Blocco delle multe alle Case nel 2025: baraonda europea che fa male all’auto elettrica

Ippolito Visconti Autore News Auto
Prima o poi l’Ue dovrà prendere una decisione sull’auto elettrica, e non muoversi di un millimetro da lì.
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Per aiutare le Case, la Cina ci ha messo cinque minuti; per piazzare i dazi anti Dragone, gli Stati Uniti e il Canada hanno impiegato un quarto d’ora; invece su tutte le decisioni dell’Unione europea che riguardano le vetture elettriche restano mille incognite. Tutto questo stordisce i consumatori, disorienta le aziende, col risultato di fare del male alla stessa auto elettrica, gioiello di tecnologia che Bruxelles maltratta. Prima l’ha imposta nel 2035 e poi l’ha lasciata sola senza ecosistema tipo Tesla Supercharger, senza aiuti a domanda e offerta, senza scudo anti Dragone.

Cosa fa Teresa Ribera

Il neo vice presidente della Commissione europea con delega alla Competitività e alla Transizione pulita, Teresa Ribera, ha confermato che Bruxelles non valuta l’ipotesi di un rinvio della data del 2035 per il bando delle auto termiche. Ma considera la possibilità di risolvere il problema delle multe che scatteranno nel 2025 per le Case troppo inquinanti. Problema: in passato l’Ue diceva che non prendeva in esame la rivisitazione delle multe. Adesso sì. In questo modo, si contraddice. Tutto a discapito dell’auto elettrica. O si ha un obiettivo con cronoprogamma o è meglio cancellarlo. Tutta questa paura in prossimità delle tappe verso il target non fa bene a nessuno. Nella testa dei consumatori scatta la molla: “Tanto poi rivedono la legge”. E chissà che pure qualche costruttore sotto sotto ci faccia un pensierino.

Stop sanzioni

L’1 gennaio 2025, entreranno in vigore le sanzioni legate alla riduzione delle emissioni per le auto nuove: secondo la stima Acea (lobby costruttori), 15 miliardi di euro. “Il grande problema è come sostenere l’industria automobilistica europea in un processo di trasformazione già in corso e in una corsa industriale globale che è stata avviata anni fa. Servono strategie che permettano all’industria automobilistica di uscire da una situazione complicata, che tenga conto dell’ingresso nel mercato di produttori di Paesi terzi, evitando guerre commerciali ma garantendo al contempo la sostenibilità di un settore essenziale non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche di quello dell’innovazione”.

Perché il 4 dicembre 2024 si scopre tutto questo? La Cina era forte nel settore elettrico anche nel 2020. Attenzione a far passare messaggi errati, della serie: ah, non sapevamo che il Celeste Impero potesse scaricare a terra così tanta energia con il full electric.

Il rischio è scoprire, un dì, che i dazi Ue anti auto elettriche cinesi non servano a niente: i margini di profitti del Paese della Grande Muraglia sono tali da resistere a queste piccole ondate. Diversa la barriera del 100% di Usa e Canada.

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Che fa Ursula Von der Leyen 

La palla passa al capo: Ursula Von der Leyen. Forse, incontrerà i rappresentanti dell’industria per affrontare il piano europeo che riguarda il settore automotive. Così da discutere anche della possibilità di congelare le sanzioni che scatterebbero il 1° gennaio 2025. Domani, c’è il Consiglio europeo dei ministri dei Trasporti: l’Italia chiede la revisione anticipata del regolamento sulle emissioni. Il governo di Germania, Francia e Spagna, no. Pertanto, se la revisione ci fosse, ecco una seconda frattura interna all’Ue, dopo quella sui dazi. In vista del bando termico 2035, chissà a quanti altri capovolgimenti dovremo affrontare. A discapito dell’auto elettrica.

Il dubbio sul consenso elettorale

Non ultimo, occhio al dubbio che s’insinua fra i cittadini Ue. Quando le multe 2025 creavano consenso elettorale, queste non erano in discussione. Ora che la sinistra green traballa, di colpo si cambia strategia: a beneficio di chi? Dell’industria? Della Terra e dell’aria e delle acque? O dei voti da raccogliere alle successive elezioni? Che l’auto elettrica sia indispensabile per l’ambiente, non per le poltrone.

Le proposte dell’Italia

Primo. Il governo dell’Italia, ma non quelli di Germania e Francia, ritiene che per il 2025 si dovrebbero dispensare le Case auto dal pagare le multe previste dall’Ue in caso di mancato raggiungimento dei target fissati dai regolamenti europei: impongono una quota elettrica sulle vendite del 22%. Il timore è che la domanda insufficiente di veicoli ricaricabili spinga i costruttori a ridurre la produzione anche delle termiche per raggiungere l’obiettivo, con inevitabili conseguenze sui livelli occupazionali. 

Secondo. In coppia con la prima, nel non paper c’è la richiesta dell’Italia: anticipare al 2025 la clausola di revisione prevista nel regolamento che fissa il phase out al 2035, che permetterebbe nel 2026 di rivedere anche dal punto di vista tecnologico le norme. È un punto numero due che pare andare in parallelo con il punto numero uno. Bizzarro se solo la prima proposta fosse accolta. O il cronoprogramma verso l’elettrico è tutto giusto o è tutto sbagliato.

Il guaio delle batterie cinesi sulle auto europee

Non solo. Di recente, al Consiglio Ue ha parlato anche il vice presidente della Commissione Ue con delega alla Concorrenza, Margrethe Vestager: “L’industria automobilistica europea è di importanza strategica per l’Europa e sta attraversando una profonda trasformazione, mentre la concorrenza globale è sempre più impegnativa. Da parte della Commissione Ue stiamo seguendo la questione con estrema attenzione e con preoccupazione guardando ai recenti sviluppi dell’industria automobilistica e della produzione di batterie in Europa, sottolineando la necessità di assicurarsi che il settore in futuro continui a essere Made in Europe”. 

Quindi, si desidera l’auto elettrica Ue con batteria Ue e tutti i componenti Ue. Visto che la Cina ha in mano il 70% delle batterie (comandano BYD e CATL, ma ci sono anche altri competitor), resta da vedere come si potrà mai fare una macchina a corrente senza accumulatore Made in China

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