Trucioli, segatura e scarti di vario tipo potranno essere lavorati per introdurli nelle celle delle batterie per auto elettriche agli ioni di litio. Con il boom delle bev, diverse giovani compagnie stanno cercando di offrire risposte convincenti al settore. E quella di cui ora vi metteremo a conoscenza costituisce una delle realtà simbolo. Secondo quanto riferiscono gli autori, sussiste tutto il potenziale per far fronte alla domanda di materie prime anche in futuro. Una questione parecchio delicata, capace di allarmare le istituzioni governative mondiali.
Nello specifico, il cosiddetto Lignode costituisce una biografite facile da ottenere e adatta a sostituire la consueta grafite. Quest’ultimo materiale, lo ricordiamo, costituisce il 50 per cento del peso complessivo degli accumulatori e viene perlopiù prodotto in Cina. Ecco allora che, qualora i test sul campo dovessero dare esiti positivi, l’Unione Europea e altre parti del mondo (compresi gli Stati Uniti) avrebbero ragione di dirsi sollevati.
Difatti, mentre adesso la domanda viene ancora soddisfatta, il futuro si prospetta abbastanza nebuloso. Ciò a meno che non si definiscano delle strategie alternative. I nomi delle aziende coinvolte nel progetto forse li sentirete per la prima volta, in quanto provengono da molto lontano, dalla regione scandinava e dalla Nuova Zelanda.
La prima, in cerca del prossimo affare nel comparto delle auto elettriche, ha ritenuto parecchio interessanti le caratteristiche di una start-up. Che, a dispetto dei pochi anni di attività, ha subito richiamato l’attenzione generale. E, supportata dal capitale economico e strutturale di realtà con centinaia di anni sulle spalle, ha il potenziale di contribuire a una mobilità più green.
Andiamo allora a scoprire in cosa l’innovazione nelle batterie per auto elettriche consiste di preciso, con uno sguardo approfondito ai dettagli. Come noterete voi stessi, le premesse appaiono davvero incoraggianti e se saranno mantenute, allora il predominio fin qui goduto dalla terra dei dragoni verrà almeno in parte meno.
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Batterie auto elettriche: il progetto della start-up CarbonScape
La forza commerciale e politica della Cina è talmente evidente da non poter essere nemmeno negata dai detrattori. Grazie a un piano efficace e lungimirante, si è costruita un notevole vantaggio competitivo sulle rivali occidentali. Lo ha ammesso anche un alto dirigente di MHP, società di consulenza detenuta da Porsche. L’approccio di Greenfield le ha consentito di mettersi in una posizione di supremazia rispetto alle concorrenti.
Detto altrimenti, il successo ottenuto è dipeso dalla politica adottata sulle piattaforme. Non è più necessario avere pianali da perfezionare o aggiornare. Ciò poiché la prospettiva si è ribaltata nella costruzione delle auto elettriche: dal software si passa all’hardware e non viceversa.
Mentre l’hardware è ormai allo stesso livello di Europa e Stati Uniti, nel software alle potenze occidentali occorreranno uno o due anni, nella migliore delle ipotesi, per recuperare la Cina. Dato il talento e l’esperienza nei software insiti nei player dalla lunga e conclamata storia, non è ancora detta l’ultima. D’altra parte, bisognerà rimboccarsi le maniche perché solo così sarà possibile resistere all’avanzata del Paese asiatico.
Che sul Vecchio Continente ha ormai messo gli occhi e la partecipazione in massa all’IAA Mobility 2023, meglio noto col nome di Monaco, ha spazzato via i dubbi rimasti. E il costo di produzione delle auto elettriche in territorio cinese avvantaggia le realtà locali. Stando a un rapporto, spendono il 37 per cento in meno nella fabbricazione di un’auto in confronto alla Germania. E di tale passo diventa davvero difficile reggere il confronto, sebbene l’auto elettrica più economica venga dalla Romania, rappresentata dalla Dacia Spring.
Il largo predominio sulla grafite costituisce l’ennesima freccia nell’arco della potenza orientale con le batterie per auto elettriche. Ma forse in futuro ciò non costituirà una discriminante tanto rilevante.
Chi sono le aziende coinvolte: la storia e gli ambiti di specializzazione
Il motivo per cui aggiungiamo il “forse” è da ricondursi alla portata del progetto, in attesa di ulteriori conferme sul campo. Resta, infatti, da stabilire se le proprietà eguaglieranno quelle della materia originale. A crederci è Stora Enso, società fondata nel 1998 dalla fusione tra la finlandese Enso Oyj e la svedese Kopparbergs Bergslags Aktiebolag (STORA). La genesi della Stora risale addirittura a più di sette secoli fa, attestato da prove documentali datate 1288.
Allora si occupava di estrarre rame a Falun, in Svezia. La nascita della Stora Kopparbergs Bergslags (STORA) giunse nel 1862. In principio, si occupava di lavorazione mineraria, siderurgica e del legno. Poi, però, stabilì di adoperarsi solo nell’ultimo comparto. L’elevato fabbisogno di legno permetteva, d’altronde, di concentrarsi in un unico campo.
Il personale ha sempre portato avanti la tecnica della silvicoltura (o selvicoltura), scienza forestale declinata a curare, mantenere e sviluppare gli ecosistemi arborei. La sua importanza è cresciuta a dismisura oggi, per via della crisi climatica e del progressivo aumento dell’inquinamento.
L’avvento di Enso ebbe, invece, luogo nel 1872. Tra le capostipiti delle segherie a vapore in Finlandia, acquisì lo status di leader in ambito forestale verso la fine degli anni Novanta, acquisendo il nome di Enso Oy.
La coppia di compagini, riunita in un’unica entità, ha dimostrato di credere subito nell’idea di CarbonScape, una start-up con sede in Nuova Zelanda, diventandone azionista. Il proposito dell’arrembante azienda proveniente dall’Oceania è di sviluppare materiali anodici sostenibili per l’elettrificazione. E la bontà delle loro intuizioni ha avuto dei risvolti concreti sotto forma del Lignode, biografite priva di carbonio ricavata dal legno. Invece di scegliere la convenzionale grafite estratta o sintetica a base fossile, trova impiego nelle batterie per auto elettriche agli ioni di litio.
L’idea è partita dalla consapevolezza delle difficoltà di approvvigionamento. Una questione che ha toccato sotto vari aspetti l’industria delle quattro ruote a seguito dell’emergenza sanitaria. Sebbene nessuno spera di ricapitare in una situazione così drammatica, una preziosa lezione appresa consiste nell’importanza di raggiungere l’indipendenza. In tal caso, ci sarebbero i presupposti per sostenere eventuali situazioni di crisi. E poi il vantaggio goduto dalla Cina nelle auto elettriche verrebbe in parte meno.
Le batterie per auto elettriche così realizzate sarebbero ottenibili ovunque, purché vi siano materie prime rinnovabili. Ergo, la domanda in rapida crescita del materiale verrebbe soddisfatta. Allo stato attuale, CarbonScape gestisce un impianto pilota di biografite in Nuova Zelanda, in attesa di conseguire il via libera sia nella tecnologia sia nel componente.
Nei canali ufficiali, CarbonScape spiega di puntare a una transizione ecologica alla portata di tutti. Attraverso il proprio servizio, punta a scongiurare l’istante in cui i principali mercati in crescita degli anodi smetteranno di saper soddisfare la domanda. Uno dei vantaggi del sistema concepito risiede nella facilità di applicazione, purché siano presenti materie prime rinnovabili, assicurando la sovranità sulla catena di fornitura.
Con il materiale anodico di carbonio duro a base di legno, la biografite combina performance elevate, costi di produzione parecchio bassi e un’impronta di carbonio negativa, producibile ovunque. Stora Enso le ha riconosciuto una filosofia affine alla sua, incentrata sulla realizzazione di accumulatori in Europa con materie prive di fossili.
Il numero uno di CarbonScape, Ivan Williams, ha evidenziato l’importanza di evolversi, altrimenti le disparità andranno ad aggravarsi, invece di ridursi. E ne è consapevole anche Juuso Konttinen, Vicepresidente senior, Biomaterials Growth Businesses presso Stora Enso. Forti della sinergia siglata, è in corso una campagna di esplorazione dei materiali critici delle batterie per auto elettriche, allo scopo di contribuire al progresso sociale.