BMW pressa il governo di sinistra della Germania: votare no ai dazi cinesi

Ippolito Visconti Autore News Auto
BMW esorta la Germania a votare contro i dazi Ue sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese.

Sebbene con estremo ritardo, i ceo delle Case si attivano per premere i politici di sinistra che hanno voluto il drammatico Green Deal: adesso BMW pressa il governo della Germania affinché voti contro i dazi Ue auto elettriche cinesi. Da una parte, un costruttore in difficoltà per l’invasione dei marchi del Dragone sia in Europa sia nel Paese della Grande Muraglia. Dall’altra, un esecutivo traballante, tenuto in piedi col vinavil, che giorno dopo giorno perde consenso elettorale a beneficio dei due estremi: destra e sinistra. Situazione analoga al governo di sinistra francese. Due esecutivi che tengono sotto scacco l’Ue: paradossale. La linea eco talebana s’è rivelata un disastro totale sia per Berlino sia per Bruxelles, con ricadute terrificanti a livello automotive, specie per VW: crollo delle vendite, aziende con l’incubo delle multe CO2 Ue, e in vista disoccupazione dilagante per società operanti nel settore e per l’indotto, con tensioni sociali mai viste. 

Ma quale astensione: su un po’ di coraggio e di chiarezza

Nel panico, il governo della Germania ha segnalato che intende astenersi. Non vota né sì né no. Una posizione oscura, equivoca, debole, un po’ sinistroide. Prima i Verdi hanno imposto l’elettrico, poi la Commissione Ue tanto influenzata per anni decide a favore dei dazi, e ora quella fazione politica si astiene. Mistero eco talebano. 

BMW sta facendo pressione su Berlino, unendosi a VW e Mercedes. Se vince il sì, la Cina piazza dazi sulle premium tedesche in vendita nell’ex Celeste Impero: sono dolori forti. Si dice addio a un mercato dalle potenzialità immense con la classe media e alta disposta a scucire tanti quattrini per comprare belle macchine potenti a benzina da esibire in pubblico. Ma dove lo trovi un mercato così? Dopo il suicidio elettrico in Europa, si scompare dal Paese del Dragone. Tempesta perfetta sulla Germania, coi sindacati dall’altra porta pronti a una guerra di religione pur di paralizzare le sforbiciate occupazionali. 

Zipse si sbilancia

“Ulteriori dazi danneggiano le aziende attive a livello globale in questo Paese e potrebbero provocare una disputa commerciale da cui nessuno guadagna – ha affermato il ceo di BMW Oliver Zipse -. Il governo tedesco dovrebbe quindi assumere una posizione chiara”. Perdipiù, Mini di BMW produce un’elettrica in Cina, soggetta ai dazi Ue, in una situazione pirandelliana e kafkiana.

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Quale futuro per i voti sui dazi

Gli Stati membri Ue si stanno preparando a votare il 4 ottobre 2024 per imporre dazi definitivi fino al 45 percento sui veicoli elettrici importati prodotti in Cina. O per bocciarli. Ci vorrebbe una maggioranza qualificata, ovvero 15 nazioni che rappresentano il 65 percento della popolazione del blocco, per bloccare le tasse. La Spagna vota no: da loro, i cinesi di SAIC (MG) potrebbero costruire fabbriche portando occupazione e quattrini. La Germania si astiene: mossa triste e grigia. Ma perché l’automotive teutonico ci tiene così tanto al no tedesco? Perché Berlino nell’Ue è la locomotiva che trascina e comanda: se dice no, allora i premier del Nord Europa andranno a ruota, come hanno sempre fatto. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron dovrebbero discutere delle tariffe a Berlino il 2 ottobre. 

Ricordiamo che tutto nasce da un’indagine Ue. La scoperta sarebbe questa: la Cina sovvenzionerebbe ingiustamente la sua industria dei veicoli elettrici. Pechino nega. E anzi indaga sulle merci in arrivo dall’Ue: sovvenzioni ingiuste del Vecchio Continente? Se si scoprisse di sì, ci sarebbero i controdazi cinesi. Senza dimenticare che il Dragone ha in mano batterie auto elettriche, minerali e componenti. Una guerra commerciale che vedrebbe soccombere l’Europa in breve tempo.

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