Puntata numero mille della serie tv sulle multe Ue alle Case auto: Cina e Usa si godono lo spettacolo. Mentre la tecnocrazia di Bruxelles dice un sacco di cose, Pechino e Washington, armati di popcorn, osservano le capriole e giravolte dialettiche di Bruxelles sulle sanzioni ai costruttori. Pur di evitare 16 miliardi di ammende nel 2026 per sforamento della CO2 nel 2025, le aziende sono disposte a pagare le società cinesi e la statunitense Tesla: comprano crediti verdi per rispettare il Green Deal Ue sfruttando il meccanismo del pool con società che vendono tante macchine elettriche. Un pacco di miliardi di euro prendono la rotta del Celeste Impero e di quello di Trump.
Ma che fretta ci sarà mai?
Se Cina e Usa hanno già scelto su tutto in mezz’ora, con un processo decisionale iper veloce, l’Ue sta chiacchierando. Ursula von der Leyen analizzerà le istanze che il settore automobilistico presenterà al Dialogo strategico in programma da domani, 30 gennaio 2025. Poi arriveranno le raccomandazioni, quindi ci sarà il Trilogo, infine mille sotto Commissioni valuteranno il tutto, ci saranno votazioni. Servirebbe massima urgenza, e invece se ne ridiscuterà fra settimane. Se tutto va bene.
Qualcuno ha perso la bussola
Il presidente della Commissione europea, von der Leyen, durante la conferenza stampa sulla “Bussola per la competitività”, ha detto che deve esserci equità nel sistema, perché alcuni hanno già investito e hanno avuto successo nel soddisfare gli obiettivi. Ma anche la flessibilità e il pragmatismo necessari per risolvere un problema complesso. Cosa significa? Tradotto in soldoni, in multe, cosa vuol dire? La verità è che nel 2023 il 13,6% delle nuove immatricolazioni era elettrico: il circolante full electric è l’1,8% contro l’1,2% del 2022. In Italia, lo 0,5%. Pertanto, dal 2019 la montagna Green Deal ha partorito un topolino.
Ansia burocrazia
“Voglio sottolineare nuovamente che l’Europa sta mantenendo una rotta assolutamente necessaria sugli obiettivi del Green Deal europeo, della neutralità climatica entro il 2050 e del meno 55% entro il 2030”, evidenzia. Il target c’è, il mezzo per arrivarci no. “Questa transizione non è mai stata fatta prima e quindi dobbiamo anche essere flessibili e pragmatici e, quando vengono fuori nuovi elementi, dobbiamo essere in grado di adattarci. Come detto manteniamo la rotta, gli obiettivi restano, ma dobbiamo andare veloce e semplificare. Dobbiamo tagliare la burocrazia”. Ossia, l’apparato burocratico Ue deve eliminare la burocrazia che esso stesso ha creato. Per “colmare il gap dell’innovazione, accelerare sulla decorbanizzazione, ridurre le dipendenze energetiche”. Seguendo le indicazioni elaborare dall’ex presidente BCE Mario Draghi. “La Bussola della competitività trasforma le ottime raccomandazioni del rapporto Draghi in una roadmap. Ora abbiamo un piano. Abbiamo la volontà politica. Quello che conta è la velocità e l’unità. Il mondo non ci aspetta. Su questo sono d’accordo tutti gli Stati membri. Quindi, trasformiamo questo consenso in azione”. Era il 2019 quando il Green Deal vide la luce; dopo anni di percorso, ci si accorge a gennaio 2025 che le cose non vanno come sperato e che la burocrazia è un problema. Spiace, ma oggi Cina e Usa non hanno avversari, mentre per il futuro la partita sul campo automotive si annuncia ancora a senso unico: stravince Pechino con gli States che resistono. A differenza dell’Ue, Trump ha optato per la revoca delle politiche ambientali di Sleepy Joe: qui la strada è segnata, con la possibilità di tornare a essere competitivi.
Ue spaccata
Esiste poi il problema dell’Ue spaccata. Vedi i dazi anti auto cinesi. La Spagna s’è unita al fronte dei contrari guidato dalla Germania; l’Italia era a favore. Sulle multe, il governo Meloni era solo, visto che Berlino e Parigi sono stati in disparte. Siamo deboli innanzi a Pechino, che può infliggere colpi durissimi alle catene di approvvigionamento globali di nichel, dove controlla il 68% del processo di raffinazione, rame (attorno 40%), litio (59%) e cobalto (73%). Ossia i minerali per le batterie delle auto elettriche. Infine, l’apertura di Bruxelle agli e-fuel è un regalo alla Germania: l’Italia dei biocarburanti non viene né citata né presa in considerazione.