Il governo Meloni punta deciso sulle Case auto cinesi: in Italia per evitare i dazi

Ippolito Visconti Autore News Auto
“I cinesi sono consapevoli che l’Ue sta alzando delle barriere e quindi puntano a produrre nel continente”, dice il ministro Urso.
auto cina

Tiene banco il problema auto in Italia, che è in alto nell’agenda del governo Meloni. A riguardo, il ministro delle Imprese Urso dice che “un milione di veicoli prodotti nella nostra nazione non è ancora sufficiente. Speriamo che Stellantis ci presenti il Piano Italia. È necessario che il Paese punti a realizzare almeno 1,4 milioni di veicoli, tra auto e veicoli commerciali, e per questo un solo produttore non basta”. La soluzione? “Abbiamo firmato quattro memorandum d’intesa con quattro Case automobilistiche cinesi”. Ed ecco l’affondo: “I cinesi sono consapevoli che l’Ue sta alzando delle barriere e quindi puntano a produrre nel continente”.

Anti barriere

Su questo conta Urso. I Gruppi auto cinesi sono alle prese coi fortissimi dazi imposti dall’Unione europea sulle vetture elettriche made in China ed esportate in Ue. Per aggirare le barriere, hanno un modo: costruire fabbriche in Europa, produrre nel Vecchio Continente. Come farà BYD in Ungheria (e Turchia). Forse Geely e SAIC (MG) in Spagna. Allora i cinesi potrebbero pensare a noi.

Esiste tuttavia un problema. L’Italia è la nazione della burocrazia, che rende tutto faticoso, toglie ossigeno. Se i cinesi hanno pensato ad altri Paesi e non a noi, un motivo ci sarà. Qualora vogliano aggirare i dazi, esistono pur sempre innumerevoli Stati Ue pronti ad accoglierli. 

In origine, i dazi compensativi europei sulle importazioni di veicoli elettrici prodotti in Cina, sono stati annunciati il 12 giugno scorso, confermati il 4 luglio, applicati dal 5 luglio per i prossimi cinque anni. I tre grandi produttori cinesi fronteggeranno dazi rispettivamente del 17,4 per cento per BYD, del 19,9 per cento per Geely e del 37,6 per cento per SAIC. Tranne qualche micro aggiustamento successivo già in atto o possibile.

Occhio ai mercati emergenti

Inoltre, i cinesi stanno adattando le loro strategie di esportazione in risposta ai crescenti dazi di Stati Uniti, Europa e Canada. Fanno molto in fretta: si orientano verso i mercati emergenti in Asia, Centro e Sud America e Medio Oriente, come evidenziato dal recente rapporto di Moody’s. L’accusa Ue?

Massicci sussidi statali, stimati in oltre 230 miliardi di dollari, che rendono i loro veicoli altamente competitivi a livello globale. La contro accusa cinese: sussidi Ue alle aziende europee di vario genere. Secondo i dati doganali cinesi, le esportazioni di Nev (new energy vehicles, sia elettriche sia ibride plug-in) sono aumentate del 26% rispetto all’anno precedente, raggiungendo circa un milione di unità, con una crescita trainata da un incremento di 263.000 unità nei mercati emergenti. L’Asia rappresenta il 22% delle esportazioni di NEV cinesi, seguita dall’America Latina (19%) e dal Medio Oriente (11%). La quota dell’Unione Europea è scesa dal 37,5% del 2023 al 23,5% nel 2024. Brasile e Messico in testa al boom delle importazioni.

I cinesi stanno investendo nella costruzione di impianti produttivi all’estero, in mercati emergenti come Thailandia, Brasile e Cambogia, per aggirare i dazi imposti dalle economie sviluppate. I cinesi possono diversificare, costruire dimensioni e generare profitti più elevati nel lungo periodo. Sarebbe una beffa atroce per i burocrati Ue se, dopo dazi, extra dazi, commissioni, indagini, accuse, tavole rotonde, ideologie, lobby di potere nei social, la Cina vincesse ancora.

auto cinese

Ciao ciao vecchia Europa

Se l’Ue fa la schizzinosa e capricciosa, sappia che non è l’unica principessina alla festa: il colosso cinese saluta tutti e si dirige altrove per divertirsi col suo immenso bazooka tecnologico. Va a stare meglio, trattato col rispetto dovuto a un gigante di questa portata, lasciando la vecchia Europa a frignare da sola, con le sue elettriche costose come il demonio.

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