La cinese BYD intende invadere il pianeta vendendo all’estero 800.000 auto nel 2025, contro le 400.000 del 2024: un raddoppio spaventoso per il colosso di Shenzhen. Che con intelligenza estrema sforna anzitutto vetture termiche a benzina ibride plug-in, e poi elettriche, al di là delle fake news da influencer ecoinvasati i quali vedono elettrico ovunque. Il presidente Wang Chuanfu ha detto agli analisti di essere fiducioso che la redditività di BYD per veicolo supererà quella di Toyota quando raggiungerà le dimensioni del produttore giapponese, affermando che i controlli sui costi del Gruppo cinese sono migliori, riferisce la Reuters.
BYD evita con astuzia i dazi UE
L’UE ha piazzato dazi sulle elettriche Made in China e venduti in Europa: allora BYD farà le elettriche in Ungheria, Turchia e magari Germania. Full electric Made by China. Magari non le crea da zero, ma le assembla localmente, ha detto il suo presidente agli analisti. L’astuzia del Celeste Impero contro la tecnocrazia lenta del Vecchio Continente, alle prese con una crisi economica e automotive mai vista prima. In più, ciao ciao ai dazi con le ibride plug-in.
BYD, che ha venduto 417.204 unità all’estero nel 2024, prevede di vedere “un aumento sostanziale” della sua quota di mercato in Gran Bretagna (come tutti sanno non UE), che è “molto aperta” ai prodotti cinesi competitivi.
L’azienda vede anche “grandi opportunità” di crescere rapidamente nei paesi dell’America Latina e del Sud-Est asiatico, dove i governi e le persone sono amichevoli nei confronti dei marchi cinesi, ha detto.

UE, che problemi i rapporti coi politici
Insomma, restano complicati solo i rapporti UE-Cina. Con i governi all’estero che valutano o impongono tariffe sulle auto prodotte in Cina, BYD prevede di mantenere il suo vantaggio sui costi acquistando componenti chiave dal Regno di Mezzo e assemblando i veicoli nei mercati locali, senza specificare i paesi a cui si riferiva. Di certo, Italia tagliata fuori. Il governo Meloni ha detto sì ai dazi anti Cina, allineandosi alla Commissione di Ursula von der Leyen, e pertanto Pechino non investe da noi, ponendo fine ai sogni di gloria: 1,4 milioni di auto Made in Italy, di cui un milione da Stellantis. Forse, gireremo a quota 400.000: chissà se ci sarà un altro calo pauroso.
BYD guida l’armata del Dragone
BYD sta guidando una spinta all’estero da parte delle case automobilistiche cinesi, aprendo showroom in mercati dall’Australia alla Germania mentre cerca una tregua da una brutale guerra dei prezzi in patria. Wang ha detto l’anno scorso che BYD si aspetta che le esportazioni aiutino a rafforzare la redditività. La società continuerà a costruire fabbriche all’estero senza partner poiché ha abbondanti finanziamenti. In ballo una fabbrica in Brasile, il suo più grande mercato al di fuori della Cina, sebbene lo sviluppo sia stato colpito l’anno scorso da accuse di abusi sul lavoro. Poi Thailandia, Ungheria e Turchia. Inoltre, Wang ha affermato che BYD non ha intenzione di vendere in Canada e negli Stati Uniti a breve termine a causa degli sviluppi geopolitici. L’amministrazione Trump ha mantenuto dazi del 100% sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, così come il Canada. Un conto sono barriere serie e immediate del 100%; un altro conto tariffe basse, recuperabili nel tempo vendendo di più in UE.
Massima fiducia per costruire i sogni di Build Your Dreams
Wang ha detto agli analisti di essere fiducioso che la redditività di BYD per veicolo avrebbe superato quella di Toyota quando avesse raggiunto le dimensioni del produttore giapponese, affermando che il controllo dei costi di BYD era migliore. I nipponici sono i leader planetari a 10,8 milioni di veicoli nel 2024, mentre la Casa cinese ne ha consegnati 4,27 milioni. BYD, che quest’anno punta a vendere 5,5 milioni di unità, ha sconvolto il mercato automobilistico cinese lanciando modelli più convenienti, tra cui la sua berlina elettrica entry-level Seagull che viene venduta a meno di $ 10.000. Offre anche funzionalità di guida intelligenti senza costi aggiuntivi sulla maggior parte della sua gamma. BYD ha in programma di espandere il team che lavora su software intelligenti e componenti come i semiconduttori fino a 8.000 persone dalle attuali 5.000. Non ultimo, c’è il target che riguarda le tecnologie di guida intelligente a “prezzi accessibili” sul mercato globale nel 2026 o 2027. Accessibili a dire il vero vuol dire tutto e nulla, comunque non ci sarà da svenarsi.

Ma la spallata potrebbe arrivare se e quando scenderà in campo a livello planetario l’esercito di caricatori ultra veloci BYD che viaggiano al doppio dei Supercharger Tesla, in modo che il pieno di elettroni – in termini di rapidità e comodità – si avvicini al pieno di benzina e diesel. Parliamo di 400 chilometri di autonomia in soli 5 minuti. Testata con successo sulla nuova berlina Han L di BYD, questa tecnologia affronta direttamente uno degli ostacoli più significativi all’adozione diffusa dei veicoli elettrici: la praticità e la velocità di ricarica. Tale capacità pone BYD notevolmente al di sopra dei concorrenti, tra cui la rete Supercharger di Tesla, che attualmente aggiunge circa 275 chilometri in 15 minuti. Fra i vari traguardi, vendere più elettriche della Casa di Musk.
Integrazione verticale di BYD, enorme vantaggio
L’ampia integrazione verticale di BYD è uno dei suoi principali fattori di differenziazione. L’azienda crea e produce le proprie batterie, come la rivoluzionaria Blade Battery, che migliora sicurezza, longevità e densità energetica. La società ha ora un vantaggio in termini di costi rispetto ai rivali grazie a questa innovazione, che ha anche ridotto i costi di produzione e aumentato la sicurezza delle auto. Produce i propri motori elettrici, elettronica di potenza e sistemi di controllo dei veicoli, oltre a batterie e semiconduttori. L’azienda è rimasta protetta dalle interruzioni della catena di fornitura che hanno afflitto il più ampio settore automobilistico grazie alla sua capacità di produrre i propri semiconduttori. Le vendite sono state guidate da finanziamenti per la ricerca, incentivi finanziari per gli acquirenti di veicoli elettrici e una solida infrastruttura di ricarica.
Il progetto più ambizioso di BYD è la sua futura Gigafactory Zhengzhou, in Cina, di dimensioni totali di oltre 50 miglia quadrate, in fase di sviluppo in otto fasi. Si prevede che la produzione supererà 1,5 milioni di veicoli al termine dei lavori, grazie a 20.000 dipendenti per supportare la crescita. Il sito integrerà robotica basata sull’intelligenza artificiale, logistica intelligente e linee di produzione di batterie ad alta velocità. Questo stabilimento rivaleggerà con le Gigafactory di Tesla e stabilirà nuovi parametri di riferimento globali per l’efficienza della produzione di veicoli elettrici.
Ue sotto choc: BYD e altri cinesi troppo forti
La tecnocrazia UE – dopo le indagini sui sussidi a tutte le Case cinesi che hanno portato ai dazi – di recente ha acceso un faro su BYD per verificare se Shenzhen abbia ricevuto aiuti di Stato non consentiti per il suo stabilimento in Ungheria. L’anno scorso Bruxelles aveva già introdotto tariffe del 27% sulle auto elettriche cinesi per proteggere i produttori europei dalla concorrenza definita sleale, con Pechino che negava e rimandava al mittente: 007 orientali accertano sussidi europei a beneficio delle aziende locali, tali per cui piazzare dazi. I politici UE sono seccati anche perché la cinese Chery ha investito in Spagna, mentre Geely è in trattative con il governo polacco, e in parallelo CATL sta costruendo il suo più grande impianto europeo in Ungheria per le batterie delle auto elettriche. Tutto questo è dovuto al suicidio economico automotive del Green Deal 2019. Qui si sceglie la difesa passiva e perdente anziché l’attacco attivo e vincente: puntare su innovazione, semplificazione burocratica, investimenti in ricerca e politiche industriali lungimiranti.