Se l’Ue è nel panico per l’auto, il governo italiano si contraddice da tempo in materia. Partiamo dal 28 aprile 2024. L’elettrico come unica soluzione è un suicidio: la vedeva così il premier Giorgia Meloni, intervenuta a Pescara per la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. Diceva di essersi battuta e di voler continuare a farlo contro la “follia ideologica” che in Europa porterà alla fine delle vendite di nuove auto diesel e benzina nel 2035.
Contro la follia ideologica
Passiamo al 6 settembre 2024: “La Lega è pronta a chiedere la revoca del bando dei motori benzina e diesel dal 2035 – si leggeva in una nota -. Lo stop alla loro produzione sta già creando gravissimi danni all’economia europea senza alcuna certezza di ottenere miglioramenti significativi dal punto di vista ambientale. Non a caso, la revoca del bando è tema di dibattito anche in Germania”. Insomma, elettrico uguale follia ideologica, come ripetevano tanti leghisti.
Urso il 25 settembre
Sentiamo il ministro delle Imprese Urso: “Domani (giovedì 26 settembre) chiederemo ai governi e alla Commissione europea di anticipare la clausola di riesame prevista nel 2026 ai primi mesi dell’anno prossimo e di anticipare le decisioni al secondo trimestre 2025. A quel punto avremo due strade: la prima è la strada maestra di confermare l’obiettivo del 2035 ma decidendo altresì di realizzare le condizioni necessarie per raggiungerlo; la seconda strada è posticipare il passaggio all’elettrico. Noi preferiamo la prima strada rendendo sostenibile l’obiettivo del 2035 però deve finire il teatrino delle finzioni altrimenti saremo di fronte a un dramma, con gli operai che manifesteranno a Bruxelles come hanno fatto gli agricoltori, l’industria dell’auto europea finirà nel burrone”. Tuttavia, nei giorni scorsi, la seconda strada è scomparsa.
Cina: opportunità o minaccia
Prim’ancora, a marzo 2024, Urso alla Camera: “L’Italia è l’unico Paese ad avere un solo produttore di auto, è un’anomalia. Abbiamo indicato che ci sia la necessità di un secondo produttore e su questo stiamo lavorando. Da diversi mesi stiamo dialogando con tre Gruppi cinesi e aziende occidentali, un lavoro gestito anche attraverso una task force dedicata e che pensiamo possa concretizzarsi in tempi sufficientemente rapidi”. Chi? Forse BYD, Chery e SAIC, Dongfeng. Per essere indipendenti da Stellantis, che non produce il milione di auto annue, attese invece dal governo. Il Dragone come opportunità per creare lavoro diretto e nell’indotto.
Poi, poco dopo, l’Italia dice sì ai dazi Ue anti auto elettriche cinesi. Pechino si allontana da Roma, visto che è considerata una minaccia da quelle parti.
Agosto 2024 di fuoco: sì agli incentivi per i consumatori
Il governo apporterà modifiche al meccanismo degli incentivi per l’acquisto di vetture. Così Urso al Tavolo Automotive del 7 agosto 2024. Sì a una prospettiva pluriennale a una “formula alla francese”: soldi solo se la Casa è senza componenti cinesi (o quando ne ha pochi) e se l’auto non è fatta in Cina. A costo di danneggiare se stessi. La Francia non dà bonus alla Dacia Spring del Gruppo Renault, perché Made in China. Sì a parametri innovativi, come l’impronta ecologica, la cybersecurity e il rispetto dei diritti fondamentali della forza lavoro”. A “settembre 2024, s’inizierà a definire il nuovo schema di incentivazione della domanda e dell’offerta della filiera, tenendo conto delle indicazioni delle altre amministrazioni coinvolte e delle proposte emerse dal Tavolo Automotive”.
Al Tavolo hanno partecipato rappresentanti di Stellantis, filiera, sindacati e associazioni datoriali. Incentivi per accrescere i volumi degli stabilimenti italiani, soprattutto della Panda a Pomigliano e della 500 elettrica a Mirafiori. Più sconti ad auto a più basse emissioni, a chi rottama veicoli vecchi e inquinanti, e un sostegno mirato alle classi meno abbienti. Quindi, ok ancora ai bonus, che hanno centrato parecchi target, sebbene non quello di far salire la produzione del Gruppo guidato allora da Tavares.
No incentivi per i consumatori
Nota del 29 ottobre 2024: l’Unrae (Case estere) esprime profondo sconcerto e preoccupazione per la decisione del governo di sottrarre 4,6 miliardi (dei 5,8 residui per il periodo 2025-30) dal Fondo Automotive”. La notizia si è manifestata con la pubblicazione del testo del Bilancio Finanziario dettagliato per capitoli di spesa dei singoli ministeri. Questo “contraddice clamorosamente non solo le dichiarazioni di intenti pronunciate dal ministro Urso in sede di Tavolo Automotive non più tardi del 7 agosto scorso, ma anche le numerosissime pronunce di attenzione al settore”.
I soldi dove vanno, allora? A quanto pare, servono quattrini per le armi da dare all’Ucraina. Contro la Russia.
Dopo Tavares, cosa cambia
Ora è allo studio il cosiddetto emendamento Stellantis per garantire nuove risorse: dopo l’addio di Tavares, le cose sono cambiate.
Uno. Legge Bilancio 2025: con le risorse aggiuntive, destinate ai contratti di sviluppo delle filiere strategiche, “possiamo garantire una somma equa o anche superiore a quanto originariamente previsto per il 2025”, ha detto Urso. Un emendamento presentato in Parlamento punta a ripristinare 200 milioni. Più i residui degli incentivi degli anni precedenti. Più 500 milioni già messi a disposizione dal bando Pnrr per i contratti di sviluppo per le imprese dei settori in transizione. Grosso modo, 750 milioni. O un miliardo.
Soldi per chi? Non per il consumatore che compra. Ma denaro del contribuente per l’azienda che vende. Di qui il nome emendamento Stellantis, la cui situazione è delicata. Il 17 dicembre 2024, ci sarà il nuovo Tavolo col Gruppo. Ricapitolando.
Fase A. Il governo stanzia 4,6 miliardi di euro per l’automotive.
Fase B. Con la Manovra, dà un taglio fortissimo a quel Fondo.
Fase C. Dimissioni di Tavares. Il governo cerca di rimettere in circolo 200 milioni di euro.
Due. Poi, con la legge Bilancio 2025, ecco un nuovo fondo dal 2027 al 2036: sono 24 miliardi di euro in 10 anni, per infrastrutture, “e quindi anche per gli investimenti nell’automotive”. Posta in gioco pesantissima: questo sì che è un piatto succulento. Quanti quattrini all’auto non si sa. Dove prendere i denari, neppure. E comunque, visto che la legislatura numero 19 finisce nel 2027, è da vedere chi prenderà in mano la patata bollente.