In Europa l’auto elettrica non la vuole nessuno: ecco perché il produttore di batterie cinese Svolt abbandonerà il mercato del Vecchio Continente il 31 gennaio 2025, e cancellerà i progetti d’insediamento industriale. Tutti licenziati i dipendenti. Zero fabbriche di batterie a Überherrn e Heusweile, nel land tedesco del Saarland nei prossimi mesi. Non c’è presente né futuro per l’elettrico qui. Alla facciaccia degli influencer green pagati da qualcuno per raccontare la favoletta dei posti di lavoro creati dalla Cina al posto di quelli eliminati dalle Case occidentali.
Il full electric imposto dalla politica dietro la spinta di gruppi di potere è una sciagura per l’occupazione: se e quando funzionerà, sarà il consumatore a stabilirlo, unico vero re del pianeta in un libero mercato con libera concorrenza moderna. No agli anziani parrucconi tecnocrati che spingono per tecnologie improponibili da noi. Tesla col suo ecosistema di Supercharger e Paese del Dragone sono un discorso a parte. Dovrebbero vergognarsi lorsignori, smetterla di narrare panzane deleterie, chiedere scusa con l’elettrico in Ue e fare retromarcia con un minimo di dignità.
Domanda flop dell’auto elettrica
La decisione è stata presa da Svolt dopo aver valutato l’andamento della domanda di auto elettriche e, soprattutto, un’evoluzione al di sotto delle aspettative aziendali. Inoltre, la Germania verde sinistroide è in fiamme: disoccupazione VW, tensioni sociali, elettrico detestato. La Cina cerca nazioni dove si possa fare business, non dove regni la confusione. Bel colpo dei green teutonici che, dopo aver devastato l’industria auto, fanno scappare a gambe levate gli unici coi quattrini freschi da investire. Negli scorsi mesi, le avvisaglie: lo stop di un altro progetto di gigafactory a Lauchhammer, nel Brandeburgo. Inoltre, BMW non ha rinnovato il contratto di fornitura al produttore. Pertanto, se non si vendono auto elettriche, le Gigafactory sono inutili: vedi Termoli di Stellantis, vedi Northvolt.
Tragedia elettrica
Il dramma elettrico in Ue, come abbiamo da sempre previsto noi, si manifesta traumatizzando la vecchia politica europea di sinistra oltranzista, abituata a vincere facile da un ventennio nel Vecchio Continente, ma che ha già preso i primi schiaffi a livello elettorale alle recenti elezioni europee. Adesso, l’attuale cancelliere federale è Olaf Scholz dell’SPD, eletto nel dicembre 2021, è in tilt: VW che può chiudere almeno tre fabbriche in Germania con minimo 30.000 tagli, cinesi in fuga, indotto sfasciato, verdi e socialdemocratici che continuano a litigare in una coalizione tenuta artificialmente in vita.
In preda alla disperazione, il ministro dell’Economia, il verde Robert Habeck, presenta il suo piano per salvare l’economia: un dieci per cento di sconto sulle tasse alle imprese che investano sulla produzione in Germania. Come al mercato del pesce. Dall’elettrico green che crea benessere ai grandi affari per chi piazza un soldo sul vassoio: che brutta fine questi ideologi dell’auto elettrica. Stanno affogando assieme al loro dogma che la batteria dell’elettrico non inquina.
Nel mentre, il Pil germanico chiude per il secondo anno in negativo, l’industria brucia 300 mila addetti con la recessione che si mangia tutto, e non si sa come garantire le entrate per un milione e passa di profughi ucraini che hanno ottenuto in 30 secondi il reddito di cittadinanza da Berlino. A questo giro la sinistra pro elettrico si fa male per davvero in Europa: se pensava d’ingannare i cinesi come ha fatto con gli elettori creduloni, s’è sbagliata di grosso. Non crediamo sia possibile abbindolare Pechino con arcobaleni e unicorni elettrici su allegorici carri che sfilano.