L’industria automobilistica punta ormai da tempo sulle batterie al litio metallico. Il motivo è da ricercare nel fatto che sono in effetti considerate le più promettenti tra quelle in fase di sviluppo. Un giudizio derivante da alcune caratteristiche di pregio, a partire da una densità molto elevata e dalla ricarica velocissima.
A fronte di queste peculiarità, hanno però anche un notevole limite, con cui occorre fare i conti. Le loro prestazioni perdono di efficacia in maniera molto rapida. Un limite il quale deve essere affrontato dai ricercatori al fine di bypassarlo, per poter rendere le batterie al litio metallico una soluzione realmente performante.
Un notevole prodotto in tal senso arriva ora dal Giappone. Sotto forma di uno studio condotto dall’Istituto Nazionale per la Scienza dei Materiali giapponese NIMS e da SoftBank Corporation. Andiamo quindi a vedere meglio di cosa si tratti e le prospettive che sembra dischiudere, almeno al momento.
Lo studio giapponese apre nuove prospettive per le batterie al litio metallico
Cercare di allungare il ciclo di vita delle batterie al litio metallico è ormai considerato un obbligo, se l’industria automobilistica intende realmente sfruttare questa soluzione. Tra le realtà che si sono adoperate per offrire risposte in tal senso c’è l’Istituto Nazionale per la Scienza dei Materiali giapponese NIMS, ormai da tempo attivo nelle ricerche relative alle batterie di prossima generazione.
I ricercatori del NIMS hanno trovato una preziosa sponda in SoftBank Corporation, multinazionale nota anche per il suo operato nel campo dei servizi e delle nuove tecnologie a 360 gradi. Dalla collaborazione intrapresa dalle due realtà nipponiche è scaturito un risultato di notevole spessore, ovvero un software che è stato indicato come rivoluzionario dagli stessi autori.
In pratica, NIMS e SoftBank hanno dato vita ad una serie di modelli matematici i quali sono in grado di prevedere la durata e il ciclo di vita di una batteria al litio metallico. Il software è infatti in grado di analizzare nel dettaglio le informazioni provenienti dalla batteria, riuscendo inoltre a sfruttare anche metodi di autoapprendimento al fine di precisare il suo raggio d’azione con il trascorrere del tempo.
Quali sono i dati sfruttati dal software?
Nella conduzione della propria analisi, il software fa leva su una lunga serie di informazioni e dati. Tra quelle processate, spiccano proprio quelle relative alla ricarica della batteria. Non solo la velocità con cui avviene l’operazione, ma anche la frequenza, le percentuali conseguite dal prodotto, gli sbalzi di corrente, la tensione e il comportamento messo in atto dalle singole celle nel corso della ricezione e del rilascio di energia.
Nel preciso intento di conseguire il pieno controllo dei processi di analisi, la squadra formata da ingegneri e tecnici delle due realtà impegnate si è impegnata nella costruzione interna di numerose celle al litio metallico caratterizzate da una densità di 300 Wh/kg. Per riuscire a produrle ha optato per l’utilizzazione di metodi estremamente avanzati. In particolare, ha deciso di dare luogo ad un abbinamento tra un anodo al litio metallico e un catodo caratterizzato dalla forte presenza di nichel.
I risultati della ricerca sono molto promettenti
Il risultato che ne è scaturito si è dimostrato estremamente promettente. Nel corso delle prime rilevazioni effettuate in laboratorio, infatti, il software ha dimostrato grande accuratezza nella fase di diagnosi delle singole perdite di prestazioni, in tutti i cicli di carica e scarico.
Naturalmente il lavoro si trova ancora in una fase interlocutoria. In particolare, i ricercatori dovranno ora attivarsi al fine di aumentare l’accuratezza delle diagnosi. Inoltre, dovranno riuscire a comprendere il modo più performante per sfruttare nella maniera più congrua le indicazioni fornite dai computer. In tal modo sarà possibile precisare le pratiche più idonee per riuscire preservare la salute delle batterie al litio metallico. Aprendo la strada, in tal modo, ad una limitazione del loro degrado e, naturalmente, ad un allungamento del loro ciclo di vita.
Un tema su cui, del resto, stanno lavorando in molti, in ogni parte del globo. A partire dai ricercatori del laboratorio Vilas Pol Energy Research della Purdue University (ViPER), i quali nel passato mese di marzo hanno adottato un approccio diverso nell’intento di dare risposte alla questione del degrado. Hanno infatti deciso di proteggere l’anodo lavorando sulla composizione dell’elettrolita.
Su questa strada hanno scoperto che utilizzando etere isopropilico altamente non polare come solvente elettrolitico è possibile garantire il corretto funzionamento di una batteria al litio metallico anche a tensioni tali da renderla adatta per diversi scopi industriali e commerciali. Il risultato è stato effettivamente notevole, se si pensa che per tale via è possibile produrre una batteria provvista di densità energetica superiore del 40% rispetto a un tradizionale accumulatore agli ioni di litio.