Il futuro Ceo Stellantis avrà – come tutti i boss delle grosse Case – stipendio da favola e magari liquidazione da capogiro, ma dovrà rianimare un Gruppo in gravissima difficoltà, a due mesi dal drammatico profit warning, che preoccupa profondamente gli azionisti. Chi ne è all’altezza? Il nostro totonomi con quelli che noi reputiamo favoriti, elaborato sulla scorta di ricostruzioni della stampa (specie Reuters), mescolate con speculazioni borsistiche.
I magnifici 10
Uno: Richard Palmer. A decidere il Ceo, sarà un comitato speciale presieduto da Elkann, composto da diversi manager di primo piano e assistito da Richard Palmer, ex direttore finanziario di FCA (e di Stellantis), apprezzato da Sergio Marchionne: è ora Special Advisor del presidente e consulente dei dirigenti del comitato. A nostro avviso, proprio Palmer è il favorito.
Due: Mike Manley, già amministratore delegato di Fiat Chrysler. Ha molta familiarità con i marchi americani di Stellantis, tutti ereditati da FCA. Magari è l’uomo giusto affinché Jeep torni gallina dalle uova d’oro.
Tre: Antonio Filosa, attuale direttore operativo delle regioni Sud e Nord America. Italiano, è entrato a far parte del Gruppo Fiat nel 1999 e ha ricoperto diversi ruoli, in particolare in America Latina.
Quattro: Jean-Philippe Imparato, a capo dell’area Enlarged Europe e della divisione veicoli commerciali Stellantis Pro One. Durante il recente Salone dell’auto di Parigi ha respinto le speculazioni sul suo ottenimento del ruolo di ceo: “Non ho né l’esperienza né l’ambizione per fare quel lavoro”.
Cinque: Maxime Picat, responsabile acquisti e fornitori. L’ingegnere civile francese cinquantenne è entrato a far parte del produttore di Peugeot PSA nel 1998.
Sei: Doug Ostermann, attuale direttore finanziario. Ha avuto un ruolo chiave nella stipula di un ampio accordo di cooperazione con la cinese Leapmotor.
Sette: Luca de Meo, numero uno del Gruppo Renault. Da valutare eventuali clausole che bloccano tutto nel contratto tra il manager italiano e il gigante transalpino. Ha appena rinnovato per quattro anni.
Otto: José Muñoz, da poco nominato amministratore delegato Hyundai.
Nove: Edouard Peugeot, figlio dell’attuale membro del Cda di Stellantis Robert Peugeot. Tuttavia, una fonte vicina alla famiglia ha negato che si candiderebbe per il posto di CEO di Stellantis.
Dieci: un manager proveniente dal settore tecnologico. Come Benedetto Vigna in Ferrari: un ex dirigente del produttore di chip STMicroelectronics.
Fretta tremenda: poi tre scenari
Gli investitori pressano: prima si sceglie il capo, meglio è. L’incertezza generata dall’uscita di Tavares può danneggiare il titolo. Già martoriato. Una volta scelto il Ceo, gli scenari saranno tre.
Primo. Il capo fa da traghettatore, per preparare l’arrivo di de Meo, con la fusione fra Renault e Stellantis. Il trionfo dello Stato di Francia, che ha partecipazioni in entrambi i colossi. E che comanderà in Europa al posto della decrepita Germania, suicidatasi con i green sinistroidi. Da capire cosa ne pensi l’Antitrust. Normative anti cartello aggirabili con una sorta di consorzio.
Secondo. Ritocca qua e là la strategia di Tavares, più che altro migliorando i rapporti con governo e sindacati.
Terzo. Rivoluziona tutto con scelte drastiche, strizzando la galassia di 15 marchi (compreso quello del Dragone). In particolare:
unire i tre marchi che si sovrappongono e si cannibalizzano (ossia Fiat, Citroën e Opel), da unire con DS e Lancia;
creare un unico polo premium fatto da Alfa Romeo e Maserati;
rilanciare Peugeot;
scommettere ancora più forte su Leapmotor.