Il Garante della concorrenza appioppa una multa di 6 milioni di euro al Gruppo DR: nelle comunicazioni commerciali, per l’Antitrust, la Casa ha indicato in modo ingannevole l’Italia anziché la Cina come luogo di produzione delle vetture commercializzate con i marchi DR ed EVO. Si tratta invece, dice l’authority, di veicoli prodotti in Cina, salvo marginali interventi di rifinitura e di completamento. Occhio: la pratica ingannevole è coincisa con un periodo di forte aumento delle vendite delle DR ed EVO sul mercato italiano.
Inoltre, insieme alla controllata DR Service & Parts S.r.l., DR non ha garantito un adeguato rifornimento dei pezzi di ricambio né opportuna assistenza post vendita. Il problema non è l’ammenda ma l’immagine: un duro colpo per la Casa italiana dell’imprenditore Massimo Di Risio, le cui vendite nel nostro Paese vanno forte.
Ci sarebbe, accusa l’Antitrust, un ostacolo all’esercizio dei diritti dei consumatori, compreso il diritto di ottenere la riparazione dell’auto e un’adeguata assistenza post-vendita. Anche nell’ambito della garanzia legale di conformità del prodotto acquistato. L’Autorità ha deliberato che le due società, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, comunichino le iniziative intraprese per far cessare queste condotte illecite.
Il claim pubblicitario che recitava “DR, una storia italiana” c’entra qualcosa? Misteri. In un momento di massima incertezza, con l’Ue che teme l’invasione cinese.
Per Massimo Di Risio è una multa “incredibile”
“Incredibile – dice il capo Massimo Di Risio -. Contestiamo in toto il provvedimento Antitrust che ci accingiamo a impugnare, fiduciosi di un totale ribaltamento. L’azienda è solida e in grado di sostenere anche una eventuale, quanto improbabile, conferma della sanzione. Continuiamo a correre, così come siamo abituati a fare”. Nel corso del procedimento, sostiene la Casa, “DR ha offerto la massima disponibilità, proponendo impegni tangibili volti a rimediare alle preoccupazioni espresse dall’autorità, che però non sono stati accettati da quest’ultima”.
Ecco il cuore del problema: la delocalizzazione in Estremo Oriente di parte della produzione delle vetture (pratica comune nel settore automotive) commercializzate da DR non è mai stata celata al pubblico, dice DR. Lo testimonierebbero numerosi articoli di stampa e servizi televisivi, nonché le informazioni divulgate attraverso i canali ufficiali web e social del gruppo. E le campagne advertising non hanno “mai inteso pubblicizzare una pretesa integrale fabbricazione delle auto in Italia”. Unico obiettivo: “sottolineare il forte legame del gruppo automobilistico con il nostro Paese e la regione Molise sotto il profilo proprietario e storico”. A Macchia d’Isernia ci sono attività “di ricerca e sviluppo, design, progettazione, aggiunta di funzionalità, rifinitura e completamento delle vetture commercializzate”, evidenzia la nota.
Comunque, DR vuole accrescere le fasi di lavorazioni in Italia, ampliando il proprio polo industriale di Macchia d’Isernia con un nuovo stabilimento produttivo, nella prospettiva dello sviluppo di nuovi modelli, anche elettrici.
E i ricambi in ritardo?
Seconda questione. Per DR, c’era la “indisponibilità oggettiva di alcuni pezzi di ricambio a causa” dei guai alla catena di approvvigionamento del settore automotive avvenuta nel periodo post pandemico. “Ormai in fase di assorbimento, come provano i dati registrati dal gruppo già dal 2023 e migliorati nel primo trimestre del 2024”: tempi medi di consegna dei pezzi di ricambio di poco superiori ai due giorni.
DR ricorre. Saranno i giudici a stabilire il vero, in primo e magari in secondo grado. Come si diceva all’inizio, non tanto per i sei milioni di euro, quanto per l’immagine.
Davide Galli (Federcarrozzieri): “Problemi anche sul fronte delle informazioni tecniche”
Per Davide Galli (Federcarrozzieri), la multa Antitrust conferma i gravi ritardi riscontrati dalle carrozzerie italiane sul fronte dei pezzi di ricambio delle vetture a marchio DR ed EVO. “Problemi anche sul fronte delle informazioni tecniche e della formazione degli operatori presso le officine, a causa di carenze da parte della Casa madre”.
Attenzione alle parole molto importanti di Galli su Case cinesi e auto cinesi nel nostro Paese: “Criticità che stanno aumentando in Italia, come conseguenza dell’arrivo sul mercato di nuovi marchi automobilistici privi di storicità e di una adeguata rete di assistenza post-vendita”.
Frasi, quelle di Galli, dal peso specifico notevole. Il cliente vuole pagare poco per un’auto che vada bene. E poi vuole che l’auto, dopo un sinistro, sia riparata bene e a regola d’arte. Ma se la Casa madre mette il bastone fra le ruote dei riparatori validi, allora il problema si ingrossa.
Video nel mirino dell’Antitrust
L’accusa del Garante? DR Automobiles, attraverso il video promozionale delle vetture a marchio DR pubblicato nel dicembre 2021 (“Ecco dove e come nascono le automobili di DR Automobiles”), ha veicolato ai consumatori in maniera diretta un messaggio: che le auto fossero fabbricate interamente in Italia.
Nel video, infatti, vi è una forte enfasi (già nel titolo) sul legame tra il marchio DR e la Regione Molise attraverso un mix di testi (letti da voci fuori campo). E con una lunga sequenza di immagini, riguardanti non solo i luoghi più rappresentativi del territorio molisano. Ma soprattutto una catena di montaggio delle vetture all’interno di capannoni industriali. Queste immagini raffigurano le auto nelle diverse fasi di costruzione, sin dalla fase iniziale di saldatura delle lamiere. Nella parte finale del video si vedono le autovetture “finite”, allineate nei piazzali antistanti i capannoni di DR vicino a Isernia. Il video è, inoltre, accompagnato da voci fuori campo che usano espressioni esplicite e enfatiche tra cui: “auto che arrivano da un posto che non esiste, e invece esiste”; “questo facciamo qui, ogni santo giorno”; “questo è il Molise, queste sono le nostre auto e la nostra è una storia italiana”.
Il Garante accusa
Durante la diffusione sui vari canali del richiamato video promozionale, il Professionista ha diffuso, inoltre, un comunicato stampa dal titolo “Una storia italiana. DR Automobiles Groupe lancia una campagna istituzionale con un 60” che racconta dove e come nascono le proprie automobili”. Nel quale veniva enfatizzato il legame con il Molise e, più in generale, con l’Italia attraverso un “racconto che porta il telespettatore all’interno dell’headquarter della DR Automobiles Groupe, a Macchia d’Isernia. La macchina da presa è entrata nel centro ricerca e sviluppo, nel centro stile, nello stabilimento di produzione e negli uffici commerciali, per mostrare a tutti come nascono le automobili DR ed EVO e come tutti coloro che sono artefici di questa meravigliosa storia siano orgogliosamente molisani, orgogliosamente italiani. Il racconto infatti termina con il tricolore stilizzato e il pay-off una storia italiana”.
Il video è accompagnato da voci fuori campo che usano espressioni esplicite e enfatiche di ringraziamento e tributo all’Italia e all’italianità. Come “se poteste parlare all’Italia, cosa le direste?”, “a noi basterebbe una sola parola, grazie”, “per la cultura che è sempre parte della nostra essenza”, “ma ancor di più ringraziamo voi che sapete come rendere unico questo paese”, “voi che continuate a far sì che il passato sia ancora presente”, “voi che sapete come prendervene cura”.
Grazie Italia
E “voi che date forma al futuro”, “voi che scegliete in maniera intelligente e proprio per questo in migliaia avete scelto una nostra automobile”, “Grazie Italia”. Il video, che ha lo scopo precipuo di rafforzare il messaggio dell’esistenza di un legame diretto tra la fabbricazione delle automobili DR ed il territorio italiano e le sue lavorazioni più tipiche e rappresentative, termina con il logo della DR unitamente al tricolore e alla dicitura “una storia italiana”.
Quei tricolori dell’Italia che non convincono il Garante
Alle modalità di promozione basate sull’italianità, devono certamente aggiungersi gli espliciti riferimenti all’origine italiana operati da DR sia attraverso l’uso del tricolore che accompagna i marchi DR ed EVO, sia attraverso l’utilizzo di claim quali “una storia italiana” ripresi anche tramite la pagina delle ricerche di Google. Inoltre, riferimenti espliciti all’origine italiana delle autovetture DR ed EVO sono stati rilevati nei messaggi promozionali veicolati a mezzo stampa, attraverso tabelloni pubblicitari stradali, nonché attraverso la rete di concessionarie.