Carlos Tavares è ormai da tempo sotto i riflettori. A portarcelo il ruolo assunto all’interno di Stellantis, di cui ricopre il ruolo di CEO almeno sino al 2025. La sua ambizione, chiaramente, è quella di conservare la prestigiosa carica che ricopre e, di conseguenza, il ricco appannaggio di cui gode. Per farlo, però, dovrà portare agli azionisti quanto aveva promesso in termini di risultati finanziari al termine dell’anno. Ovvero gli oltre sette miliardi di dividendi che aveva promesso. Una missione la quale, però, sembra sempre più complicata, alla luce dell’ultima semestrale del gruppo.
Carlos Antunes Tavares vive prevalentemente in Portogallo dove ha una fattoria in cui coltiva olive e produce vino Porto.
Carlos Tavares è indicato da molti come un vero e proprio tagliatore di teste. Ad essere in pericolo, al momento, è però proprio la sua testa. Tanti i nemici che reclamano per lui il trattamento che lo ha reso famoso. Nel folto novero si sono aggiunti negli ultimi giorni i sindacati statunitensi, che si dichiarano ormai pronti per lo sciopero generale.
Se UAW (United American Workers) non mostra alcuna remora di fronte all’idea di elevare il livello dello scontro, il CEO di Stellantis deve però guardarsi anche da altri non meno pericolosi avversari. In particolare i politici in particolare quelli italiani, che si trovano a fare i conti con le politiche di Stellantis. La casa, infatti, ormai da tempo conduce quello che in molti definiscono alla stregua di un vero e proprio ricatto. Non solo riduce la sua presenza in Italia, ma minaccia licenziamenti di massa al fine di ottenere nuovi finanziamenti. Un gioco del resto vecchio, che in Italia inizia a destare non poco fastidio.
Si tratta infatti di una politica che, in un Paese come il nostro, ove la disoccupazione continua a viaggiare su livelli elevati, non può che preoccupare l’esecutivo. Non a caso nel corso degli ultimi giorni è tornata a intensificarsi la pressione di Giorgia Meloni nei confronti di Stellantis. Una pressione tesa a spingere il marchio nato dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e PSA Group, a intensificare gli investimenti. Da questo orecchio, però, Tavares sembra non sentirci proprio.
Carlos Tavares, il supermanager da 36 milioni di euro
Carlos Tavares guadagna 36 milioni di euro. Si tratta di una cifra impressionante, sulla quale magari proprio la politica dovrebbe ragionare a fondo. E, soprattutto, metterla a confronto con le retribuzioni sempre più magre per i lavoratori. Quei lavoratori che, peraltro, si ritrovano ridotti al ruolo di pedine di scambio, nel gioco da lui condotto.
Nel periodo intercorso dalla sua nascita Stellantis ha tagliato circa il 15,5% del personale. La cifra è comprensiva di licenziamenti, pensionamenti e esodi incentivati con cifre fino a 300mila euro per chi accetta di lasciare il lavoro. Tra il dicembre del 2019 e quello del 2023 sono stati ben 47.500 i lavoratori caduti sotto la mannaia di Tavares.
In un Paese come l’Italia, ove la disoccupazione è ancora molto elevata, si tratta di una cifra imponente, anche se da dividere con altri. Tale da destare non poco dispetto tra i politici. Tavares, però, non sembra preoccuparsi molto delle sue implicazioni. Tanto da aver deciso di tagliare ancora. Sono infatti previsti 2.500 licenziamenti nello stabilimento del Michigan, cui si aggiungeranno i 3.500 esuberi negli stabilimenti italiani.
Un quadro cui va aggiunto il ricorso agli ammortizzatori sociali: a Mirafiori un migliaio di lavoratori sono in contratto di solidarietà fino a fine anno. Nel mese di luglio, inoltre, la maggior parte dei dipendenti è finita in “ferie forzate”, con lo stabilimento chiuso in anticipo. Un destino che accomuna non meno di 15mila lavoratori disseminati tra Melfi, Pomigliano, Cassino, Atessa e stabilimento Maserati di Modena. Tutti sottoposti a cassa integrazione, solidarietà e ferie, o definitivamente licenziati.
Ridurre i costi e massimizzare i profitti
Il gioco di Tavares sembra abbastanza scoperto: ridurre i costi e massimizzare i profitti. L’accusa arriva proprio dai sindacati statunitensi, ormai sul piede di guerra. Per farlo, ha già chiuso lo stabilimento di Grugliasco, che è stato messo in vendita e potrebbe finire nelle mani di Dongfeng.
Si tratta del resto della strategia con cui Tavares ha risanato Peugeot e che gli è valso l’enorme appannaggio di cui gode. I 36 milioni in questione, però, ora iniziano ad essere visti con grande fastidio. Se gli analisti finanziari ritengono tale appannaggio non congruo, i politici sembrano a loro volta insofferenti, considerato che le ricadute sociali delle sue decisioni potrebbero costare non pochi voti. Tanto da destare malumori praticamente nell’intero gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia.
La politica, però, potrebbe essere la minore delle sue preoccupazioni. In questo momento, infatti, il CEO di Stellantis deve far fronte soprattutto all’attacco dei sindacati. In particolare di quello condotto da UAW, che lo accusa ormai apertamente di non saper gestire il gruppo. E minaccia di scioperare per la violazione degli impegni assunti da Carlos Tavares. In particolare quelli relativi alla riapertura dello stabilimento Belvidere. Per la quale, tra l’altro, Stellantis ha ricevuto ben 300 milioni di dollari dal governo federale.
Tagli e contributi pubblici, però, non sembrano aver sortito grandi effetti, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti. Lo stesso CEO ha definito i risultati conseguiti nel primo semestre sul mercato statunitense alla stregua di umilianti.
Il futuro di Carlos Tavares dipende dagli USA
Il reddito operativo del gruppo, nel periodo in considerazione, è in effetti calato nell’ordine del 40%. Un risultato che sarebbe dovuto in particolare alle scarse prestazioni aziendali in Nord America. Le vendite di veicoli nella regione per i marchi principali di Stellantis, Ram e Jeep, sono diminuite di almeno un terzo dalla prima metà del 2019 allo stesso periodo di quest’anno. I dati, impietosi, sono stati pubblicati dalla società di ricerca Cox Automotive.
Si tratta di risultati talmente disastrosi da spingere gli analisti a chiedersi se la prossima testa tagliata sarà la sua. Anche perché non giustificherebbero uno stipendio che sembra assolutamente sproporzionato. Per capirlo basta in effetti metterlo a raffronto con quello dell’omologo di Renault, Luca di Meo, che deve “accontentarsi” di 5 milioni di euro.
Quella Renault in cui Tavares ha iniziato la sua ascesa e cui, stando alle indiscrezioni, vorrebbe tornare. Si stanno infatti infittendo le voci secondo le quali starebbe spingendo per la fusione fra Stellantis e Renault, (Forse dopo aver venduto Chrysler ai cinesi). Ne sortirebbe un maxigruppo globale che dovrebbe essere da lui guidato. Per avere qualche possibilità di condurre in porto il piano deve però risolvere la situazione negli Stati Uniti. Lo scontro coi sindacati locali, paradossalmente, vede in gioco proprio il suo futuro. Un paradosso di non poco conto, per un tagliatore di teste.