E se la fine dei motori diesel fosse ormai giunta al termine? Forse una speranza di salvare i propulsori a gasolio rimane ed è da attribuire alla brillante mente di alcuni progettisti, che sembrano avere tra le mani l’innovazione capace di scongiurare il triste scenario. Mentre il settore si sta spostando verso i veicoli completamente elettrici, complici le normative internazionali, c’è chi continua a cercare soluzioni alternative. Pensiamo, ad esempio, al gruppo Toyota, alle prese con lo sviluppo delle unità a idrogeno.
Al momento, la filosofia non convenzionale del colosso giapponese ha portato a pochi risultati. Sebbene siano stati lanciati sul mercato i primi modelli, i dati di immatricolazione lasciano molto a desiderare. E, alla luce della situazione attuale, la soluzione sembra avvicinarsi al fallimento. In uno studio condotto da BloombergNEF, i nodi vengono al pettine. Sebbene sia diffusa la convinzione che le autorità abbiano riservato una corsia preferenziale per i veicoli completamente elettrici, i freddi numeri disegnano una realtà diversa.
Dietro a tutto ciò c’è soprattutto lo scetticismo dei clienti, che sono restii a considerare l’uso dell’idrogeno come soluzione alternativa di trasporto. L’esempio utilizzato per illustrare la situazione è quello della Toyota Mirai, berlina acquistabile con un incentivo statale di ben 7.500 dollari in California, oltre agli aiuti del governo federale e agli sconti applicati dallo stesso produttore. Con queste credenziali, sarebbe lecito presumere che diventasse una vera best seller. Tuttavia, arrivano i fatti e il giudizio è impietoso.
Nel corso del 2022, sono state registrate solo 1.722 immatricolazioni lo scorso anno. Inoltre, a livello globale, sono stati consegnati solo 15.400 veicoli con tale tecnologia, rispetto ai 7,5 milioni di veicoli completamente elettrici. Inoltre, nell’Unione Europea, ogni veicolo a celle a combustibile ha ricevuto un aiuto di 83 mila dollari alla fine del decennio scorso, rispetto ai soli 85 dollari per i veicoli completamente elettrici.
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Motori diesel a idrogeno: il nuovo sistema sviluppato in Australia
In definitiva, malgrado sia più facile gridare al “complottismo”, la situazione è più complicata di quanto suggeriscono le apparenze. Oltre alle poche infrastrutture di ricarica, non aiuta la propensione a incendiarsi. Finora, i tentativi di risolvere la criticità sono andati a vuoto, tuttavia certi operatori, dotati di risorse e competenze specifiche, proveranno a vincere questa delicata sfida. Nel processo di transizione potrebbero trarne beneficio pure i motori a idrogeno, come segnala un promettente progetto in corso all’Università del Nuovo Galles del Sud, a Sydney, in Australia. L’equipe di ricercatori ha, infatti, trovato una via da percorrere per mantenere in vita le unità a gasolio.
A dispetto della convinzione comune, ci sarebbero margini di intervento. E, chissà, magari con i progressi compiuti sarà possibile far cambiare idea alla Commissione Europea. Che, benché li vieti dal 2035 in poi, è aperta a valutare le soluzioni messe sul tavolo.
Le istituzioni comunitarie hanno manifestato in modo fermo e perentorio le proprie intenzioni, tuttavia la storia degli e-Fuel invita a essere ottimisti. Dopo un logorante braccio di ferro con la Germania, l’organo UE ha concesso la tanto invocata deroga ai carburanti sintetici. Che, almeno nel suo caso, dipenderà dal raggiungimento di importanti traguardi intermedi. Nella fattispecie, la classe politica confermerà l’eccezione a patto che le vetture in questione saranno a impatto zero, dall’inizio alla fine del relativo ciclo di vita. Poiché la situazione è in continuo divenire, pure i motori diesel non andrebbero tagliati fuori, almeno secondo l’interpretazione dell’UNSW Engine Research Laboratory.
Ibrido idrogeno-diesel
In un comunicato, gli autori dell’iniziativa spiegano di aver saputo convertire il sistema in modo che funzioni come un ibrido idrogeno-diesel, ottenendo una riduzione delle emissioni di anidride carbonica dell’85 per cento. Gli stessi ingegneri coinvolti nel progetto sostengono di aver individuato un percorso in grado di ridurre significativamente le quantità di NOx rilasciate nell’ambiente, portandole a un valore molto inferiore rispetto ai motori endotermici tradizionali.
Sotto la supervisione del professor Shawn Kook della Scuola di Ingegneria Meccanica e Manifatturiera, i lavori sono iniziati circa un anno e mezzo fa. In tal modo, il 90 per cento dei motori diesel, di qualsiasi tipo e utilizzo, funziona con carburante all’idrogeno. Gli importanti progressi raggiunti, tuttavia, sono stati ottenuti in un brevissimo periodo di appena un paio di mesi. Questi risultati tangibili non fanno altro che aumentare l’entusiasmo circostante.
Secondo le stime riportate in un articolo pubblicato sull’International Journal of Hydrogen Energy, le emissioni di anidride carbonica sono ridotte a soli 90 grammi per kWh, rappresentando una diminuzione del 85,9 per cento rispetto alle quantità prodotte dai motori diesel tradizionali. La tecnologia esaminata ha il potenziale di svolgere un ruolo fondamentale nella riduzione dell’impronta di carbonio, soprattutto in Australia, dove molte industrie, tra cui quelle minerarie e agricole, continuano a fare largo uso del vecchio sistema.
Attraverso il processo di conversione, i motori diesel possono essere trasformati in unità molto più ecocompatibili. Il raggiungimento degli obiettivi prefissati richiederebbe anche molto meno tempo rispetto a partire da zero, il che potrebbe richiedere una gestazione di almeno un decennio. Nel frattempo, si avvertirebbe meno l’urgenza di passare alla prossima fase della mobilità. E ciò sarebbe un sollievo soprattutto per coloro che nutrono ancora delle perplessità riguardo alle attuali proposte di mobilità sostenibile.
L’idrogeno verde e i suoi vantaggi
Da fonti pulite e rinnovabili come l’energia eolica e solare, l’idrogeno verde produce notevolmente minori emissioni rispetto al gasolio. Gli studiosi dell’UNSW prevedono di mantenere l’iniezione originale nei motori diesel, ma con l’aggiunta di iniezione diretta di idrogeno nel cilindro. Le analisi condotte in laboratorio hanno dimostrato che questa tecnica permette di controllare le condizioni di miscelazione nel cilindro, affrontando così l’impatto negativo dell’ossido di azoto, una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico e delle piogge acide.
Questo è uno dei principali motivi per cui l’idrogeno non ha ancora ottenuto ampio sostegno dalle autorità. Quando viene iniettato e si ottiene una miscelazione uniforme, si ha un aumento significativo delle emissioni di ossido di azoto. Tuttavia, la situazione cambia notevolmente quando l’iniezione procede in modo stratificato, ovvero con una diversa distribuzione dell’idrogeno tra le diverse aree. È anche rilevante il fatto che non è necessario utilizzarlo in elevata purezza, a differenza del metodo attuale.
L’efficienza dei motori diesel progettati dai tecnici garantisce un rendimento superiore di oltre il 26 per cento rispetto agli schemi attualmente in uso. Ciò è dovuto al controllo indipendente dei tempi di iniezione diretta del gasolio e dell’idrogeno, il che consente una gestione precisa delle modalità di combustione, sia premiscelata che tramite miscelazione.
Per quanto riguarda i tempi, l’UNSW prevede di introdurre il sistema sul mercato entro uno o due anni. Inizialmente, l’obiettivo è implementare il sistema in complessi industriali già dotati di infrastrutture permanenti di fornitura di carburante all’idrogeno. Tra questi, i giacimenti minerari si distinguono in quanto il 30 per cento delle emissioni di gas serra è dovuto ai motori diesel. Attualmente, gli organizzatori hanno iniziato a stabilire relazioni con potenziali investitori.