Cosa deve fare la Cina per invadere l’Europa con le sue auto elettriche? Niente. Solo sedersi sulla riva del fiume e attendere che il Vecchio Continente combini pasticci. La più recente sciocchezza commessa in Ue riguarda le terre rare. Ossia 17 minerali che sono la chiave per i magneti ad alte prestazioni dei motori delle vetture a batteria. E per l’energia eolica. Definiti con l’acronimo REE (Rare Earth Elements), ecco i metalli presenti nella tavola periodica degli elementi chimici, con colori dal grigio all’argento: scandio (Sc) e ittrio (Y ), lantanidi. In ordine: lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu). Hanno proprietà magnetiche e conduttive notevolissime: pertanto, sono preziose come l’ossigeno nell’industria elettronica, tecnologica, aeronautica, militare e, appunto, automotive. Le trovi nelle batterie delle auto elettriche, negli smartphone, nei touchscreen, negli hard disk dei computer. Nonché nelle fibre ottiche e laser, nelle batterie per le auto elettriche.
Cina imperiale nelle terre rare
Come riporta la Reuters, bisogna fare un passo indietro nel tempo, a 40 anni fa: all’epoca, un impianto di lavorazione delle terre rare sulla costa atlantica francese era uno dei più grandi al mondo. Produceva materiali utilizzati per realizzare televisori a colori e obiettivi fotografici. Il suo attuale proprietario, Solvay, tenta adesso di riportare l’impianto di La Rochelle al suo antico splendore dopo anni di funzionamento a scartamento ridotto. L’Europa in generale cerca di aumentare la produzione dei minerali che alimentano la transizione energetica verde. Ma, da 25 anni in qua, la Cina comanda: la massiccia migrazione della lavorazione delle terre rare verso Pechino è inarrestabile. Il Dragone possiede un terzo delle riserve mondiali di terre rare (44 milioni di tonnellate cubiche) e il primato della loro produzione raggiungendone il 60%.
Terre rare: Europa ko, Cina dominante
Il Dragone produce le terre rare a prezzi inferiori rispetto all’Occidente, aiutata dal sostegno del governo. L’Ue fornisce 4.000 tonnellate all’anno di ossidi di terre rare separati, contro 298.000 tonnellate pompate dalla Cina nel 2023.
I target Ue sono, al solito, bellissimi. La loro realizzazione un miraggio. Restano un mistero gli strumenti per arrivare a realizzare il progetto. Entro il 2030, per la produzione interna dei minerali critici necessari per la transizione verde, si mira nel Vecchio Continente al 10% del fabbisogno annuale estratto, col 25% riciclato e il 40% lavorato a livello nazionale entro la fine del 2019. Si prevede che la domanda dell’Ue aumenti nel decennio sette volte entro il 2050. Dirigenti del settore, consulenti, gruppi industriali e investitori hanno un’idea precisa: Cina sempre più forte nelle terre rare, Europa che arranca.
L’alibi ecologico dei perdenti
Ci sarebbe l’eterno alibi dei perdenti: siccome la Cina può inquinare liberamente, allora ha un’industria forte in fatto di auto elettriche, batterie, terre rare e quant’altro. Se così fosse, l’Ue non dovrebbe tirarsi la zappa sui piedi castrando le proprie aziende e risorse, non dovrebbe penalizzare le proprie società e i propri cittadini, ma combattere un battaglia a viso aperto contro la nazione della Grande Muraglia. L’eventuale nemico è esterno, non interno. È un’Unione europea, dove per Unione si intende la capacità e la volontà di aiutare a perseguire anche obiettivi industriali, sostenendo specie chi è più in difficoltà.
Se sai che i grandi inquinatori sono di gran lunga India, Cina e Usa, perché tu Ue ti accanisci contro aziende e cittadini Ue? Più della metà delle emissioni di CO2 arriva da quei tre Paesi (fonte Global Carbon Atlas). Col bando alle termiche cosa risolvi? Nulla. Anzi, fai peggiorare le cose, sotto il profilo industriale e ambientale, subendo l’invasione dei cinesi. I quali a livello globale generano 10.668 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica (MtCO2), pari al 30,9% delle emissioni totali.
Tre fasi per le terre rare
Esistono tre step nella catena di approvvigionamento delle terre rare prima che i magneti permanenti possano essere prodotti: estrazione, separazione degli elementi e produzione di metalli o leghe. Quali ostacoli?
1) L’opposizione pubblica alle nuove miniere.
2) Il cauto sostegno da parte dell’industria europea che beneficia delle importazioni cinesi a basso costo.
3) I finanziamenti limitati.
4) La domanda incerta poiché la crescita delle vendite di veicoli elettrici vacilla.
Giacimenti non sfruttati dall’Ue
Paradosso: il continente europeo dispone di ricchi giacimenti di terre rare, ma attualmente non c’è nessuna attività estrattiva. Sulla carta, esisterebbe il progetto Norra Karr nella Svezia meridionale. Problema: tutto paralizzato da 10 anni. L’opposizione degli ambientalisti di sinistra ferma tutto: la produzione delle terre rare, dicono, inquina il globo terracqueo. Senza autorizzazioni ambientali del governo del Paese scandinavo, non parte niente. Idem il progetto di estrazione di terre rare a Sokli in Finlandia: servono la valutazione dell’impatto ambientale e l’autorizzazione dell’esecutivo. Si arriverà belli dritti spediti e filati al 2030, anno in cui la Cina sarà diventata ancora più gigantesca in materia di terre rare.
Non si fanno soldi con le terre rare
Persiste il guaio del dio denaro legato alle terre rare: oggi, in Europa, il loro prezzi sta crollando. Quindi investire quattrini in questi minerali non è redditizio. Servirebbe un duplice sostegno: da parte dell’Ue e dei singoli governi alle aziende private per estrazione e lavorazione di quel bene così prezioso ai fini delle auto elettriche. Ma non arriva un euro. Come per le vetture a batteria: incentivi finiti. Risultato: la Cina stra forte nella produzione di macchine a corrente, di batterie, di terre rare. Ue che mette al bando il termico nel 2035, e Dragone che ringrazia, incassa e festeggia. Coi dazi Ue anti cinesi che fanno il solletico alle aziende orientali: si rifaranno vendendo più veicoli. Un boomerang che solo un masochista poteva partorire.
L’eccezione: aziende europee con attività in Cina
Per sfuggire alle negatività che fanno perdere in Ue, alcune aziende europee nel campo delle terre rare hanno attività in Cina, dove si respira aria di vittoria. Sono società spesso che hanno joint venture con aziende locali. Come la Neo Performance Materials. Ha un impianto per la separazione delle terre rare in Estonia: capacità annua fino a 2.000 tonnellate nel 2027, abbastanza magneti per alimentare 1,5 milioni di veicoli elettrici. Magneti che costicchiano: 300 dollari per auto, fino alla metà del valore del motore. Permane così lo spettro di un’Europa imbranata che fa un piacere via l’altro a Xi Jinping. Il numero uno cinese osserva, sorride e passa all’incasso.