Auto elettrica europea, qui crolla tutto assieme a Francia e Germania

Ippolito Visconti Autore News Auto
Situazione delicatissima in Francia e Germania, con possibili ripercussioni sull’auto elettrica.
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Le due stampelle alla vecchia Commissione Ue erano Francia e Germania, specie per il bando termico 2035, ossia per l’auto elettrica. Gioiello tecnologico fatto nascere e crescere malissimo da Bruxelles: senza colonnine, incentivi lato domanda e offerta, protezione dei livelli occupazionali e anti invasione cinese. Non per nulla, il francese Thierry Breton è stato commissario europeo per il mercato interno e i servizi dal 2019 al 2024. Mentre è tedesca Ursula Gertrud Albrecht, coniugata von der Leyen, che parla la stessa lingua di chi comanda in Europa: il 18 luglio 2024 è stata confermata nella carica di presidente della Commissione Ue. Decisivi i teutonici, in questo senso. 

Tragedia sinistroide in Francia

Tutto è filato liscio per anni, fin quando l’elettorato non ne ha potuto più delle politiche green in Francia e Germania: un bluff che non migliora l’ambiente e causa disoccupazione, nonché tensioni sociali. L’intento dei politici di sinistra in terra transalpina e teutonica era – s’intende – spingere l’auto elettrica e salvare Terra e umanità; non certo occupare poltrone d’oro a Bruxelles. Nelle scorse settimane, la situazione è precipitata. 

In Francia, il governo di Michel Barnier è caduto. Parigi precipita nella crisi e nel caos finanziario, col presidente Macron che è stato un fallimento dall’inizio alla fine. D’altronde, non c’era una maggioranza assoluta da quando l’ineffabile Emmanuel aveva sciolto il Parlamento il 9 giugno, la sera della sconfitta alle Europee. Tanta insistenza per restare attaccato alla seggiola lì, nella patria dei Galli, e per influenzare le decisioni in Ue. 

Povera auto in Germania

L’esecutivo iper green, con maggioranza semaforica (ultimamente c’era dentro di tutto), fanatico fautore dell’elettrico a ogni costo, s’è suicidato. Le punizioni a Putin per la guerra in Ucraina, col no di Berlino al gas di Mosca, sono una delle mosse più masochistiche della sinistra nella storia dell’uomo. La crisi energetica ha devastato l’auto, VW, l’indotto della mobilità. Acciaierie, stabilimenti chimici, cartiere: quella fame immensa di energia s’è trasformata in disoccupazione. In parallelo, sì al reddito di cittadinanza ancora più forte. Il 23 febbraio 2025 si vota: il nuovo cancelliere potrebbe essere il cristianodemocratico Merz, in coalizione con i socialdemocratici di Scholz, con cui litigherà prestissimo. Il Bundestag sarà frazionato così tanto da non riuscire a fare un disegno legge.

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Commissione Ue: auto elettrica in bilico

La scricchiolante Commissione Ue, nata dopo litigi pesanti per settimane, riceverà un’ulteriore spallata dalle crisi dei governi di Francia e Germania: auto elettrica davvero a rischio. Teresa Ribera, commissario alla transizione pulita indicata dal governo socialista di Madrid, ha un nemico in casa: la componente iberica del Ppe. Che punta a una retromarcia sull’elettrico. Il vice presidente esecutivo e numero 2 di von der Leyen qualche giorno fa diceva: andiamo avanti col bando alle auto a benzina e diesel previsto per il 2035. “Nessuno sta prendendo in considerazione la modifica delle scadenze”. Ma adesso che le due stampelle, Francia e Germania, vengono meno, il problema diverrà gravissimo. C’è già una spia: favorire i carburanti e-fuel (un favore alla Germania), insistere coi dazi alla Cina (un favore alla Francia), congelare dal 2025 le sanzioni per le Case automobilistiche che non si adeguano agli standard per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. Eliminare cioè una tappa del cronoprogramma verso il full electric. È l’antipasto.

Data fatale

Qualcuno l’11 dicembre 2024 presenterà un position paper per chiedere all’Ue di revocare il divieto dei motori a combustione a partire dal 2035. Chi? Il Ppe, la prima famiglia politica europea a cui la stessa von der Leyen appartiene. La Commissione Ue e la comunità del Vecchio Continente sono così dilaniate da fratture scomposte, che a prendere la scossa potrebbe essere proprio l’auto elettrica. Le cose non dovevano andare così: la moderna tecnologia automotive andava curata e protetta, anzitutto dai cinesi. Non basta sventolare qualche bandiera arcobalenica affinché l’elettrico s’imponga. Alla fine, a demolire il Green Deal non saranno gli amanti delle auto a nafta né la destra: saranno gli stessi creatori a implodere.

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