,2 percento del suo approvvigionamento di gas dalla Russia tramite altri Paesi”. Quindi, da una parte Germania e Ue dicono no; dall’altra l’oro blu russo arriva comunque. Forse, sarebbe opportuno fare tutto alla luce del Sole. Un disastro economico e sociale, con ricadute occupazionali tremende da parte del governo sinistroide uscente di Olaf Scholz: se ne riparla dopo le elezioni del 23 febbraio 2025. Ora 10 governi Ue stanno chiedendo a Bruxelles di includere anche il gas naturale liquefatto tra le sanzioni contro Mosca. A opporsi in maniera netta è soprattutto la Slovacchia, uno dei Paesi Ue ad oggi più dipendenti dal gas di Putin.

È sufficiente spendere di più

Trump vuole venderci il Gnl americano, molto più costoso del gas che arriva via tubo e che l’Italia importa da Algeria, Libia e Azerbaigian. Il tycoon va dritto al sodo: se l’Unione europea non comincia ad acquistare molto più Gnl americano, dovrà fare i conti con un’ondata di nuovi dazi.

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