Carlos Tavares: i dazi UE un grave errore: fermeranno l’elettrificazione (che però è già ferma)

Dario Marchetti Autore
L’amministratore delegato di Stellantis si aggiunge al coro dei critici verso le tariffe aggiuntive sulle elettriche cinesi
Carlos Tavares

Di questo passo, i dazi UE sulle auto elettriche cinesi piaceranno solo alla Commissione Europea che li ha imposti. Al folto gruppo di coloro che si sono già espressi negativamente al riguardo, ora si va ad aggiungere anche l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares. È stato proprio lui a definire le tariffe aggiuntive che dovrebbero entrare in vigore il 31 ottobre alla stregua di un grave errore, anche se il termine è molto più colorito. La sostanza, comunque non cambia: se si pensa di fare il bene dell’industria automobilistica europea, la strada dello scontro commerciale con Pechino è la strada peggiore.

Carlos Tavares si scaglia contro l’UE, sulla questione dei dazi contro le auto elettriche cinesi

L’industria automobilistica sta vivendo un’era di grandi sconvolgimenti, causati soprattutto dal ruolo sempre più ampio assunto dai veicoli elettrici provenienti da Pechino. Se sino a qualche anno i grandi costruttori occidentali si davano di gomito, indicando le auto costruite in Cina, ora il clima generale è mutato completamente.

Carlos Tavares

A dimostrarlo sono le parole rilasciate da Jim Farley, il CEO di Ford, al ritorno da un viaggio in Cina, in visita ad alcuni stabilimenti locali. Secondo il numero uno dell’Ovale Blu, infatti, i cinesi sono molto più avanti da un punto di vista tecnologico rispetto al resto del mondo. Talmente avanti da rappresentare un pericolo esistenziale per la concorrenza.

Un messaggio che sembra essere stato recepito da più parti, se solo si prende come riferimento l’accoglienza riservata ai dazi UE da parte dei costruttori europei. Molti di loro, infatti, hanno capito che trincerarsi dietro il protezionismo, invece di accettare la sfida a viso aperto può al massimo rimandare la sconfitta, ma non certo evitarla. E stanno iniziando a lavorare per stabilire proficue collaborazioni con le case del gigante asiatico. In linea, del resto, con quanto affermato da Morgan Stanley, secondo cui proprio da queste partnership può arrivare il desiderato rilancio dell’auto elettrica.

Stellantis è uno dei marchi occidentali che stanno battendo questa strada. Lo sta facendo tramite l’alleanza con Leapmotor, vista come il grimaldello per avere un ruolo di spicco nell’affermazione della mobilità sostenibile in Europa. Non stupisce, di conseguenza, il giudizio lapidario emesso da Carlos Tavares nei confronti dei dazi UE cotrno le elettriche cinesi: un segnale di grande stupidità.

A cosa è dovuto il giudizio del numero uno di Stellantis?

Il giudizio durissimo di Tavares discende da una semplice constatazione: le tariffe aggiuntive avranno un solo risultato, quello di aumentare il prezzo medio della mobilità elettrica. Un errore clamoroso, in quanto precluderà le auto a emissioni zero alle classi popolari, fermandone l’espansione. Ovvero, andando nella direzione contraria a quella che la Commissione Europea afferma di perseguire.

Se l’Unione Europea auspica un parco veicoli meno o per nulla inquinante in un periodo di tempo relativamente breve, le decisioni improvvide assunte dai vertici continentali rischiano quindi di trasformarsi nel più clamoroso degli autogoal. Come del resto affermato da un numero crescente di dirigenti dell’automotive globale.

Sede Stellantis

L’amministratore delegato di Stellantis, in particolare, vede le tariffe alla stregua di una trappola. Un giudizio condiviso dai dirigenti di Mercedes, BMW e Volkswagen, i più direttamente interessati dalla questione, in quanto potrebbero a loro volta essere sanzionati in Cina. Ovvero sul loro mercato più importante, ove vendono circa un terzo della produzione.

Ora non resta che cercare di capire cosa potrà accadere da qui al 31 ottobre. La risposta della Cina, estremamente dura, è già arrivata, sotto forma di dazi a danno di produttori di auto e brandy. La speranza è che si tratti di un semplice avvertimento a non pensare che il mantenimento dei dai da parte dell’UE possa passare senza colpo ferire. Intanto, però, i giorni passano e le discussioni tra le controparti non sembrano fare passi avanti. Tanto che Bruxelles ha già rifiutato la proposta di fissare un prezzo minimo di 30mila euro in alternativa alle tariffe.

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