Che botta le tre richieste della cinese Dongfeng al premier Meloni

Ippolito Visconti Autore News Auto
La società controllata dallo Stato e dal Partito Comunista è molto esigente.
dongfeng

Alla fine, nelle mille trattative fra governo italiano e Case auto cinesi, ecco spuntare la Dongfeng, controllata dallo Stato e dal Partito Comunista. Il costruttore fa però tre richieste pesantissime al premier Meloni, dice il Corriere. Sulla scorta di queste condizioni richieste, di certo l’Italia si alzerà dal tavolo dicendo no.

Uno: zero extra dazi

Per iniziare, la cinese Dongfeng esige che il governo italiano si metta contro la Commissione Ue e dica no agli extra dazi europei sulle macchine elettriche importate da oltre la Grande Muraglia. Gli Stati voteranno fra poco, e Pechino desidera che le Case continuino a risultare ultra competitive nel Vecchio Continente, con prezzi bassissimi. Tali da devastare la concorrenza dei costruttori tradizionali. La Cina fa pressione pure sulla Germania: o dici no ai dazi, o io piazzo tasse sui tuoi prodotti e sulle vetture premium che vendi da noi.

Due: Huawei regina

La società di Wuhan (sì, quella dei pipistrelli e del coronavirus) pone il secondo paletto: la cinese Huawei (colosso tecnologico) dov’essere assoluta protagonista dello sviluppo delle telecomunicazioni italiane. Proprio quel gigante che Washington e Bruxelles non vogliono sentir nominare, in quanto avrebbe stretti legami con il Partito Comunista Cinese.

Tre: la mappa della tecnologia 

Ultimo ma non ultimo, Dongfeng vuole la mappatura della futura tecnologia in Italia per capire come cooperare nel modo migliore. O almeno così dice.

dongfeng

Stile DR

Comunque, Dongfeng vuole imitare l’italiana DR. Questa importa pezzi cinesi e li mette assieme in Italia (riscuotendo grande successo a livello di vendite, per i prezzi bassi). La Casa orientale vuole aprire centri di assemblaggio dei propri componenti fatti in Cina.

Palla al governo

Vedremo se e quando il governo italiano risponderà. Cerca di arrivare a 1,4 milioni di mezzi fatti in Italia, per tutelare l’occupazione automotive diretta e dell’indotto. La Cina, forte, ricca, aggressiva, tecnologicamente avanzata, serve come l’ossigeno. Posto che l’attuale esecutivo non ha colpe, avendo ereditato una situazione di crisi gravissima, non gli sta riuscendo nessuna mossa: è perdente anche in Ue contro la Germania sul ban termico 2035. Per l’auto in Italia erano, sono e saranno dolori.

L’Italia può fare poco

Lo strapotere politico ed economico della Cina è tale che l’Unione europea, spaventata e intimorita, s’è suicidata: bando termico 2035; distruzione dell’industria di auto a benzina e diesel in cui il Vecchio Continente dava lezioni a tutti; dipendenza totale verso la tecnologia elettrica del Dragone, le sue batterie per il full electric, le miniere di litio e cobalto controllate da Pechino nel mondo. Un processo di distruzione a oggi irreversibile, considerando che, pure dopo il voto “contro” dei cittadini Ue, la politica prosegue imperterrita sulla strada dell’eutanasia automotive senza consenso. In simile contesto, pare arduo che il governo italiano, debolissimo in Europa, possa mutare l’inerzia e ribaltare la partita da solo. Con la Verde Berlino impantanatasi nel suo ecologismo di facciata molto ipocrita: davvero pensano che le batterie da produrre e smaltire siano green?

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