Oggi paghiamo accise e Iva su benzina e diesel, ma domani potremmo pagare accise e Iva anche sulla corrente delle auto elettriche. L’ipotesi terribile (anticipata da noi) arriva dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti all’Automotive Dealer Day. La premessa del titolare del dicastero: bisogna pensare all’effetto che avrà l’elettrificazione sullo spostamento delle accise del carburante alle nuove forme di alimentazione. Non si tratterà solo di una riduzione del gettito, ma di una significativa traslazione, ha detto. Poi ecco l’affondo: è in corso una riflessione del governo Meloni sulla necessità di tenere presente l’evoluzione delle basi imponibili in funzione della trasformazione del sistema economico.
Adesso il costo dell’energia per le auto elettriche è paragonabile a quello della termiche a benzina o gasolio. Col PUN a 102,25 €/MWh: Prezzo Unico Nazionale. Se domani arrivano accise sulla corrente, finisce che il diesel diviene più a buon prezzo degli elettroni. Paradosso della transizione verde Ue.
Accise sulla corrente delle auto elettriche: traduzione dal politichese
Tradotto. Adesso lo Stato incassa denaro, ossigeno, dal pieno delle termiche alle pompe di benzina e diesel. Domani, con meno macchine tradizionali in giro, calerà l’incasso per l’erario. Che si fa? Si prendono i soldi grazie ai pieni di corrente delle auto elettriche. Da girare a pensioni, costi della politica e dei politici. E altro.
Ricordiamo che il fabbisogno di energia elettrica è soddisfatto per l’86,4% da produzione nazionale destinata al consumo: valore di 272 TWh. Per il resto, ci sono importazioni dall’estero per un ammontare di 43 TWh. Due terzi di energia “nostrana” è ottenuta bruciando gas naturale, poco meno di un terzo dal carbone e il restante dall’olio combustibile. Problema: i combustibili fossili devono essere importati. Il sottosuolo in Italia è povero di materie prime energetiche.
Quanti soldi servono: i numeri
La spesa per i carburanti per autotrazione benzina e gasolio nel 2023 è stata di 70,9 miliardi di euro (fonte Anfia): 38,1 miliardi sono dovuti ad accise e Iva (su accise e su costo industriale). Attenzione all’Iva quindi, una tassa sulla tassa. Più il prezzo della benzina sale, più lo Stato incassa: matematico. I restanti 32,8 miliardi sono quelli fatturati per la produzione e la distribuzione. La parte fiscale nel 2023 è salita del 22,7% rispetto al 2022, mentre la parte industriale ha avuto un calo del 18,1%. Con un parco circolante totalmente elettrico, lo Stato avrebbe un ammanco pari ai 38 miliardi relativi all’acquisto dei carburanti. Sarebbe un trauma per la politica italiana.
Dato il perenne deficit pubblico, i mancati incassi da benzina dovranno trovare in qualche modo una compensazione. O piazzare un superbollo a carico delle auto elettriche: 3.000 euro l’anno. Eliminando le accise sui carburanti e il superbollo attuale sulle termiche ultra potenti.
Problema mondiale
D’altronde, molti Comuni italiani fan marcia indietro: prima hanno aperto ad auto elettriche e monopattini elettrici, adesso fioccano limitazioni e divieti. Persino in Norvegia hanno progressivamente ridotto incentivi e facilitazioni (per gli accessi controllati, per i parcheggi a pagamento: più BEV vendute, meno agevolazioni. A livello europeo, grosso modo, gli Stati incassano 413 miliardi di euro l’anno dalle auto, che sono attorno a 300 milioni su 450 milioni di abitanti: chiaro che i governi necessitano dei quattrini degli automobilisti. Siano essi titolari di mezzi elettrici o ibridi o termici. Da accise sul gasolio o da accise sul kW da autotrazione. Più Iva.
Stando al Financial Times, il passaggio all’elettrico rischia di creare un buco di 110 miliardi di euro a livello globale, nel mondo. Di qui le contromisure di molti governi: tasse di immatricolazione per le auto elettriche, pedaggi basati sulle percorrenze, imposte sui punti di ricarica pubblici. L’automobilista bancomat era, resta e sempre sarà: a benzina o a idrogeno, nulla cambia, l’erario di ogni Paese ha bisogno di lui.
Bolli auto alle Regioni: dove prendere i quattrini
Regione d’Italia che va, bollo auto elettrica che non paghi: dipende dall’Ente locale. Ma adesso immaginiamo che ci siano solo elettriche. Come fanno le Regioni senza quattrini, eternamente alle prese coi costi della politica e con altre spese? Mistero: si avrebbe un ammanco attorno a 7 miliardi di euro. Chissà. La soluzione può essere una tassa regionale sulle elettriche.
Per il futuro, molto in là nel tempo
Un discorso per il futuro, in Italia, quello di Giorgetti. Oggi abbiamo lo 0,5 per cento di circolante BEV, il nulla: 235.000 unità. Le immatricolazioni full electric che da inizio anno sono pari a 16.402 unità, con un calo del -19,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Se si teme il boom elettrico coi bonus 2024, comunque questo resterebbe un fenomeno di nicchia. Nel primo quadrimestre 2024 le vetture elettriche registrate in Italia sono in totale 16.402, giù del 19,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. E il market share è pari al 2,8%: più in basso del 3,7% dei primi quattro mesi dell’anno scorso.
Bisogna vedere se l’idea di tassare l’elettricità è compatibile col Fit for 55: il nome assegnato a un insieme di proposte legislative approvate dal Parlamento europeo il 8 giugno 2022. Obiettivo, ridurre del 55% le emissioni complessive di gas serra attraverso una serie di misure che investono numerosi settori economici e civili, tra i quali i trasporti. Se aumenti le tasse, non incentivi l’elettrico.
Si veda il caso Norvegia. Che, come spiega Motus-E, fino al 2022 ha incentivato l’acquisto mediante la riduzione delle tasse di acquisto, che in questo Paese per le auto nuove con motori a combustione interna possono anche raddoppiare il prezzo d’acquisto della vettura. Nel 2022 per acquistare un’auto a benzina con emissioni di CO2 dichiarate in 120 g/km, del peso di 1.400 kg e del prezzo di 25.000 €, si pagano circa 16.000 € di tasse. Per una vettura dello stesso prezzo e peso ma elettrica si pagano solo 1.280 € di tasse.
I numeri Anfia (filiera nazionale auto)
La percentuale del gettito fiscale in Italia derivante dal comparto auto sul PIL si attesta al 3,6%, la più alta tra i maggiori Paesi europei, la cui media è attorno al 2,1%: tale deve restare. Se no, la nostra nazione come sopravvive? Dei tre momenti impositivi del ciclo di vita contributivo, è quello relativo all’utilizzo a pesare maggiormente sul totale delle entrate tributarie: il 77,8%, superando i 55 miliardi di euro, evidenzia l’Anfia. Spendi quando la usi, fai il pieno. Idem in Europa: in base ai più recenti dati disponibili, si è calcolata l’incidenza media del carico fiscale della filiera automotive sul PIL dei principali Paesi Europei (Francia, Germania, Spagna e Italia). Questi raccolgono il 74,6% del gettito totale del comparto. L’Italia è al terzo posto dopo la Germania e la Francia nel concorrere a determinare questa quota: diamo il 18% del totale. In quanto alle elettriche in Italia, sono così poche che non è stato considerato il gettito fiscale generato sui consumi di energia elettrica utilizzata per ricaricare le macchine a batteria.