La tedesca ZF (fa componenti per l’industria dei trasporti) rinuncia al progetto di chip tedesco per auto elettriche, niente investimento da 185 milioni di dollari con la statunitense Wolfspeed nella fabbrica di Saarland (uno dei sedici Stati federati della Germania). Un’idea da 3 miliardi di dollari che non tira. Motivo: le vetture a batteria non le vuole nessuno, sono scomode. Gli europei chiedono macchine termiche a benzina (diesel se gli enti locali non crocifigessero il gasolio con limitazioni e multe). L’ennesimo schiaffo ai teorici del full electric che porta lavoro e benessere e alle loro fake.
Il fornitore ZF si ritira. Il ripensamento segue la decisione di Wolfspeed di stoppare tutto a causa di una domanda di semiconduttori più debole del previsto e dei dubbi sul fatto che il suo ingresso nel mercato europeo sarebbe stato utile: lo dice il quotidiano Handelsblatt. Quindi, tutti vedono con diffidenza la favola green Ue dell’auto elettrica. Sia in Europa sia negli Stati Uniti. D’altronde, anche Stellantis e Mercedes non ne vogliono sapere più niente, per ora, della Gigafactory di Termoli: a che serve una fabbrica di batterie per auto elettriche se le queste vetture non se le fila nessuno?
Il progetto è sull’orlo del collasso, a un millimetro dal baratro. Magari i tecnocrati Ue fannoi marcia indietro: zero vincoli durissimi sulle emissioni e niente bando 2035. Unica soluzione per la fuga dall’inferno elettrico, fatta di influencer social che contano bugie seminando fake news, fatta di disoccupazione, scioperi, tensioni sociali, con un 2025 che si annuncia drammatico per l’automotive. Vedi specie VW e Stellantis. In crisi per l’invasione cinese.
Dissidi interni
Come sempre, quando il denaro è alla base delle inquietudini, nascono i dissidi. L’elettrico porta solo sciagure di ogni tipo, con le batterie che fra l’altro inquinando nel ciclo vita uccidendo Madre Terra, alla faccia dei dogmi e delle ideologie sinistrorse dei politici green tedeschi, primi responsabili di questo epocale disastro Ue automotive industriale e sociale. ZF ha respinto le segnalazioni dei media secondo cui sarebbe stata responsabile del ritardo del progetto e ha rifiutato di commentare il suo presunto ritiro: “Wolfspeed è responsabile del progetto. ZF ha sempre fornito un supporto intensivo e attivo”, ha affermato un portavoce di ZF in una mail.
Tagli e disoccupazione, che incubo
Il ritmo lento della domanda di auto elettriche ha messo sotto pressione ZF, che ha annunciato piani per tagliare un quarto dei suoi 54.000 posti di lavoro in Germania entro il 2028. Abbassando le sue prospettive di profitto. Il profit warning riecheggia nel Vecchio Continente, come una marcia funebre, toccando Case, fornitori, componentistica. Wolfspeed ha annunciato i piani per l’impianto e un centro di ricerca e sviluppo a febbraio 2023. Ma i finanziamenti sono ancora in fase di ricerca: quale banca presta soldi a chi è alle prese con l’auto elettrica?
L’impianto non è stato completamente demolito: l’azienda è concentrata sull’aumento della produzione a New York dopo i tagli alla spesa in risposta alla debolezza dei mercati dei veicoli elettrici europei e statunitensi. Intel, che ha concordato quasi 10 miliardi di euro di sussidi con il governo tedesco, ha dichiarato il mese scorso che avrebbe ritardato di due anni la costruzione di un progetto nella Germania orientale, nell’ambito di piani di riduzione dei costi. Tutti tagliano, ritardano, aspettano, spaventati da questa crociata anti termico che trasforma ex giganti automotive come Berlino in capitali della paura.