Sui pacchi batteria delle auto elettriche è in corso una vera e propria battaglia a tutto campo. Un numero indefinito di aziende sta cercando di ridare loro nuova vita dopo aver completato il ciclo operativo. Solo così è possibile realizzare il proposito delle zero emissioni, tanto perseguito dall’Unione Europea e dalla politica internazionale.
Del resto, la crociata contro i motori a combustione interna non è fine a sé stessa, ma mira a limitare l’impatto negativo sul pianeta. Questo è lo stesso motivo della discordia dietro gli e-Fuel. La deroga concessa dall’UE avrà validità esclusivamente se la quantità di smog emessa nell’ambiente sarà pari a zero. Attualmente è in corso una disputa tra la lobby dei carburanti sintetici e l’UE, con i primi che cercano in ogni modo di far allentare i vincoli. Le probabilità che ciò effettivamente accada appaiono scarse, specie alla luce di un recente studio condotto da una task force delegata dall’organo sovranazionale.
Il risultato è stato sconcertante: qualora i promotori la spuntassero, gli e-Fuel finirebbero per consumare cinque volte di più delle auto completamente elettriche. Insomma, anziché adottare una scelta ecologicamente sostenibile, ne deriverebbe l’effetto contrario. Ma torniamo alle batterie per auto elettriche, da tenere sotto costante analisi. In un rapporto dell’Università di Harvard emerge che il vantaggio effettivo in termini di emissioni arriverebbe soltanto una volta raggiunti i 45 mila km di percorrenza. Questo perché una fase delicata come la fabbricazione degli accumulatori è molto inquinante. Per ridurre la quantità emessa, un’ottima idea è quella di riciclarle, ma in che modo?
Oltre allo smaltimento, esiste una seconda opzione per le batterie delle auto elettriche: dar loro un secondo scopo. È l’obiettivo di una realtà di cui parleremo a breve. Il progetto, originario dell’America, ha già suscitato notevole interesse, data la portata. Persino una testata del calibro del New York Times ha dedicato spazio all’argomento, in un articolo in cui sono stati affrontati i piani delle realtà più virtuose da questo punto di vista. Nei prossimi paragrafi cercheremo di capire cosa hanno in mente gli operatori per dare una svolta alla mobilità sostenibile.
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Batterie auto elettriche: il progetto di Li-Cycle
Tra le iniziative imprenditoriali più interessanti, spicca l’idea di Li-Cycle, data la modalità anticonformista di concepire il riciclaggio degli accumulatori. Il tema dell’autonomia sta continuando a riservare soddisfazioni. In un filmato caricato su YouTube, il canale JerryRigEverything illustra i principi cardine dietro la scommessa. Prima di entrare nel merito, occorre fare mente locale sui materiali impiegati.
Questi vanno dal litio, al cobalto, fino al rame e al nichel, ciascuno con specifiche peculiarità, tuttavia aventi in comune il fatto di essere sostanze pure. Ciò ha importanti risvolti positivi, purché vengano sfruttate nella maniera corretta. Ciò che Li-Cycle, società dell’Arizona (Stati Uniti), si prefigge è, appunto, di creare opportunità di riciclaggio avanzato per le batterie usate delle auto elettriche, mediante una soluzione chimica da lei appositamente sviluppata.
Invece di adottare un approccio a 360 gradi, Li-Cycle ha preferito specializzarsi. Dietro l’azienda operano due ex consulenti di ingegneria, Ajay Kochhar e Tim Johnston, che hanno deciso di fondarla nel 2016, avviando un programma di espansione con l’apertura di diversi impianti. Li-Cycle, quotata in Borsa dal 2021, dichiara di avere oltre 100 fornitori di accumulatori, inclusa Ultium Cells, una joint venture tra General Motors e la società sudcoreana di batterie LG Energy Solution. Tra le varie partnership si segnala anche l’accordo siglato con il colosso minerario Glencore e Koch Industries, conglomerato privato con estese attività nei combustibili fossili.
Sommate tra loro, le due compagnie hanno investito 300 milioni di dollari in Li-Cycle. Forte del capitale economico raccolto, la società cercherà di imprimere l’accelerata alla loro attività. Intervistato dal New York Times, Kochhar crede che sul successo raccolto abbiano inciso in maniera determinante le tempistiche. A suo avviso, sono stati fortunati ad aver intrapreso il percorso quando i presupposti erano adatti. Alla pari della produzione di batterie, il settore richiede una buona quantità di capitale.
Il modus operandi prevede di mantenere integre le batterie, con la separazione delle relative parti in tre contenitori distinti per la plastica, l’alluminio e il rame. In un quarto recipiente è raggruppato il cosiddetto “black mass”, rappresentato perlopiù da litio, nichel e cobalto.
Ultimata la prima fase, i contenitori in questione vengono trasferiti presso un altro reparto del complesso. Così, la compagnia afferma che viene elaborato, a cadenza massima, un massimo di 18 mila tonnellate di batterie agli ioni di litio. Inoltre, il 95 per cento delle risorse è riciclabile.
Le prospettive future
Per stabilire, con assoluta certezza, se ci sia la possibilità di ridurre l’impatto ambientale serviranno ulteriori verifiche sul campo. I test iniziali hanno dato gli esiti sperati e la speranza di ogni parte coinvolta è di tenere fede alle promesse. Qualora riuscissero a centrare l’obiettivo, i progettisti avrebbero trovato la chiave di volta nel processo di sviluppo. L’iniziativa è di per sé lodevole e davvero affascinante, anche per ridurre l’estremo fabbisogno di terre rare, in larga parte possedute dalla Cina. Gli stessi politici italiani hanno messo in guardia sui rischi associati nel puntare esclusivamente sulle full electric.
Riservare al grande Paese asiatico significherebbe mostrare un’enorme fragilità, tale da mettere in crisi pure i marchi storici più illustri. La stessa Volkswagen ha ammesso che in Cina sono avanti di almeno uno o due anni nel processo di transizione ecologica. Dopo aver inviato un uomo fidato sul campo, il numero uno del conglomerato, Oliver Blume, ne ha avuto la conferma definitiva. A Pechino e dintorni fanno sul serio, al punto da temere di perdere competitività nei prossimi anni. Nel mentre, Stellantis ha sottoscritto un accordo con una start-up locale, vale a dire Leapmotor. Acquistate la partecipazione azionaria, la potenza italo-franco-americana, nata nel 2021 dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e Peugeot Groupe (PSA) avrà accesso alla piattaforma modulare dell’alleata.