Se il vostro cuore batte ancora forte per la guida coinvolgente dell’Alfa Romeo 33, per i suoi motori boxer ricchi di carattere e per quel sound inconfondibile che solo un vero appassionato può comprendere, preparatevi a fare un tuffo nel passato (ma recente).
Anche se le Alfa Romeo 145 QV e 146 TI non sono mai diventate icone paragonabili alle loro antenate, un piccolo spazio nel pantheon del marchio milanese lo meritano tutto, soprattutto nelle loro declinazioni più performanti. Ben trent’anni fa, nel 1995, arrivavano queste versioni tutt’altro che docili.
Andando immediatamente al significato delle sigle: QV sta per Quadrifoglio Verde, simbolo storico delle Alfa Romeo da competizione sin dal 1923, mentre TI significa Turismo Internazionale, acronimo leggendario apparso per la prima volta sulla 1900 del 1952, l’antesignana delle berline da famiglia con l’animo sportivo.

Ma cosa rende davvero interessanti queste compatte di fine millennio? Le basi meccaniche non erano certo rivoluzionarie. Il pianale “Tipo 2”, condiviso con diversi modelli Fiat e Lancia, era a trazione anteriore e non offriva l’agilità dell’amata Alfasud. Tuttavia, sotto il cofano, la 145 QV faceva sul serio.
Dopo il canto del cigno del motore boxer 1.7 16v da 129 CV, il testimone passò al ben più moderno e potente 2.0 Twin Spark 16v da 150 CV, derivato dalla famiglia “Pratola Serra”. Dotato di basamento in ghisa e testata a quattro valvole per cilindro, regalava all’Alfa Romeo 145 prestazioni da vera hot hatch: oltre 210 km/h di velocità massima e uno 0-100 km/h in soli 8,4 secondi. Il tutto abbinato a un assetto più rigido, freni maggiorati, minigonne in tinta e cerchi in lega specifici dal design aggressivo.
La 146 TI, variante a cinque porte e più sobria nel look, offriva le stesse prestazioni e una spinta grintosa già dai 2.500 giri/min, distinguendosi solo per piccoli dettagli estetici come lo spoiler posteriore e la discreta sigla TI sul retro. Meno appariscente, ma con lo stesso spirito ribelle.

Alfa Romeo 145 QV e 146 TI non saranno le Alfa più celebrate, ma custodiscono un’eredità tecnica e stilistica che ancora oggi affascina. Perché un’Alfa non si giudica solo dal cronometro o dalle specifiche, ma dalle emozioni che sa trasmettere.